UN AZZURRO … DI QUALITA’

Quali sono le soluzioni tattiche a disposizione di Cesare Prandelli e della sua Nazionale per piedi buoni?

Cesare PrandelliPartiamo da un presupposto: mercoledì sera non ho potuto guardare la partita, avendo altri impegni. Né, nei giorni successivi, ho avuto modo di recuperarla altrove. Il tempo è tiranno! Ovviamente sto parlando del confronto tra Germania ed Italia, con cui la simpatica Federcalcio tedesca pare volesse prendersi una piccola rivincita dopo l’eliminazione nella famosa semifinale Mondiale del 2006. Detto ciò, quindi, non mi soffermerò certo sul match in sé, ma credo che un focus generale sul futuro della nostra nazionale sia d’uopo.

L’idea mi è venuta nell’ascoltare la conferenza pre-partita di Prandelli, che nel rispondere alle varie domande dei giornalisti – in particolare a quelle relative alla prima convocazione dell’oriundo Motta – ha parlato delle sue idee relative alla qualità del gioco che dovrà esprimere la sua squadra.
Qualità che dovrà in special modo essere fornita dal centrocampo, che, nell’idea del mister di Orzinuovi, dovrà essere imperniato su giocatori più capaci di trattare il pallone che non dai polmoni d’acciaio (ma dalle scarse abilità tecniche).

Le uniche vie percorribili, tatticamente parlando, vanno tutte in una sola direzione: squadra stretta, scambi rapidi e penetrazioni centrali. Perché il nostro Commissario Tecnico è stato chiaro, ma del resto non serviva nemmeno il suo intervento in questo senso: il campionato italiano oggi non esprime esterni nostrani di qualità ed è quindi impensabile che la nostra nazionale, per tornare ad alto livello nel breve periodo, possa impostarsi proprio in quest’ottica. Per intenderci, quindi, questa è un po’ una bocciatura a tutti quei moduli, come il 4-4-2 classico per dirne uno, che fanno del gioco e delle sovrapposizioni sulle fasce il proprio punto di forza. Non avendo esterni di valore assoluto, infatti, bisogna trovare delle alternative valide.

Settimana scorsa parlai di come Didier Deschamps si trovi ad un bivio, con il suo OM: l’ex tecnico juventino dovrebbe infatti decidere, per provare a ravvivare le sorti della sua squadra, se continuare con l’uso dell’attuale 4-3-3 o passare ad un 4-3-1-2 diversamente bilanciato. Allo stesso modo oggi Prandelli credo si trovi di fronte ad un bivio molto simile: 4-3-2-1 (leggibile anche come 4-3-3, del resto) o 4-3-1-2? La mancanza di esterni puri consiglia infatti di schierare un centrocampo a tre a supporto di un attacco variamente composto. E qui i discorsi si intrecciano.

Ma prima di parlare di centrocampo ed attacco in senso stretto facciamo una piccola digressione parlando di atteggiamento generale di una squadra. Perché da quando seguo la nazionale (1994, questione puramente anagrafica) raramente ho visto gli Azzurri scendere in campo per imporre il proprio gioco come solitamente fanno Spagna e Brasile, per restare in tema di nazionali, o il super Barcellona di Guardiola, per venire ad un club. Solitamente, infatti, le fortune della nostra rappresentativa maggiore si sono costruite più sull’attendismo, su di una impostazione tattica molto prudente ed atta alla ripartenza, che sull’imposizione del proprio gioco. Il tutto però è stato spesso possibile anche grazie alla presenza di veri e proprio Campioni là davanti, in grado di dare qualità alla manovra o finalizzare con estrema efficacia. Campioni che oggi sembrano scarseggiare abbastanza: i vari Gilardino, Cassano, Pazzini e compagni non sono infatti minimamente all’altezza dei Baggio, Vieri, Del Piero e Totti del passato. In una situazione del genere, quindi, si deve andare a maggior ragione alla ricerca di un gioco di squadra che sia quanto più qualitativo possibile nella sua globalità, proprio per colmare la mancanza di veri e propri trascinatori capaci di nascondere le falle del collettivo nel suo intero. Detto ciò, quindi, in cosa consiste il dilemma che si dovrebbe porre Prandelli?

