SETTEBELLISSIMO!

Un’Italia straordinaria batte la Croazia (9-8) e raggiunge la Serbia nella finalissima che vale l’oro mondiale.

L’Italia è in finale, l’Italia si gioca la medaglia d’oro ai Mondiali di nuoto di Shanghai. Fa quasi impressione leggerlo, sembra un urlo assordante, che rimbomba anche solo a dirlo tra sé e sé. Due anni fa, non un’era geologica: azzurri undicesimi in casa, a Roma, nonostante il calore dei compaesani, scivolati in graduatoria dietro Australia, Canada, Germania, Romania. Passano due estati: l’Italia batte, per la seconda volta nel giro di un mese, una potenza mondiale come la Croazia e torna a disputare una finale mondiale a otto anni di distanza dall’argento di Barcellona. Una vittoria emozionante, leggendaria, forse ancor più netta di quanto indicato dal 9-8 finale. E forse stavolta è proprio vero che l’allievo Sandro Campagna ha superato il magister Ratko Rudić.

Talvolta le statistiche hanno un valore limitato, talvolta non forniscono l’esatta chiave di lettura di un evento sportivo, di una partita. Eppure c’è un dato che dà da pensare, eccome: Croazia incapace di segnare un gol che fosse uno in oltre quindici minuti di gioco – è successo nella prima metà dell’incontro -, Croazia abile a sfruttare appena una situazione di superiorità numerica, su otto a disposizione, in oltre tre tempi. Insomma, i balcanici per una volta sono proprio gli azzurri. Che, proprio in chiusura di primo tempo, spezzano gli equilibri con Figari su uomo in più e, nei primi due minuti del successivo parziale, volano addirittura sul 3-0 con la palombella di Gallo, un capolavoro della balistica, e con la controfuga di Presciutti. Irriconoscibili i croati, imbambolati da una difesa magistrale dell’Italia e impotenti davanti ad un Tempesti impressionante: il gol che fa cancellare lo zero sul tabellone del Natatorium lo sigla, peraltro aiutato dalla fortuna, il recchelino Burić a venticinque secondi dall’intervallo lungo.

Sembra un sogno, eppure è tutto vero. Anzi, il terzo parziale si apre pure con il rigore di Joković che dimezza lo svantaggio, ma si conclude con il destro micidiale di Giorgetti dalla linea dei cinque metri che non grazia Pavić e dà all’Italia il massimo vantaggio (8-4). In mezzo ci sono altri due gol dell’attaccante di origini ungheresi, autentica rivelazione del Settebello da un mese a questa parte, un’intuizione di Felugo che trova lo spiraglio tra palo e portiere e l’opportunismo di Deni Fiorentini, mezzo croato e mezzo italiano, in superiorità numerica su passaggio illuminante di Presciutti. Un sogno, un dolcissimo sogno. Che non può durare in eterno: feriti nell’orgoglio, i croati reagiscono rabbiosamente. Azzeccano le superiorità numeriche, nell’ultimo tempo, e Bošković e Bušlje mirano l’incrocio dei pali, laddove Tempesti non riesce a piazzare le sue lunghe leve: segniamo solamente con Gallo, oggi un’iradiddio, su uomo in più e nei cinque minuti conclusivi non battiamo Pavić. Di più: perdiamo Gitto e Pérez per raggiunto limite di falli. Poco male, comunque: in tre tempi il Settebello ha accumulato un vantaggio di quattro reti, tanto ci basta per arrivare vincenti al fischio finale di Borrell e Koganov.

E adesso sarà finale mondiale, otto anni dopo Barcellona. Sarà finale mondiale contro la Serbia, capace di vincere contro l’Ungheria – ai supplementari – una partita che sembrava già persa. Sarà contro la nazionale che ci ha battuto sul filo di lana a Firenze, nella World League: anche lì arrivavamo da una semifinale vinta sulla Croazia, ma in quel caso festeggiammo solo dopo i tiri di rigore. Oggi no: l’Italia è stata  ancor più brava nella gestione psicologica, nell’organizzazione tattica, nell’interpretazione della gara, nella tenuta atletica. E adesso anche la Serbia, forse, inizia ad avere paura.

 

Giovedì 28 luglio 2011
CROAZIA-ITALIA 8-9 (0-1, 1-2, 3-5, 4-1)
Natatorium, Shanghai

 

CROAZIA: Pavić, Burić 1, Bošković 3, Dobud 1, Joković 1 (1 rig.), Muslim, Karač, Bušlje 1, Sukno 1, Barač, Paškvalin, Obradović, Buljubašić. All. Rudić.

