CHI SFIDERÀ IL PIANORO?

Dopo la sconfitta a tavolino del Milan Kingsgrove contro il Bologna che ha rivoluzionato la classifica, la penultima giornata di serie A è servita unicamente a certificare l’accesso del Pianoro alla finale scudetto. Bisognerà invece attendere domenica prossima per scoprire chi fra Trentino, Bologna e Milano sfiderà i ragazzi del Presidente Parisi.

Pur affranti dai ventisei punti persi tra sconfitta a tavolino e penalizzazione i cricketer di Milano hanno mantenuto accesa la fiammella della speranza, vincendo per 7 wicket contro un Capannelle ancora alla ricerca del primo successo stagionale. Dopo tre vittorie consecutive (di cui una a tavolino) si ferma invece la corsa del Bologna, sconfitta nettamente dalla capolista Pianoro che, dopo aver chiuso il primo inning a quota 341, limita i rossoblù a soli 146 punti.

A una giornata dal termine la classifica vede quindi il Trentino a 87 punti, il Bologna a 79 e il Milan Kingsgrove a 76. Di conseguenza la partita sul campo Ghiaie fra Trentino e Kingsgrove assume una rilevanza centrale nella lotta per il secondo posto. Se vincessero, i padroni di casa si assicurerebbero la finale, ma in caso di sconfitta sarebbero matematicamente sopravanzati dai Kingsgrove. A quel punto  però i meneghini dovrebbero sperare in una vittoria del Capannelle sul Bologna, altrimenti i loro sforzi si tramuterebbero in una vittoria di Pirro.

 

Ancora più contorta appare la situazione in serie B dove troviamo ben quattro squadre racchiuse in 20 punti. Alle favorite Latina Lanka e Lions Brescia si sono aggiunte la rivelazione Venezia e il rinato Genoa. I lagunari del presidente Miggiani sembrano aver fatto un notevole salto di qualità rispetto alla passata stagione, anche se talvolta cadono in qualche errore di troppo dovuto all’inesperienza. Il Genoa, che rispetto alla scorsa stagione ha perso Dilan Fernando (all’Olgiata) e Harpreet Singh (anno sabbatico per motivi di studio), è invece rinato dalle ceneri di un drammatico inizio di stagione. Dopo essersi aggiudicato un solo incontro su quattro, la sorprendente vittoria contro i Lions Brescia ha trasformato il brutto anatroccolo in un cigno. Oggi il Genoa è tornato ad essere una squadra che può lottare per il primato anche se il calendario pare altamente proibitivo. La giornata di domenica prossima, con gli scontri diretti fra Genoa e Latina Lanka e Venezia e Lions Brescia, potrà essere chiarificatrice.

 

Nel frattempo si  sono conclusi i quattro gironi regionali del campionato italiano under 15. Milan Kingsgrove, Venezia, Lions Brescia e Olgiata si sono conquistati sul campo il diritto di giocarsi lo scudetto di categoria l’1 e il 2 ottobre sul campo Navile di Bologna. Difficile fare un pronostico; Milano e Venezia esprimono da anni un settore giovanile di tutto rispetto, il Brescia ha eliminato le due bolognesi, mentre l’Olgiata (legata a Piazza Vittorio) è intenzionata a emulare il successo dell’under 13.

 

Sabato scorso la nazionale italiana under 19, in vista dei Campionati Europei di seconda divisione, che si disputeranno sui campi dell’Isola di Man dal 27 luglio al 2 agosto, ha giocato a Firenze un’amichevole contro i Crusaders, squadra di Melbourne. Contro gli australiani i ragazzi italiani hanno perso di una settantina di runs ma Michele Morettini e Roshendra Abewickerama sono stati eletti migliori in campo.