Il discorso concernente il centrocampo varia relativamente rispetto alla scelta tattica in sé. Perché qualsiasi sia l’intenzione rispetto all’attacco da schierare (due mezze punte ed una punta, una mezza punta dietro ad una seconda punta di fantasia e movimento ed un puntero o un trequartista alle spalle di due punte pure) è abbastanza palese come in mezzo al campo dovranno essere schierati tre giocatori che formino una cerniera capace di cucire il gioco quanto di fare da frangiflutti davanti alla difesa. In questo senso quindi Prandelli dovrà decidere, di volta in volta, se sarà meglio schierare un regista puro centrale (alla Pirlo, per intenderci), con al fianco due mezze ali più o meno dedite alla fase offensiva o difensiva, a seconda della necessità. Oppure se piazzarci un mediano ben strutturato fisicamente (come lo stesso Motta, appunto) ma comunque dai piedi sensibili con due mezze ali ai propri fianchi che, anche qui, possano completare il reparto a seconda delle evenienze. Ciò che è certo è che se davvero Prandelli vorrà dare più qualità al gioco di questa squadra dovrà affidarsi a giocatori tecnicamente capaci. Gattuso, anche ai livelli del 2006, farebbe quindi probabilmente fatica a trovare spazio. Le alternative certo non mancano. Il problema vero è capire se questi giocatori sapranno finalmente raggiungere uno status di giocatori di livello mondiale, cosa che si addice a chi si disimpegna da titolare in una squadra quattro volte campionessa iridata. I vari Pirlo, Motta, Montolivo, De Rossi, Marchisio, Aquilani e compagnia compongono comunque un reparto sulla carta sicuramente interessante e più che discreto tecnicamente. Base interessante da cui partire in un’ottica come quella lasciata intendere dal tecnico di Orzinuovi.

I dubbi maggiori sono quindi legati a chi dovrà giocare dalla cintola in su.
Volendo, infatti, il nostro Commissario Tecnico potrebbe ad esempio decidere di schierare una sola punta di ruolo supportata da due giocatori di fantasia che andrebbero etichettati come seconde punte, rendendo quindi quello Azzurro una sorta di attacco a tre a tutti gli effetti, che potrebbero però anche essere letto come una sorta di albero di Natale con due giocatori in appoggio dell’unica punta. Oppure, come dicevo in precedenza, potrebbe decidere di schierare un centrocampista con doti e propensione da trequartista (come il succitato Aquilani stesso, che potrebbe tranquillamente giocare in quel ruolo) dietro a due attaccanti, per un modulo sulla carta più equilibrato. Anche in attacco, comunque, le alternative non mancano. Il problema principale è che manca, come detto, il Campione vero, in grado di cambiare il match a proprio piacimento. Nel contempo, però, con a disposizione Pazzini, Cassano, Matri, Gilardino, Borriello, Rossi, Balotelli e compagnia le alternative non mancano, e non sono nemmeno di così scarso valore.

I presupposti per fare bene ci sono di certo. Vincere è sempre difficile, ma ben figurare è sicuramente possibile.

WCL III: UNA VITTORIA E UNA SCONFITTA PER GLI AZZURRI A HONG KONG

Bilancio tutto sommato positivo per gli azzurri del cricket che dopo la seconda giornata di World Cricket League si ritrovano a festeggiare una stupenda vittoria contro la Danimarca e a leccarsi le ferite per la sconfitta contro l’unica squadra ancora a punteggio pieno, Papua Nuova Guinea

ItaliaBilancio tutto sommato positivo per gli azzurri del cricket che dopo la seconda giornata di World Cricket League si ritrovano a festeggiare una stupenda vittoria contro la Danimarca e a leccarsi le ferite per la sconfitta contro l’unica squadra ancora a punteggio pieno, Papua Nuova Guinea. Martedì ci attende l’Oman, partita fondamentale per comprendere quale sarà il ruolo dell’Italia in questo indecifrabile torneo. Se i padroni di casa di Hong Kong, dopo le prime due sconfitte consecutive, sembrano la cenerentola del gruppo e Papua Nuova Guinea la favorita d’obbligo, le altre quattro squadre possono ambire alla promozione come rischiare di scivolare in quarta divisione.

