PRO RECCO DI SERBIA

La squadra campione d’Italia ufficializza l’acquisto di Prlainović e Duško Pijetlović. E potrebbe entrare nella Jadranska Liga.

La notizia, inutile negarlo, avrebbe del clamoroso: la Pro Recco potrebbe partecipare alla prossima edizione della Jadranksa Liga, il torneo di pallanuoto che comprende squadre croate, montenegrine e slovene. Il settebello ligure, infatti, è stato – seppur non ufficialmente – invitato ad entrare nella Lega Adriatica: lo ha confermato l’allenatore Pino Porzio, il quale ha anche strizzato l’occhio ad un’eventuale partecipazione della sua squadra a questa competizione. “Siamo onorati e disponibili – ha dichiarato il tecnico partenopeo – è una grande opportunità per creare eventi e promuovere la vera pallanuoto spettacolo. Per la Pro Recco rappresenta anche la possibilità di fare giocare con più continuità la squadra di Coppa. Restiamo in attesa della formalizzazione dell’invito”.

Nel frattempo i recchelini hanno ufficializzato tre acquisti per la prossima stagione, tre colpi di mercato che, oltre a rafforzare il gruppo allestito esclusivamente per l’Eurolega, fanno della Pro Recco una squadra d’altri tempi. Nel senso che sembra far rivivere lo spirito della vecchia Jugoslavia unita. Arriveranno, infatti, in Liguria i serbi il centrovasca Andrija Prlainović e, notizia degli ultimi giorni, il centroboa Duško Pijetlović ed il giovane attaccante croato Sandro Sukno, capocannoniere alla Super Final di World League a Firenze, già opzionato un anno fa. Si uniranno ai vari Burić, Filipović, Ivović, Nikić e Zloković, di modo che otto tredicesimi della squadra saranno di provenienza balcanica. Chiaro l’intento dei liguri: sconfitti nella finalissima di Eurolega dal Partizan Belgrado, hanno soffiato ad una diretta concorrente due dei suoi pezzi più pregiati – Pijetlović e Prlainović, appunto – con la speranza che, tra un anno, la coppa dalle grandi orecchie segua la rotta verso Genova. Un’eventuale partecipazione alla Jadranska Liga consentirebbe, inoltre, di spiare meglio le concorrenti balcaniche in vista dell’Eurolega stessa.

Rimane, tuttavia, un dubbio. Qualche mese fa si era parlato di un possibile ingresso di tre squadre serbe in questo campionato internazionale: nello specifico, Partizan, Stella Rossa e Vojvodina Novi Sad avrebbero chiesto di partecipare, stufi di un campionato nazionale privo di stimoli e di avversari all’altezza. Da un lato l’ingresso delle tre serbe, con conseguente aumento a sedici squadre della Liga, non farebbe che rendere ancor più incerto e spettacolare il campionato, attirando nuovi spettatori e, forse, introiti. Ma non mancano gli ostacoli. Perché Croazia, Montenegro e Slovenia, i paesi fondatori della Jadranska Liga, difficilmente ammetterebbero un’intrusione serba o italiana nella commissione che amministra ed organizza il campionato. E perché una Liga Adriatica con sedici partecipanti coinciderebbe con più incontri e più costi da ammortizzare. Volendo poi essere pignoli: perché la squadra di una città bagnata dal Mar Ligure dovrebbe partecipare ad un torneo che deve il suo nome all’Adriatico?

BALCANI CAPUT EUROPAE

Partizan campione d’Europa e schermaglie dei tifosi: pallanuoto e Balcani, un binomio che non delude.

Non che ve ne fosse un reale bisogno, ma la Final Four di Eurolega di pallanuoto a Roma ha confermato come lo sport sia una perfetta cassa di risonanza dei sentimenti nazionalisti che dominano nei Balcani. Sgomberando poi il campo dalla politica e dalle analisi sociologiche, l’evento capitolino è stato l’ennesima riprova che quella regione dell’Est europeo merita l’appellativo di culla della pallanuoto: delle quattro finaliste una era serba – e ha vinto la coppa -, una croata e un’altra, infine, montenegrina. Al contempo la Pro Recco, la quarta partecipante, schierava tre soli italiani (di cui uno naturalizzato) a fronte di due serbi – Filipović e Nikić -, due montenegrini – Ivović e Zloković – ed un croato – Burić.