 

Infine sono stati ufficializzati anche i convocati della nazionale maggiore che, guidati da Joe Scuderi e capitanati da Alessandro Bonora, affronteranno dal 19 al 24 luglio l’European Championship nelle isole britanniche di Jersey e Guernsey, valido come torneo di qualificazione ai Mondiali di Twenty20. La rosa rispetto alla World Cricket League di Hong Kong non è certo stata rivoluzionata. Al posto di Roshendra Abewickerama, impegnato a capitanare l’under 19, rientra in nazionale il lanciatore del Pianoro Luis Di Giglio mentre Chamara Siriwardane Hettimulla e Sivakumar Sivalingaperumal, autentiche colonne di Bologna e Pianoro, dopo aver passato una vita nel nostro paese si tolgono la soddisfazione di indossare la maglia della nazionale subentrando a Tushara Kurukulasuriya, che si è ritirato dalle competizioni internazionali, e a Vincenzo Pennazza, bloccato in Australia da impegni di lavoro. Per il resto confermati i vari Alaud Din, Dilan Fernando, Damian Crowley, Gayashan Munasinghe, Damian Fernando, Andrew Northcote, Hayden Patrizi, Peter Petricola, Mick Raso ed Hemantha Jayasena.

PALLANUOTO: SETTEBELLO DA FAVOLA

Capolavoro del Settebello che batte l’Ungheria 10-8 e ritrova la finale europea dopo Budapest 2001.

Tanti avevano sognato di scriverlo (anche noi, lo confessiamo). Di urlarlo ai quattro venti. Ma, appunto, pensavamo che fosse solo un sogno. Ora, invece, è la dolce, dolcissima realtà: il Settebello, nonostante la pesantissima assenza di Maurizio Felugo, domina la semifinale con l’Ungheria vincitrice degli ultimi tre Giochi Olimpici (l’avreste mai detto?) e conquista la finale degli Europei, dove (ri)troverà Ratko Rudić e la sua Croazia, gli unici che finora possono vantarsi di averci battuto. Tanti i paralleli con Budapest 2001, ultimo Europeo che ha regalato una medaglia al Settebello: in semifinale battemmo l’Ungheria, l’allenatore era proprio Sandro Campagna. E non mancano analogie pure tra gli ultimi gol azzurri segnati nei due incontri. Quello del Settebello è un autentico capolavoro. Non è una partita perfetta, ma sfruttiamo cinicamente le superiorità numeriche, come le grandi squadre sanno fare, e dimostriamo di essere un gruppo compatto, formidabile. E un monumentale Tempesti neutralizza pure due rigori. Da brividi.

Nell’Italia è Fiorentini il giocatore chiamato a sostituire l’indisponibile Felugo, dall’altra parte Madaras e Biros sono le guide di un gruppo di baldi giovani. Nei primi minuti regna sovrano l’equilibrio tra due squadre contratte: portieri e difese vigilano molto attentamente e le conclusioni sbattono sulle braccia avversarie (Gitto e Fiorentini) o sui cartelloni pubblicitari (Kis, Gallo e Madaras). Poi, a metà frazione, l’Italia passa: Gallo serve sull’altro versante Figlioli che, contrariamente da quanto ci si aspetterebbe, va a segno con un’elegante palombella anziché con una delle sue conclusioni potenti. In un sol colpo regaliamo la prima superiorità numerica all’Ungheria e pure un rigore (fallo abbastanza evidente di Gallo ai danni di Szívos): Biros potrebbe subito pareggiare ma Tempesti compie il miracolo e respinge il tiro, a dir la verità centrale, del capitano ungherese, unico superstite della squadra campione d’Europa nel 1999. Gli sforzi del portiere azzurro vengono premiati dai compagni: l’Italia gode della prima superiorità numerica, Gallo colpisce due pali nella stessa azione e, fortunatamente, Presciutti riprende il pallone scaraventandolo sul palo lontano. Nel finale regaliamo un altro uomo in più all’Ungheria e questa volta Hosnyánszky colpisce la traversa, poi anche Deserti centra un legno con una meravigliosa beduina. Andiamo al primo intervallo sul doppio vantaggio e in otto minuti l’Ungheria non ha ancora fatto gol a Tempesti: sembra davvero ritornato il Settebello di un tempo. Ma l’incanto ha breve durata, perché i magiari vengono inevitabilmente allo scoperto e in pochi minuti segnano ben tre reti: due di queste, entrambe opera di Norbert Madaras, consentono alla formazione di Kemény di recuperare lo svantaggio e di portarsi sul 3-3. Ma l’Italia rimette subito il naso avanti: il merito è di Valentino Gallo, bravissimo a scovare un cunicolo stretto stretto in cui infilare il pallone del 4-3. E tutto questo a tredici secondi dalla fine.