ITALIA – DANIMARCA
Italia vince di 7 wickets
Danimarca 227 all out, 50 overs / Italia: 228-3, 44.3 overs

Difficilmente si sarebbe potuto pronosticare un esordio migliore. Gli azzurri, sul pittoresco campo dell’Hong Kong Cricket Club, debuttano nella World Cricket League division III con una netta vittoria contro i rivali danesi, una delle migliori squadre del continente europeo. Un undici temibile che non più di sei mesi fa ci aveva sconfitto in occasione dell’Europeo di Jersey. L’Italia, avendo vinto il sorteggio, manda in battuta gli scandinavi che chiudono l’over a quota 227. Il talento Klokker viene limitato a 37 runs e così è il solo Rizwan Mahmood a caricarsi la squadra sulle spalle mettendo a segno un half-century (50 punti). Al lancio per l’Italia si alternano con regolarità Petricola, l’esperto Alaud Din, i veloci Munasinghe e Pennazza, e uno splendido Dilan Fernando, decisivo nell’eliminare i tre middle-order batsmen che avrebbero potuto complicare ulteriormente il cammino dell’Italia.
Nel proprio inning l’Italia schiera quindi i suoi battitori con l’obiettivo di raggiungere quota 227. La coppia d’apertura Andy Northcote e Damien Fernando fanno la loro parte mettendo a segno 87 runs. Dopo 45 punti è Damian Fernando il primo eliminato, al suo posto entra capitan Bonora, che però non inizia il torneo nei migliore dei modi venendo eliminato dopo sole 7 runs. A seguito delle prime tre eliminazioni l’Italia è a quota 130 ma la partnership tra Petricola e Crowley (preferito a Patrizi nel ruolo di wicket-keeper) è davvero esaltante. I due mettono insieme i 105 punti e permettono all’Italia di vincere senza che i vari Jayasena, Dilan Fernando, Alaud Din, Patrizi, Munasinghe e Pennazza siano costretti a prendere la mazza. Per l’Italia è una vittoria storica perché, comunque vada il torneo, dimostra che il divario tra l’Italia e la Danimarca è stato oramai colmato.

ITALIA – PAPUA NUOVA GUINEA
Papua Nuova Guinea vince di 32 runs
Papua Nuova Guinea 204 all out, 48.4 overs / Italia 172 all out, 43.2 overs

Squadra che vince non si cambia, ma il rivale che l’undici azzurro si trova di fronte sembra essere di un altro livello per questa categoria. Papua vince il sorteggio e decide di andare in battuta portando a casa 204 runs. Ai cinque lanciatori utilizzati da Scuderi contro la Danimarca si aggiunge anche Northcote; il migliore dei nostri al lancio è però Pennazza che in 10 overs (turni di sei lanci) concede solamente 19 runs prendendo anche due wicket (eliminazioni). Buona anche la prova di Petricola che chiude l’inning guineano con il suo quarto wicket di giornata.
L’italia comincia il proprio inning in battuta dovendo raggiungere una quota di punteggio inferiore rispetto all’incontro con la Danimarca tuttavia i lanciatori guineani si dimostrano di livello superiore a quelli scandinavi. Il lanciatore Dikana, oltre a concedere poche runs ai nostri, risulta decisivo eliminando sia Northcote (28), che aveva cominciato molto bene, sia, dopo solo 7 palle, Petricola. Un po’ in ombra rispetto alla splendida partita con i danesi anche Crowley (13) e Fernando (12), mentre capitan Bonora (24) è apparso in netta ripresa. Molto positiva anche la prestazione dei middle order batsman Patrizi (27) e dell’eterno Jayasena (30). Dopo la loro eliminazione, giunta con l’Italia a quota 151, gli azzurri sono costretti ad alzare bandiera bianca, nonostante Pennazza e Munasinghe raccolgano ancora 24 runs.
Malgrado la sconfitta gli azzurri possono sorridere pensando alla loro generale crescita, nel 2007 infatti la stessa compagine oceanica ci aveva umiliato sconfiggendoci per otto wicket.