Difficilmente ci si annoia quando due squadre balcaniche si sfidano in vasca: ne costituiscono l’eccellenza sul piano tecnico e, in seconda battuta, è una partita che si gioca anche sugli spalti. A Roma l’atmosfera era elettrica ancor prima del fischio d’inizio: si temevano scontri, alla notizia dell’arrivo nella città eterna di 6mila tifosi provenienti dalla cosiddetta “polveriera d’Europa”. Ironia del destino, la prima semifinale era Partizan Belgrado-Mladost Zagabria, la capitale serba opposta a quella croata, ortodossi contro cattolici. Quale miglior palcoscenico di un evento sportivo per dare sfoggio del proprio nazionalismo? Devono averla pensata in questi termini, i tifosi serbi, quando hanno dedicato un coro a Ratko Mladić, arrestato nelle scorse settimane per l’eccidio di Srebrenica del 1995, ed hanno infamato gli ustaše, i nazisti croati protagonisti ai tempi della Seconda guerra mondiale. Che strano: gioiscono per aver toccato la vetta dell’Europa pallanotistica ma sembrano ripudiare quella politico-istituzionale, che alla Serbia aveva sempre posto come conditio sine qua non dell’ingresso nell’Ue proprio la cattura del boia di Srebrenica.

La perfetta fotografia di queste divisioni la scattano i minuti conclusivi della partita tra Mladost e Budva che assegna la medaglia di bronzo: gli spettatori montenegrini incitano la loro squadra che prova a salire sul podio e trovano un inatteso alleato nei sostenitori del Partizan, già assiepati sugli spalti in attesa della finalissima. Collocate alle opposte estremità della stessa tribuna, le due tifoserie intonano all’unisono il coro “Budva! Budva!” e sommergono di fischi i giocatori croati quando sono in possesso del pallone. E pensare che, cinque anni fa, un referendum sancì la scissione del Montenegro dalla madre Serbia. Lo sport unisce, lo sport divide.

Non possono essere relegate a misere note a pié di pagina di questo appassionante romanzo alcune storie dei giocatori. C’è quella di Vladimir Vujasinović, capitano del Partizan, già colonna della nazionale serbo-montenegrina, nato tuttavia in terra nemica, a Fiume. C’è quella di Vanja Udovičić, serbo pure lui, uno che ha imparato la pallanuoto nel Partizan ma oggi indossa la scomoda calottina del Mladost. C’è quella di Denis Šefik, portiere del Budva, che la scorsa estate ha acquisito la cittadinanza sportiva montenegrina dopo aver difeso per anni la porta della nazionale serba. C’è anche quella del compagno di squadra Petar Trbojević, prossimo ai 38 anni, uno che la Serbia non l’ha rinnegata e che nell’ultimo decennio ha vinto medaglie olimpiche e mondiali sotto nomi e bandiere diverse.

Merita il suo spazio anche la parte meramente cronachistica: ha trionfato il Partizan perché ha giocato con il cuore, puntando sui suoi figli già affermati – il sopraccitato Vujasinović e i vari Aleksić, Pijetlović, Prlainović e Rađen – e quelli in rampa di lancio – Ćuk e Mitrović. Ha trionfato il Partizan che vive in invidiabile empatia con i suoi tifosi, quasi aizzati nei minuti finali della finalissima dall’allenatore Igor Milanović improvvisatosi capoultrà. Ha trionfato il Partizan che, ancor prima di comprarli altrove, i campioni prova a coltivarli nel suo orticello. L’Europa della pallanuoto è in mani serbe. Quella politica, stando ai suggerimenti dei tifosi bianconeri, può ancora aspettare.