I magiari sono avversari tosti, abituati a lottare. E lo dimostrano in apertura del terzo parziale, quando Kis approfitta di un’indecisione di Bertoli per battere Tempesti con un rovescino. Gli ungheresi ci raggiungono ancora, ma questa sarà l’ultima volta. Perché l’Italia, da adesso, inizia veramente a offrire il meglio del suo repertorio: Figlioli buca Szécsi con un tiro diretto dai cinque metri, Gitto non spreca una superiorità numerica. 6-4. Kemény, infuriato, spedisce tra i pali il secondo portiere Nagy nel tentativo di chiudere le maglie della difesa, sperando che i suoi uomini in fase offensiva siano più incisivi. L’Ungheria, quando attacca in superiorità, dimostra di essere in possesso di grandi palleggiatori e, soprattutto, tiratori: è Madaras a castigarci con un gran sinistro ad incrociare che spiazza Tempesti. Ma l’Italia di stasera non si lascia impietosire e, con un gol fotocopia del primo, Gitto ci dà ancora il doppio vantaggio. Il settebello potrebbe poi allungare, ma commette due errori: Fiorentini spreca una controfuga, sul rovesciamento di fronte andiamo sotto di un uomo e consentiamo a Hosnyánszky di avvicinarsi alla porta e concludere indisturbato a rete. Finale incandescente: Luongo delizia il pubblico di Zagabria con l’ennesima prodezza di questi Europei e Tempesti respinge il secondo rigore della serata, ipnotizzando questa volta Daniel Varga. 8-6. Ancora otto minuti da giocare. Sono un’eternità ma stiamo legittimando il vantaggio. A meno di cinque minuti dall’ultima sirena l’episodio chiave: Dénes Varga esce per somma di falli e, nell’azione generata dalla sua espulsione, Giacoppo schiaccia in rete un passaggio con il contagiri di Presciutti. Per la prima volta l’Italia mette tre reti tra sé e l’Ungheria. Che non si dà per vinta e, anzi, va a segno con un’azione che farebbe la gioia di qualsiasi allenatore: Madaras sposta il gioco sulla destra per Biros, il capitano serve al centro Szívos che deve solamente appoggiare il pallone in rete. L’Italia, tuttavia, non si ferma più: Figlioli vede Nagy fuori dei pali e, dalla lunga distanza, decide di regalare la seconda palombella dell’incontro. Un gol che fa il pari con quello del definitivo 8-7 nella semifinale di Budapest di nove anni fa: guarda caso, a segnarlo fu un altro straniero naturalizzato, il rumeno Bogdan Rath. Szívos mantiene il risultato in bilico quando restano poco più di due minuti, ma è l’ultimo sussulto. Come nel 2001, finisce con gli azzurri che saltano in panchina e alzano le braccia in acqua e con i sostenitori ungheresi ammutoliti. Portiere insuperabile, difesa accorta, collettivo che manda in gol svariati giocatori e attacco che capitalizza pressoché tutte le superiorità numeriche. Sì, è tornato il Settebello. E ora vendichiamoci, con gli interessi, della sconfitta di qualche giorno fa.

Giovedì 9 settembre 2010

ITALIA-UNGHERIA 10-8 (2-0, 2-3, 4-3, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo 2, Fiorentini, Gitto 2, Figlioli 3, Presciutti 1, Aicardi; Pastorino ne, Luongo 1, Bertoli, Felugo ne, Giacoppo 1, Deserti. All. Campagna.

UNGHERIA: Szécsi, Madaras 3, Hosnyánszky 1, Biros, Dénes Varga, Daniel Varga, Kis; Nagy, Torok, Bundschuh, Vámos, Szívos 2, Harai. All. Kemény.