Se martedì contro l’Oman i lanciatori giocheranno come contro Papua e i battitori ripeteranno la superba prestazione di sabato contro la Danimarca la salvezza potrebbe essere già ipotecata, in caso contrario le partite con Hong Kong e Stati Uniti si trasformeranno in una vera e propria battaglia per la sopravvivenza.

CLASSIFICA
Giocate vinte perse PT Net RR
PAPUA NUOVA GUINEA 2 2 0 4 0,049
DANIMARCA 2 1 1 2 0,062
ITALIA 2 1 1 2 -0,077
STATI UNITI 2 1 1 2 -0,219
OMAN 2 1 1 2 -0,332
HONG KONG 2 0 2 0 -0,164

CALCIO E NAZIONALISMO: LO STELLA ROSSA VA ALLA GUERRA

Dopo i disordini che hanno portato al rinvio di Italia – Serbia al Marassi di Genova, vi riproponiamo l’articolo comparso sul Numero 0 sul nazionalismo dello Stella Rossa.

La dedica di una statua che sorge dinanzi allo Stadio Maksimir di Zagabria, rappresentante un gruppo di soldati, recita: “Ai tifosi della Dinamo Zagabria, che iniziarono la guerra con la Serbia su questo campo il 13 maggio 1990”. La partita che prese luogo nella capitale croata tra i padroni di casa della Dinamo e i Serbi dello Stella Rossa di Belgrado fu l’avvisaglia di quanto sarebbe successo un anno dopo, l’inevitabile crollo della Federazione Jugoslava, termine di una frana innescatasi all’indomani della morte del maresciallo Tito nel maggio 1980. L’ex-partigiano croato era stato il collante di una nazione nata dall’unione di popoli che, fino alla Seconda Guerra Mondiale, si erano massacrati a vicenda. Nelle parole del comunista albanese Mahmet Bekalli: “Non avevamo idea che, insieme a lui, stavamo seppellendo la Jugoslavia”. La spaccatura fu evidente soprattutto tra Croazia e Serbia, dove due burocrati dell’epoca del comunismo titoista presero il potere dopo aver dato una netta svolta nazionalista alla propria politica: Franjo Tuđman e Slobodan Milošević. Tuđman, presidente della squadra filo-jugoslava del Partizan Belgrado ai tempi di Tito, per la sua Hrvatska Demokratska Zajednica (Unione Democratica Croata) prese in prestito l’iconografia degli ustaše, i fascisti croati che nella Seconda Guerra Mondiale collaborarono con i nazisti, massacrando i Serbi. Oltre a prendere in prestito la šahovnica, la bandiera a scacchi rossi e bianchi degli ustaše, cominciò a farsi chiamare poglavnik, duce, in un chiaro riferimento al loro sanguinario leader Ante Pavelić. Tuđman veicolò il proprio nazionalismo anche attraverso il calcio quando divenne presidente della Dinamo Zagabria, che poi avrebbe ribattezzato Croatia Zagreb, alienando gran parte del seguito della squadra.

Nel giugno 1989 Slobodan Milošević, appena divenuto presidente della Serbia, tenne un discorso che avrebbe cambiato la storia a Kosovo Polje, la “piana dei Merli” a nord della capitale kosovara Priština, teatro di una storica battaglia tra la Serbia e l’Impero Ottomano avvenuta seicento anni prima. Milošević denunciò “il genocidio strisciante di cui sono vittime i Serbi nel Kosovo, culla della loro cultura” e affermò, in quella che fu la sua frase di maggior successo, che “nessuno deve permettersi di picchiare il nostro popolo”. Cavalcando l’onda del nazionalismo, il presidente serbo si rendeva conto di quanto questa potesse ritorcersi contro di lui, e fece in modo di avere un controllo forte su quello che era considerato il calderone più esplosivo: la tifoseria dello Stella Rossa di Belgrado, squadra politicizzata, anti-titoista e fortemente nazionalista, i cui ultrà si stavano distinguendo per la violenza delle proprie azioni. L’uomo che prese il controllo dei tifosi dello Stella Rossa, unendo tutti i gruppi rivali in una sola unità disciplinata e determinata, fu Željko Ražnatović, gangster di stampo mafioso e maestro dell’evasione, richiamato in Serbia dal governo per fare il “lavoro sporco”, come ad esempio eliminare fisicamente i dissidenti che erano fuggiti all’estero. L’uomo che, qualche anno più tardi, sarebbe salito all’onore delle cronache internazionali come l’efferato criminale di guerra Arkan. Arkan vietò agli hooligans dello Stella Rossa l’alcool e bandì piccole violenze e vandalismi. In cambio li addestrò e cambiò il loro nome da “zingari” a Delije, “eroi”, rendendoli una vera e propria formazione paramilitare, capace di creare seri disordini nelle partite contro il Partizan e la Dinamo Zagabria.