 

PARTIZAN, IL SETTIMO SIGILLO

Senza storia la finalissima dell’Eurolega: la squadra di Belgrado batte la Pro Recco 11-7 e vince il settimo trofeo.

dai nostri inviati

ROMA Se, durante una stagione, nelle Coppe europee perdi appena una partita su quattordici giocate non è un dramma. Diventa quasi una tragedia, invece, se la sconfitta coincide con la finalissima e ti fa crollare ad un passo dalla vittoria. Se la ricorderà questa stagione, la Pro Recco: i liguri patiscono il primo ko in ambito continentale proprio nella finalissima di Eurolega, in uno Stadio del Nuoto gremito. Ed è una disfatta di quelle epocali: mai realmente in partita se non nei primi due tempi, la squadra di Pino Porzio cede la coppa dalle grandi orecchie al Partizan. Che, adesso, diventa la squadra più titolata d’Europa assieme al Mladost Zagabria con sette Coppe dei Campioni.

Il fatto che il patron Gabriele Volpi porti nella riviera ligure i migliori giocatori in circolazione non implica che la sua Pro Recco sia imbattibile. Non è, insomma, un’equazione matematica. Un principio tanto elementare quanto lampante già dalle prime battute di gioco, quando il Partizan fa vedere di essere un gruppo ben più amalgamato e quadrato. Il vantaggio di Madaras, ottenuto in superiorità numerica con l’aiuto del gomito di Soro, è una pia illusione: Korolija prima e Ćuk poi lasciano intuire che per i liguri sarà una notte stregata. La Pro Recco reagisce e, specie nel secondo quarto, tallona i propri avversari, impedendone un primo abbozzo di fuga verso la vittoria. Ma si vede che manca qualcosa, rispetto alle giornate migliori: la difesa fa acqua, l’attacco è spuntato.

Senza storia la seconda parte dell’incontro: il Partizan corre forte, fortissimo, e getta in acqua il cuore, la Pro Recco compie solo dei piccoli passi. I serbi dilagano: all’inizio del quarto parziale il vantaggio tocca il “più quattro” e poi il bottino viene rimpinguato dalla magnifica beduina di Korolja. A due minuti dal termine, dopo che Kásás spara alle stelle il rigore di un’improbabile rimonta, il tecnico dei balcanici Igor Milanović manda al diavolo la scaramanzia ed alza le braccia verso il cielo in segno di trionfo, voltandosi e innescando i chiassosi sostenitori serbi posizionati dietro la panchina. Una totale simbiosi tra squadra, allestita prevalentemente con giovani cresciuti nel vivaio, e tifosi, sempre al fianco dei loro beniamini, ovunque. Gli acerrimi rivali croati, quelli del Mladost, sono raggiunti: da stasera anche il Partizan ha il suo settimo sigillo in Europa. E allora, via ai festeggiamenti, tra cori e fumogeni, quasi fosse uno stadio di calcio anziché del nuoto.

Menzione d’onore per il leggendario Vladimir Vujasinović: l’universale serbo è stato l’indiscusso eroe della notte romana con un eccezionale lavoro in marcatura – Nikić e Zloković si sono arrangiati senza esiti proficui – e con due reti da vedere e rivedere. Eloquente, infine, il dato delle superiorità numeriche: Recco segna su uomo in più appena quattro volte su dieci occasioni a disposizione, il Partizan ne sfrutta cinque su sei. Che i novizi della pallanuoto prendano appunti.

 

Sabato 4 giugno 2011
PARTIZAN BELGRADO – PRO RECCO 11-7 (2-1, 5-4, 2-1, 2-1)
Stadio del Nuoto, Roma

PARTIZAN BELGRADO: Soro, Chatzitheodorou, Rađen, Korolija 3, Aleksić 2, Pijetlović 2, Prlainović, Radović, Mandić, Mitrović, Vujasinović 2, Ćuk 2, Živojinović. All. Milanović.

PRO RECCO: Tempesti, Burić 1, Madaras 3, Perrone, Kásás, Felugo, Filipović, Figlioli, Benedek, Zloković 1, Ivović 1, Molina, Nikić. All. Porzio.

ARBITRI: Tulga (TUR) e Borrell (ESP).

NOTE: superiorità numeriche Partizan Belgrado 5/7, Pro Recco 4/10 + 1 rigore. Spettatori 4000, presente in tribuna il ct della nazionale italiana Sandro Campagna. Espulso definitivamente Pijetlović al 5’50” del terzo quarto. A 2’32” del quarto periodo Kásás sbaglia un tiro di rigore.