ARBITRI: Margeta (Slovenia) e Buch (Spagna)

NOTE: superiorità numeriche Italia 7/9, Ungheria 4/11. Uscito per limite di falli Denes Varga (U) a 2’45” del quarto tempo.  Tempesti (I) para un rigore a 4’23” del primo tempo a Biros e a 7’53” del terzo tempo a Dénes Varga.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: CROAZIA IN FINALE

Un rigore di Bošković decide una semifinale bellissima. E ora la Croazia può vincere il primo oro europeo.

Oggi in una piscina di Zagabria ammantata di scacchi bianchi e rossi ha vinto, ancor prima della Croazia, la pallanuoto. E, si badi bene, non è retorica. Ha vinto sugli spalti, perché i tifosi delle due nazionali hanno incitato i loro beniamini e ricoperto di fischi i rivali ma senza rendere incandescenti gli animi come – ahinoi – accadde sette anni fa a Kranj. E ha vinto in acqua, dove si è visto davvero il volto più bello di questa disciplina: azioni spettacolari, reti pregevoli, parate decisive, emozioni a non finire e, da sottolineare, arbitraggio all’altezza della situazione. La partita la vince la Croazia padrona di casa: dopo lo sgambetto del Montenegro all’esordio, gli uomini di Rudić non si sono più fermati e regalano ai loro connazionali una finale europea sette anni dopo l’argento di Kranj.

Il primo quarto è quello che, alla fine dei conti, risulterà decisivo perché si chiude con i croati avanti appena di un gol: entrambe le squadre schierano eccezionali tiratori dal perimetro, ma in questi otto minuti iniziali hanno la meglio le rispettive retroguardie. Che propongono uno schema utilizzato da più squadre a Zagabria: tutti a pressing con le sole eccezioni dei giocatori in posizione 2 e 3. Ed è in particolar modo la Serbia a soffrire questo tipo di difesa: la squadra di Dejan Udovičić arriva poche volte al tiro e, quando lo fa, si affida ai giocatori meno indicati, vedi Prlainović che fin da subito tradisce la sua giornata di luna storta. A far infiammare i 5mila di Zagabria è Burić dal centro, il suo compagno recchelino Nikić riporta l’equilibrio e infine un altro giocatore del settebello ligure, il serbo Filipović, causa il rigore che Bošković realizza. Ritmi ancor più frenetici nel secondo parziale, dove non ci sono momenti di noia: una sassata di Joković (che suicidio applicare la zona in 2 e in 3 con un simile tiratore…) dà alla Croazia il massimo vantaggio, poi Udovičić emerge dal guscio accorciando le distanze con una prodezza e servendo a Nikić un pallone invitante per il 3-3. Gli ultimi tre minuti sono quanto di meglio possa offrire la scuola pallanotistica dei Balcani: Obradović gonfia la rete con un destro che spiazza un Soro poco concentrato, Gocić sfrutta il vantaggio numerico, Bošković segna dalla distanza con Soro ancora complice e Rađen conferma la potenza della Serbia quando attacca con un uomo in più. A nemmeno venti secondi dall’intervallo lungo il pareggio dei campioni del mondo sembra in cassaforte, ma  a fil di sirena Burić spara addosso a Soro che, con un intervento goffo, fa carambolare la palla oltre la linea di porta.