Il momento in cui le tensioni nazionalistiche eruppero sul campo fu proprio il fatale 13 maggio 1990, al Maksimir di Zagabria, una settimana dopo la celebrazione del decennale della morte di Tito: i Bad Blue Boys della Dinamo e i Delije si fronteggiarono in una battaglia i cui connotati e la cui organizzazione fanno pensare più a una guerriglia premeditata da entrambe le fazioni che a uno scontro tra tifosi. Per proteggere un giovane tifoso dalle manganellate della Milicija, la Polizia Federale Jugoslavia, il capitano dei croati Zvonimir Boban sferrò un calcio a un poliziotto, diventando istantaneamente un eroe nazionale. Il bilancio degli scontri fu di 138 feriti e 147 arresti. Boban rischiò un fermo da parte della polizia e perse l’occasione di essere convocato con la Jugoslavia a disputare il Mondiale di Italia ’90. Gli scontri tra i Delije e i Bad Blue Boys furono solo un preludio di quanto sarebbe avvenuto durante la primavera dell’anno seguente: quando il 29 maggio 1991 lo Stella Rossa vinse la Coppa dei Campioni, battendo ai rigori l’Olympique Marsiglia, Slovenia e Croazia avevano già dichiarato la propria indipendenza, portando la Jugoslavia alla guerra civile che l’avrebbe distrutta. Solo alcuni mesi dopo i Delije si arruolarono in massa nell’unità paramilitare comandata da Arkan, la Srpska Dobrovolijačka Garda (Guardia Volontaria Serba), più nota con il nome di Tigrovi, tigri. Le Tigri di Arkan presero parte alle guerre in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo e divennero tristemente famose per gli efferati crimini di guerra commessi. Anche dall’altra parte avvenne un fenomeno simile, con gran parte dei Bad Blue Boys partiti per il fronte della guerra serbo-croata, spesso indossando il simbolo della Dinamo sulle proprie uniformi. Dal Maksimir di Zagabria e dal Marakana di Belgrado i combattimenti si erano riversati su tutta la Federazione Jugoslava.

Quando i croati ripresero il controllo di Vukovar, assediata per 87 giorni dalla Jugoslavenska Narodna Armija, l’Armata Popolare Jugoslava, la rappresaglia colpì la popolazione serba della città, tra cui la famiglia di Siniša Mihajlović, centrocampista dello Stella Rossa, poi a Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. Nella sua casa, distrutta, oltre a un poster della nazionale jugoslava con un foro di proiettile sul cuore di Mihajlovic, furono ritrovate sue foto cui i soldati croati avevano ritagliato gli occhi: un rimando alle crudeltà di Ante Pavelić, che chiedeva ogni mattina ai suoi ustaše di consegnargli un cesto pieno di occhi a riprova che i massacri continuavano allo stesso ritmo.