 

Damiano Benzoni
Simone Pierotti

RECCO-PARTIZAN, APPUNTAMENTO CON LA STORIA

Oggi la finalissima dell’Eurolega di pallanuoto: sia i liguri che i serbi puntano alla settima affermazione.

dal nostro inviato

ROMA Comunque vada, sarà un successo. Per gli organizzatori della Final Four di Eurolega, innanzitutto: all’appuntamento finale arrivano Pro Recco e Partizan Belgrado, indubbiamente le squadre più forti e più continue nel rendimento sinora (impressionante il cammino dei recchelini: solo vittorie in Europa). E, chiunque vinca, scriverà un’altra pagina di storia della pallanuoto: tanto i liguri quanto i serbi hanno vinto, ad oggi, sei Coppe dei Campioni. In ogni caso, dunque, una delle due salirà a quota sette, raggiungendo il Mladost Zagabria, la più titolata delle squadre continentali.

Gli uomini di Pino Porzio, dunque, sono chiamati ad un ultimo sforzo per centrare l’ennesimo triplete delle ultime stagioni. Certo è che, almeno sulla carta, questa finalissima dovrebbe rivelarsi un banco di prova più impegnativo per i campioni europei in carica: in semifinale il Budva ha retto il confronto solamente nel primo tempo, venendo poi travolto dalla potenza dei fuoriclasse recchelini. Che, contro i balcanici, hanno comunque dato saggio di schemi collaudati nelle situazioni di superiorità numerica (Perrone che, lungo il vertice sinistro del perimetro, serve il compagno appostato sui due metri sul palo opposto) e di saper tenere alta la concentrazione soprattutto quando tutti la danno come vincente ancor prima che la partita inizi.

A Recco tocca, comunque, l’avversario più difficile. Questo Partizan, dopo un inizio claudicante nell’avventura europea, non si è più fermato. E la semifinale contro il Mladost, altro favorito per la vittoria finale, è stato un autentico atto di forza, con i serbi sempre avanti con un vantaggio abbastanza rassicurante. Korolija e Pijetlović a centroboa hanno regalato numeri d’alta scuola, il sempiterno Vujasinović ha sbarrato la strada in difesa, Mitrović e Radović hanno trovato la via del gol con spiazzante facilità. Una squadra che conosce perfettamente i suoi punti di forza così come i propri limiti. E che, soprattutto, è consapevole di avere i mezzi per detronizzare la Pro Recco.

Appendice statistica: quella di stasera sarà la dodicesima volta che liguri e balcanici si sfidano e la Pro Recco guida con sei vittorie, seguite da cinque successi del Partizan e nessun pareggio. E, ancora una volta, sarà una gara decisiva ai fini della consegna della coppa: nel 1964-65 la Pro Recco la spuntò 1-0 (all’epoca era la regola, oggi farebbe sorridere un simile risultato) nel girone finale, mentre due anni dopo la finalissima si dovette giocare in tre atti, l’ultimo dei quali deciso addirittura ai rigori, a testimonianza dello straordinario equilibrio. Lo stesso che, auspicano gli organizzatori, potrebbe regnare anche questa sera.

 

Probabili formazioni (ore 21):

PRO RECCO: Tempesti, Madaras, Filipović, Burić, Kásás, Molina, Nikić; Perrone, Felugo, Figlioli, Benedek, Zloković, Ivović. All. Porzio.

PARTIZAN BELGRADO: Soro, Vujasinović, Chatzitheodorou, Rađen, Prlainović, Mitrović, Pijetlović; Zivojinović, Korolija, Aleksić, Mandić, Radović, Ćuk. All. Milanović.

Simone Pierotti

PARTIZAN IN FINALE A COLPI DI MITROVIĆ

Il giocatore del Partizan decide con una tripletta la prima semifinale (12-9) di Eurolega a Roma.

dal nostro inviato

ROMA C’era apprensione, alla vigilia, per l’arrivo a Roma di circa 6mila tifosi delle opposte fazioni che sarebbe potuto sfociare in uno scontro che, visti i precedenti, non prometteva. E invece, per fortuna, si è assistito solo ad una piacevole partita di pallanuoto. Va al Partizan Belgrado la prima semifinale della Final Four di Eurolega: i serbi battono 12-9 il Mladost Zagabria, sconfitto per la quarta volta in nove confronti diretti nella massima competizione continentale. E, adesso, puntano a vincere la settima Coppa dei Campioni nella loro storia, eguagliando proprio il Mladost.