All’inizio del terzo tempo Joković imita Burić mettendo a segno la sua personale doppietta: favorito da una difesa serba troppo morbida, il mancino dello Jug Dubrovnik si esibisce in un tiro che è sintesi tra precisione chirurgica e incredibile potenza, tanto che la palla sbatte sul palo di sostegno della rete e ritorna in campo. Il canovaccio, però, è di quelli già visti migliaia di volte: la Croazia comanda e tenta la fuga, la Serbia tallona a breve distanza, fa sentire il fiato sul collo e poi rimette tutto in equilibrio. Lo fa nuovamente con un diagonale imprendibile di Gocić dalla mano sbagliata – davvero eccezionale la prova del neoacquisto del Latina – e con una stoccata vincente di Filipović. Il tutto intervallato da un gol annullato a Burić in superiorità numerica perché riceve il pallone all’interno della linea dei due metri: a pochi secondi dal termine la Croazia ripropone lo stesso schema e stavolta il difensore recchelino, autentico uomo ovunque oggi pomeriggio, si fa servire al di qua del birillo rosso, riportando avanti per l’ennesima volta la Croazia. Nell’ultimo parziale il leit motiv è sempre lo stesso, con i padroni di casa sempre in vantaggio ed i serbi ad acciuffarli. L’episodio chiave avviene a cinque secondi dal termine: dopo la respinta di Soro sul tiro di Muslim, la Croazia riprende palla e viene servito Burić a centroboa. Il difensore recchelino si gira e costringe al fallo da rigore Filipović: è il match-ball per la formazione di Rudić. I 5mila sugli spalti accompagnano Bošković all’esecuzione: l’ex giocatore dello Jug non si fa tradire dall’emozione e supera Soro, scatenando un urlo collettivo. Nel (pochissimo) tempo che rimane Prlainović prova a rimediare ad una giornata, per lui, piuttosto deludente. Ma la sua conclusione è imprecisa. La Croazia spezza l’incantesimo che l’aveva quasi sempre vista soccombere contro la Serbia. Che, dopo World League e Coppa FINA, non riesce a centrare la terza finale di un anno comunque denso di soddisfazioni. E adesso Rudić vuole regalarsi l’ennesima impresa di una carriera già incredibile.

Giovedì 9 settembre 2010

SERBIA-CROAZIA 9-10 (1-2, 4-4, 2-2, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

SERBIA: Soro, Filipović 1, Rađen 1, Gocić 3, V. Udovičić 1, Prlainović, Nikić 1; G. Pijetlović ne, Avramović, Vapenski ne, D. Pijetlović 1, Aleksić, Mitrović 1. All. D. Udovičić.

CROAZIA: Pavić, Joković 2, Bošković 3, Burić 3, Barač, Sukno, Dobud; Muslim 1, Karač, Bušlje, Hinić, Obradović 1, Buljubašić. All. Rudić.

ARBITRI: Naumov (Russia) e Borrell (Spagna).

NOTE: superiorità numeriche Serbia 7/10, Croazia 3/8. Spettatori 5000.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: DERBY BALCANICO IN SEMIFINALE

Nuovo capitolo della saga dei Balcani: Croazia-Serbia è l’altra semifinale degli Europei di Zagabria.

Se è vero, come dicevano i nostri antenati latini, che historia magistra vitae, l’auspicio è che dalle parti di Zagabria abbiano appreso la lezione fornita dal recente passato e che non ci facciano assistere ad uno spettacolo indecoroso come quello di sette anni fa a Kranj, che tutto fece alla pallanuoto fuorché bella pubblicità. Per l’ennesima volta le strade di Croazia e Serbia si incrociano. E per questo derby balcanico vale lo stesso parallelismo fatto per l’altra semifinale, quella tra Ungheria e Italia: le due squadre si affrontarono nell’anticamera della finalissima a Budapest, nel 2001. La Serbia si chiamava ancora Jugoslavia, anche se di quella realtà territoriale rimaneva ormai il nome. E vinse, battendo gli azzurri nell’atto supremo.