Il regno mafioso di Arkan in Serbia prosperò durante il conflitto, e Ražnatović cercò di acquistare lo Stella Rossa, per farne un monumento alla sua persona. La dirigenza rifiutò di cedere, al che la Tigre, dopo un rifiuto dai kosovari dell’FK Priština, acquistò l’Obilić di Belgrado, squadra che porta il nome di un eroe serbo della battaglia di Kosovo Polje. A suon di intimidazioni a giocatori e dirigenti avversari, l’Obilić venne promosso in prima divisione nel 1997 e l’anno dopo fu campione di Jugoslavia (ormai composta solo da Serbia e Montenegro) nel 1998. Il 18 agosto 1999 le nazionali di Jugoslavia e Croazia si incontrarono per la prima volta a Belgrado in un incontro, finito 0-0, valido per le qualificazioni all’Europeo. Il tifo di Belgrado salutò l’inno croato Lijepa Naša Domovino con l’ostensione di cinquantamila diti medi alzati, e la curva insultò i giocatori della nazionale avversaria, chiamandoli ustaše nei propri cori. L’ostilità dell’atmosfera raggiunse il culmine quando, al quinto del secondo tempo, le luci dello stadio si spensero. “Si vedevano solo i raggi infrarossi dei fucili dei cecchini”, ricordò Slaven Bilić, nazionale croato presente allo stadio nonostante un infortunio. Il Marakana eruppe in un “Criminali rossi! Criminali rossi!” rivolto a Milošević e al suo regime, che iniziava a scricchiolare dopo la guerra in Kosovo. Mentre la leggenda di Arkan, assassinato cinque mesi più tardi da un commando di fronte all’Intercontinental Hotel di Belgrado, sopravvisse alla Tigre, la popolarità del presidente serbo era crollata. Proprio il Marakana, lo stadio dove Milošević aveva arruolato tramite Arkan una parte importante del suo esercito, segnò la fine della sua dittatura: la curva gli si ritorse contro e cominciò a intonare alle partite gli slogan Slobo odlazi, “Slobodan vattene”, e Slobo spasi Srbiju i ubi se, “Slobodan, salva la Serbia e ammazzati”. Dopo esser stato sconfitto alle elezioni da Vojislav Koštunica, Milošević si rifiutò di riconoscere il risultato delle urne. Il 5 ottobre 2000 a Belgrado, nelle dimostrazioni della Bager Revolucija, la “Rivoluzione dei Bulldozer” che fece infine crollare il regime, in prima linea nei combattimenti c’erano di nuovo le maglie dello Stella Rossa.

Damiano Benzoni

CALCIO: SULLE ALI DELL’ENTUSIASMO

L’Under 21 di Casiraghi batte la Bielorussia sfruttando soprattutto gli esterni di centrocampo.

Pur senza mettere in mostra un gioco brillantissimo gli Azzurrini guidati da Pigi Casiraghi hanno vinto il primo atto dei playoff che qualificano al prossimo Europeo under 21 mettendo in mostra un difesa solida, un centrocampo organizzato ed un attacco spietato.

Partita tutto sommato piuttosto equilibrata, anche più di quanto il 2-0 finale non lasci intendere: se da una parte era infatti netta la maggior tecnicità dei nostri ragazzi dall’altra, è altrettanto vero che i bielorussi dimostravano una netta superiorità atletica grazie alla quale arrivavano più o meno sempre primi sul pallone.

Cosa ha fatto la differenza, quindi?
La maggior preparazione tattica della squadra di Casiraghi.

Ancora una volta insomma quella italiana si conferma come una delle migliori scuole al mondo, da questo punto di vista.
Ma analizziamo nello specifico quanto avvenuto venerdì scorso ed ipotizziamo cosa potrebbe invece succedere nel corso della partita di ritorno, allorquando gli Azzurrini scenderanno in campo in Bielorussia per difendere il risultato maturato all’andata.

A pesare come un macigno nella gara di andata è stata l’impostazione del gioco dei due esterni di centrocampo: messa infatti al sicuro la porta difesa dal buon Mannone grazie ad una linea arretrata, schierata a zona, arcigna e molto concentrata e ad una coppia di mediani capace di fare buon filtro a centrocampo (molto preziosa, in tal senso, la copertura garantita da Bolzoni sulla nostra trequarti) sono stati proprio Schelotto e Fabbrini a scompaginare le carte in tavola, mettendo puntualmente in difficoltà la squadra avversaria senza che il ct Kondratiev riuscisse a prendere le giuste contromisure.

Approccio alla gara opposto per le due ali schierate da Casiraghi: mentre da una parte a Schelotto è stato richiesto di mettere in campo tutto il suo atletismo per arare la propria fascia di competenza arrivando quante più volte possibile sul fondo per cercare poi la coppia Destro-Okaka in mezzo all’area, dall’altra è stato chiesto a Fabbrini, molto più trequartista che vero e proprio esterno di centrocampo, di ricalcare un po’ quello che fu il modo di giocare di Nedved una volta sbarcato a Torino: giocare in linea con il resto dei centrocampisti partendo largo a sinistra per poi far saltare gli schemi difensivi avversari convergendo verso il centro.
Il tutto sia in situazione di possesso che di non possesso di palla.