Lo Stadio del Nuoto, teatro ideale di questo atto supremo, viene invaso dai sostenitori croati e serbi, sistemati per motivi di ordine pubblico in due diverse tribune, e colorato di bianconero e giallo: ancor prima che in acqua, la sfida inizia sugli spalti. Come calore e numero di unità, i tifosi del Partizan sovrastano i rivali del Mladost. E così sarà anche tra le squadre: i serbi comandano fin dalla prima frazione, senza che i croati diano realmente l’impressione di poter rimontare il divario in varie occasioni. Anzi, a metà gara il vantaggio dei bianconeri di Belgrado raggiunge già le quattro lunghezze e tocca pure vette di cinque nell’ultimo parziale.

Gara nervosa e maschia, il gran derby balcanico: ben quattro i giocatori espulsi in via definitiva. E poi il pubblico si gode una miriade di avvincenti duelli, specie sui due metri, su cui talvolta la coppia arbitrale sorvola per non surriscaldare ulteriormente gli animi. Schierate entrambe a pressing, le difese iniziano a concedere qualche gol – e fallo grave – di troppo solamente nella seconda parte dell’incontro, quando i due fischietti decidono di punire con maggior severità alcuni corpo a corpo. Quanto ai singoli, non basta un Pavić a tratti monumentale ad evitare la sconfitta al Mladost. Eccezionale, addirittura, la prova offerta dal serbo Mitrović: a suo favore parlano non solo i tre gol personali ma anche, e soprattutto, una quantità industriale di palloni intercettati. Giornata da dimenticare, invece, per l’atteso ex di turno Vanja Udovičić, serbo in forza al Mladost: la doppietta del fuoriclasse arrivato dalla Pro Recco viene leggermente messa in secondo piano dai troppi passaggi sbagliati. Emblematico il modo in cui Pijetlović, centroboa di cui si dice un gran bene, si libera della sua marcatura in occasione della rete del 12-8, segnando di prepotenza.

In chiusura, una brutta pagina scritta dai tifosi del Partizan che, durante l’incontro, hanno innalzato cori a favore di Ratko Mladić, il criminale di guerra recentemente arrestato per l’eccidio di Srebrenica del 1995. Gli stessi sostenitori hanno poi intonato canzoni offensive nei confronti degli ustaše, i nazisti croatiche imperversavano nella Seconda guerra mondiale, ma il pubblico di fede Mladost non ha raccolto la provocazione. La politica e le divisioni tra i popoli balcanici, ancora una volta, non risparmiano neppure la pallanuoto.

 

Venerdì 3 giugno 2011
PARTIZAN BELGRADO-MLADOST ZAGABRIA 12-9 (3-1, 3-1, 2-3, 4-4)
Stadio del Nuoto, Roma

PARTIZAN: Soro, Vujasinović, Chatzitheodorou, Rađen 1, Prlainović 1, Mitrović 3, Čuk; Zivojinović, Korolija 2, Aleksić, Pijetlović 2, Radović 4, Mandić. All. Milanović.

MLADOST: Pavić, Karač 1, Udovičić 2, Buljubasić 1, Hinić, Muslim 2, Vukičević 1; Perić, Letica, Petković 1, Pavičić 1, Brlecić, Loncar. All. Kobeščak.

ARBITRI: Tulga (TUR) e Spiegel (GER)

NOTE: superiorità numeriche Partizan 3/10, Mladost 6/11. Espulsi definitivamente Hinić al 3’47” st, Buljubasić al 6’01” tt, Rađen al 3’30” qt e Letica a 1’40” qt.  Spettatori 4000 circa. Presenti in tribuna il presidente della FIN Paolo Barelli,  l’allenatore del Posillipo Carlo Silipo, l’allenatore del Latina Yiannis Giannouris, il ct della Croazia Ratko Rudić e quello della Serbia Dejan Udovičić.

Simone Pierotti