La notizia, dunque, è che il Montenegro non potrà difendere lo storico titolo conquistato due anni fa a Málaga. Vi è di più: non potrà concorrere neppure per una medaglia. Gli squali rossi di Petar Porobić escono di scena per mano dei “cugini” serbi – gli stessi che sconfissero nella finalissima agli Europei in Andalusia – al termine di una partita a dir poco tirata, povera di gol (undici) così come Italia-Germania. Inevitabile che la sfida si giocasse sul filo del rasoio, senza che una delle due contendenti prevalesse nettamente nei confronti dell’altra: il Montenegro conduce sempre e la Serbia lo riacciuffa prontamente, fino a compiere il sorpasso decisivo nel quarto tempo. Inutile assalto del Montenegro nei secondi finali: Soro salva su Vukčević, poi sulla ribattuta Ivović fallisce miseramente. Su questa impresa si legge, nitida, la firma di Vanja Udovičić: il capitano mette a segno quattro delle sei reti serbe. Serbi che portano a compimento la vendetta nei confronti del “traditore” Šefik, il portiere protagonista di mille battaglie che proprio quest’anno ha scelto la nazionalità montenegrina. E adesso sotto con un altro derby, quello (infinito) contro la Croazia. Nella finale degli Europei di Kranj sappiamo tutti come finì: lancio di oggetti in acqua, scontri tra tifosi, incidenti a Belgrado e Novi Sad e pure un incidente diplomatico tra i due paesi. Una situazione favorita anche dallo scarso numero di forze dell’ordine, insufficiente per far fronte all’afflusso delle due tifoserie. Sette anni fa si giocava in campo neutro, questa volta è la Croazia a godere del sostegno del pubblico di casa. Un motivo in più per non sottovalutare il problema dell’ordine pubblico.

Si sono giocate anche i quarti di finale valevoli per i piazzamenti dal settimo al dodicesimo posto: se era stata preventivata la vittoria della Spagna ai danni di una Russia mai caduta così in basso (e la serie negativa prosegue dopo essere arrivata nona a Belgrado e decima a Málaga), non altrettanto si può dire del 9-6 inflitto dalla Turchia alla Macedonia. Per la nazionale guidata da Sinan Turunc è una vittoria a suo modo storica: nel peggiore dei casi i turchi chiudererebbero al decimo posto, mai si erano spinti così in alto. Vittoria limpida quella con i balcanici, mai capaci di cogliere il pareggio, anche momentaneo: gli eroi di giornata, è il caso di dirlo, sono Oytun Okman (tripletta), Alican Çağatay e Yiğithan Hantal (doppiette).

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

QUARTI DI FINALE 7°-12° POSTO

Spagna-Russia 9-6

Turchia-Macedonia 9-6

QUARTI DI FINALE 1°-6° POSTO

Italia-Germania 6-2

Montenegro-Serbia 5-6

PROGRAMMA SEMIFINALI

Serbia-Croazia

Italia-Ungheria

OGGI IN ACQUA – TORNEO FEMMINILE

ore 15.30  Ungheria-Spagna (finale 5°-6° posto)

ore 17.30  Italia-Grecia (semifinale)

ore 19.30  Russia-Olanda (semifinale)

Simone Pierotti

PALLANUOTO: ANCHE IL SETTEBELLO VA IN SEMIFINALE

Agli Europei di Zagabria l’Italia batte la Germania (6-2) ed è in semifinale contro l’Ungheria.

Li avevamo già battuti un mese fa, i tedeschi. Ma era la finale dell’Otto Nazioni di Siracusa, torneo che serviva come preparazione agli Europei. Stavolta in palio c’era un traguardo ben più prestigioso: la semifinale continentale e, con essa, la qualificazione agli Europei del 2012. E l’Italia impartisce una lezione ancor più severa (6-2) ai solidi tedeschi allenati da Hagen Stamm, nerboruti marcantoni a cui, però, mancano ancora la cattiveria e l’intraprendenza da grande squadra. Nove anni dopo, siamo nuovamente in semifinale ad un Europeo con identico avversario, l’Ungheria. E proprio al 2001 risale l’ultima medaglia azzurra: allora conquistammo l’argento. Allora, come oggi, l’allenatore del Settebello rispondeva al nome di Sandro Campagna.