E proprio questo diverso atteggiamento, oltre alla qualità stessa dei due ragazzi, hanno creato non pochi grattacapi alla difesa bielorussa. Basti anche solo andare a rivedere i goal, emblema perfetto di quanto appena detto.

In occasione dell’1-0 Ogbonna effettua un lancio dalla difesa con cui pesca Okaka sulla trequarti campo. Nel momento in cui la punta Giallorossa riceve il pallone è possibile notare come la posizione di Fabbrini sia molto più centrale rispetto a quella di partenza. Come detto, quindi, non limitandosi a stare rilegato sulla fascia sinistra il talentino empolese dimostra di poter penetrare nella difesa avversaria come nel burro, e così fa anche in questa occasione: lo stop di Okaka non è certo dei migliori ma contribuisce a mettere in movimento proprio il talentino toscano che una volta venuto in possesso della sfera partirà dritto per dritto puntando la porta, senza che nessuno riesca a trovare le giuste contromosse per fermarlo. Avanzando senza pressing, quindi, farà entrare in crisi tutto il reparto difensivo bielorusso che collasserà su sé stesso dando modo a Destro di tagliare in area alle spalle di tutti, partendo da posizione regolare, proprio nel momento in cui Fabbrini stesso farà partire un filtrante perfetto che metterà l’ex capocannoniere del Campionato Primavera in condizione di battere Hutar.

In occasione del 2-0 sono invece chiamati in causa entrambi gli esterni, ognuno secondo le proprie caratteristiche: De Silvestri avanza sulla destra e mette in movimento Schelotto che arriverà sul fondo per poi rientrare, mettendo fuori tempo il diretto marcatore, e crossare di sinistro in mezzo all’area. Qui arriverà il taglio del solito Fabbrini, come detto libero di accentrarsi partendo da sinistra, che sfiorerà il pallone, prima che questo finisca sulla testa di Okaka, che lo girerà in rete.

Ecco spiegato come l’Under di Casiraghi ha battuto i pari età bielorussi.

E per il ritorno?
Viste le inopportune squalifiche di De Silvestri e Schelotto, che azzerano la nostra fascia destra, non potrà essere riproposto esattamente lo stesso schema tattico della partita di andata. Il rientro, proprio da una squalifica, di Marilungo, poi, fa presupporre che uno tra Okaka e Destro inizierà il match in panchina. Proviamo quindi ad ipotizzare un possibile undici di partenza, con tanto di eventuali accorgimenti tattici che potrebbero essere escogitati per mettere ancora una volta in difficoltà la non certo impenetrabile difesa bielorussa.

Mannone sarà quasi sicuramente confermato in porta, mentre Santon sarà spostato sulla fascia destra per sopperire all’assenza di capitan De Silvestri con l’inserimento di uno tra Rispoli ed Ariaudo sulla sinistra: scegliere quest’ultimo vorrebbe dire blindare la fascia con un centrale adattato a terzino che non garantirà grande spinta ma, di contro, sarà difficilmente saltabile nell’uno contro uno ed in una partita in cui potrebbe essere il contropiede l’arma in più ecco che questa scelta potrebbe definirsi molto ben ponderata. In mezzo, quindi, dovrebbe essere confermata la coppia Ranocchia-Ogbonna. A centrocampo, sempre per impostare la gara in un’ottica di contropiede spiccato, il posto di Schelotto potrebbe essere preso dal contropiedista per eccellenza, quel Mattia Mustacchio eroe della qualificazione a questo playoff che con la sua velocità può diventare devastante ad ogni singola ripartenza. La coppia centrale potrebbe essere ancora Bolzoni-Poli, proprio per abbinare la capacità del primo di fare da frangiflutti davanti alla difesa con quella del secondo di impostare l’azione di ripartenza, per quanto non ignorerei nemmeno la possibilità di schierare un tuttofare come Soriano, sempre prezioso quando in forma ottimale. La zona di sinistra dovrebbe quindi essere ancora una volta terreno di caccia del buon Fabbrini, appena entrato nel giro di questa under ma già titolare inamovibile nello scacchiere di Casiraghi. Anche in questa occasione sfrutterei propensione e capacità dello stesso di accentrarsi per giocare tra le linee, a maggior ragione qualora venisse schierato titolare Marilungo, magari al fianco di Destro: il talentino doriano, infatti, è giocatore molto più propenso alla manovra di Okaka e di Destro stesso ed essendo tecnicamente molto dotato potrebbe fraseggiare nel migliore dei modi con il genietto empolese.

Dopo aver spiegato come l’under ha battuto i pari età bielorussi, quindi, ecco spiegato come potrebbe batterli anche nel match di ritorno!

Francesco Federico Pagani

PALLANUOTO: ARRIVEDERCI A EINDHOVEN 2012

Si chiudono gli Europei che hanno visto la rinascita della pallanuoto azzurra, conferme e novità.

Con la finalissima tra Croazia ed Italia, e quella di consolazione tra Serbia ed Ungheria, è calato definitivamente il sipario sugli Europei di Zagabria. Europei che hanno assistito al riscatto della pallanuoto nostrana, seconda con il Settebello e ai piedi del podio con il Setterosa (nessun’altra nazionale ha portato entrambe le selezioni tra le prime quattro classificate). Europei che hanno confermato lo strapotere delle squadre balcaniche, vincitrici indiscusse del titolo continentale da nove anni a questa parte, in campo maschile e della Russia in quello femminile. Europei che, al contrario, hanno messo in luce il difficile momento della pallanuoto ungherese, all’asciutto di medaglie e alle prese con un processo di rinnovamento in vista delle Olimpiadi di Londra. Europei che hanno visto più di una squadra ricorrere ad una difesa a zona mista – raddoppio nelle sole posizioni 2 e 3 – volta a spingere a concludere i (presumibili) peggiori tiratori avversari e a dare avvio a controfughe. Europei che hanno avuto note negative, come la mancata copertura televisiva degli incontri mattutini – noi italiani ci siamo persi le vittorie contro Montenegro e Turchia – e lo scarso numero di spettatori nelle partite in cui non giocavano le rappresentative croate.

E adesso l’attenzione è rivolta a Eindhoven, sede della prossima rassegna iridata continentale: già qualificate, oltre all’Olanda organizzatrice, le varie Croazia, Italia, Serbia, Ungheria e Montenegro. Le squadre che invece a Zagabria si sono classificate dal sesto al dodicesimo posto vanno a completare la griglia dei gironi di qualificazione. Cioè i seguenti:

Gruppo A: Turchia, Malta, Polonia
Gruppo B: Germania, Slovenia, Portogallo, Bulgaria
Gruppo C: Spagna, Macedonia, Bielorussia
Gruppo D: Russia, Francia, Svizzera
Gruppo E: Grecia, Gran Bretagna, Georgia
Gruppo F: Romania, Slovacchia, Ucraina, Israele

Il 30 ottobre inizieranno le prime partite: per ogni girone sono previsti incontri di andata e ritorno tra tutte le squadre. Le prime due classificate accedono alla fase successiva, che sarà a eliminazione diretta e inizierà ad ottobre 2011.

Infine, sono stati premiati come miglior marcatore del torneo maschile il capitano serbo Vanja Udovičić con 18 reti (una in più del rumeno Radu e due in più dello spagnolo Molina) e come miglior realizzatrice del torneo femminile la greca Angeliki Gerolymou con 17 reti.

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

FINALE 3°-4° POSTO

Serbia-Ungheria 10-8

FINALE 1°-2° POSTO

Croazia-Italia 7-3

CROAZIA CAMPIONE D’EUROPA (prima volta)

CLASSIFICA FINALE TORNEO MASCHILE

1 ) Croazia

2 ) ITALIA

3 ) Serbia

4 ) Ungheria

5 ) Montenegro

6 ) Germania

7 ) Romania

8 ) Spagna

9 ) Grecia

10 ) Turchia

11 ) Russia

12 ) Macedonia

Simone Pierotti