Specialmente nella prima frazione, la sfida tra Italia e Germania è un duello tra difese serrate: gli azzurri, per limitare la maggior potenza fisica dei tedeschi, ricorrono ad una zona che non lascia arrivare palloni a Schlotterbeck; dall’altra parte Čigir’ è un custode attento nel chiudere lo specchio alle conclusioni di Presciutti (superiorità numerica) e Figlioli, che poi supera il portiere di origini russe ma non il palo. Gli va meglio poco dopo, quando il primo tempo volge oramai al termine: il centrovasca naturalizzato prende palla dalla lunga distanza e castiga Čigir’ sul palo più lontano con una conclusione fulminea. Se i primi sette minuti non offrono grandi emozioni, gli ultimi sessanta secondi sono i più divertenti: Oeler riequilibra il risultato in superiorità numerica, poi Deserti costringe Real al fallo da rigore. Non si presenta lo specialista Figlioli, finora mai a segno dai cinque metri, e nemmeno Felugo, messo ko da un colpo alla mano destra (per lui l’Europeo finisce qui e, come da regolamento, non potrà essere sostituito): a battere il rigore è il giovane Luongo, una delle sorprese più belle di questo Europeo, che realizza con la freddezza di un veterano. Stessa sinfonia nel secondo quarto: si lotta incessantemente sui due metri, spesso i rispettivi centroboa commettono fallo in attacco e le occasioni da rete latitano. A rompere la monotonia è Deserti che compie la sua seconda prodezza giornaliera, facendo cadere nuovamente Real nella trappola del fallo da rigore: questa volta batte Figlioli ed il cecchino di origini australiane si sblocca, infilando Čigir’ proprio sopra la testa. Per più di tre minuti l’Italia mantiene immacolata la propria porta, fino a quando Bukowski non viene lasciato colpevolmente nelle condizioni di fintare, prendere la mira e battere l’attento Tempesti. La Germania rimane in partita, in scia ad un Settebello al quale tuttavia non causa particolari grattacapi. Come nel primo tempo, gli azzurri segnano un altro gol pesante allo scorrere dei titoli di coda: Presciutti si alza dai cinque metri e la sua bordata colpisce prima il palo e poi la testa di Čigir’, finendo la sua corsa in porta. La Germania, frattanto, sparisce dallo specchio d’acqua di Zagabria dopo il gol di Bukowksi: nei restanti sedici minuti non infilerà più alcun pallone alle spalle di Tempesti, sulle cui braccia sbattono ripetutamente le conclusioni dei tiratori tedeschi. L’Italia non ha alcun interesse a giocare su ritmi forsennati e si limita così ad amministrare il vantaggio: il bottino viene rimpinguato con i gol di Aicardi nel terzo tempo – uno schema in superiorità numerica eseguito magistralmente – e di Gallo nell’ultima frazione. È semifinale, con il minimo sforzo, ma ci mancherà Felugo. Peschiamo un’Ungheria non più imbattibile come nei passati due lustri: l’ultima volta che li abbiamo affrontati in semifinale fu nel 2001, a Budapest. Già allora era il Settebello di Sandro Campagna, che fece piangere lacrime amare al pubblico della “Alfréd Hajós”, ciecamente convinto della vittoria dei propri beniamini. Guarda caso, dall’altra parte c’erano, allora come oggi, Croazia e Serbia…

In chiusura un dato che deve inorgoglirci: a Zagabria siamo l’unico paese ad essere arrivato in semifinale con ambo le formazioni, maschile e femminile. E le selezioni Juniores ’93 hanno vinto recentemente i rispettivi campionati Europei. Che sia, davvero, l’anno della rinascita per la pallanuoto italiana?

Mercoledì 7 settembre 2010

ITALIA-GERMANIA 6-2 (2-1, 2-1, 1-0, 1-0)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo 1, Felugo, Gitto, Figlioli 2, Presciutti 1, Aicardi 1; Pastorino, Luongo 1, Bertoli, Giacoppo, Fiorentini, Deserti. All. Campagna.

GERMANIA: Čigir’, Marko Stamm, Schroedter, Kreuzmann, Oeler 1, Politze, Schlotterbeck; Kong, Naroska, Real, Bukowksi 1, Schüler, Rößing. All. Hagen Stamm.

ARBITRI: Borrell (Spagna) e Stavridis (Grecia).

NOTE: superiorità numeriche Italia 2/3, Germania 1/4.

Simone Pierotti