ITALIA: Tempesti, Pérez, Gitto, Figlioli, Giorgetti 3 (1 rig.), Felugo 1, Figari 1, Gallo 2, Presciutti 1, Fiorentini 1, Aicardi, Deserti, Pastorino. All. Campagna.

ARBITRI: Borrell (ESP) e Koganov (AZE).

NOTE: superiorità numeriche Italia 3/9 + 1 rig., Croazia 4/11 + 1 rig. Espulsi definitivamente Gitto a 3’15” qt e Pérez a 0’18” qt per somma di falli.

PALLANUOTO: SETTEBELLO, SCONFITTA CON ONORE

Nella finalissima degli Europei di Zagabria l’Italia si inchina ai padroni di casa (7-3) ma esce a testa alta.

“Le parole sono importanti” ammoniva Nanni Moretti nei panni di Michele Apicella nel  film “Palombella rossa”. Giusto. E quindi è più corretto dire non che l’Italia della pallanuoto maschile ha perso l’oro, ma che ha vinto l’argento. Perché questo secondo posto agli Europei di Zagabria coincide davvero con la rinascita di un movimento che nel corso degli anni aveva patito troppe delusioni, specialmente tra gli uomini. Il Settebello ha stupito tutti: ha superato un girone difficilissimo battendo Spagna e Montenegro, ha spezzato la serie negativa con la Romania, ha giocato magnificamente con l’Ungheria. Certo, è mancata la ciliegina sulla torta contro la Croazia, alla prima affermazione europea, confermatasi bestia nera degli azzurri di Sandro Campagna in questa tornata. Ed è proprio lui, il tecnico siciliano, il principale artefice di questo miracolo: era stato criticato per alcune convocazioni – vedi Bertoli e Fiorentini quando altri caldeggiavano Figari e Giorgetti – ma i fatti gli hanno dato ragione. Merito suo e dei suoi straordinari giocatori se il Settebello è tornato tra le grandi d’Europa, se è tornato a farci gioire ed emozionare. Che questo argento sia davvero un nuovo punto di partenza per la nostra pallanuoto.

Come era facile prevedere gli spalti del “Mladost Sports Center” sono colonizzati dai sostenitori croati e c’è pure Ivo Josipović, presidente della Repubblica: 5mila tifosi in bianco e rosso che fanno pendere l’ago della bilancia dalla parte degli uomini di Ratko Rudić. Che, dopo aver rischiato lo svantaggio sull’uomo in meno (decisiva la deviazione di capitan Barač su tiro dal vertice destro di Gallo), fanno subito infiammare il pubblico: arriva la prima superiorità numerica e Bošković pesca sul secondo palo il solitario Bušlje che non ha difficoltà a schiacciare il pallone in rete. L’Italia, da copione, si difende a zona raddoppiando, però, solo dalle posizioni 2 e 3: è una tattica per non far giungere a destinazione i servizi al centro, dove Gitto e Fiorentini si alternano nella simil-lotta grecoromana con il possente Dobud. Ma, dall’altro lato, lascia troppo spazio a Bošković che inquadra lo specchio e scaglia violentemente il pallone all’incrocio dei pali, con Tempesti che nulla può di fronte a cotanta potenza. Gli azzurri raccolgono pazientemente i primi cocci rotti e ripartono con serenità: guadagnano subito un’altra espulsione e questa volta fanno centro con un gol di Luongo, bravo a sfruttare la marcatura morbida di Bošković e a infilare Pavić sul primo palo. La partita si accende: il legno di Obradović fa il pari con quello di Figlioli, Aicardi riesce a girarsi al centro ma la sua conclusione viene strozzata. E a otto secondi dalla fine gli azzurri pareggiano con una staffilata di Figlioli che trova l’angolo basso, laggiù, dove la mano di Pavić non arriva. Il Settebello c’è. Eccome se c’è. Una volta vinta l’emozione dei minuti iniziali, esce allo scoperto e mette paura alla Croazia. Pavić vola su due conclusioni di Figlioli, la girata da breve distanza di Gitto finisce fuori per una questione di centimetri e poi lo stesso portiere croato fa buona guardia su una beduina di Deserti. Sul fronte della difesa gli azzurri chiudono i varchi, ma si arrendono al gol del capitano Samir Barač, tra i protagonisti dei primi successi del Brescia, che mette a sedere difensori e Tempesti in superiorità: è l’unico gol di un parziale che ci vede arrembanti, ordinati in difesa e sfortunati in attacco, giacché Aicardi e Deserti svolgono un gran lavoro sui due metri vanificato solamente dai salvataggi di un Pavić in grande forma.

Il dato negativo degli azzurri è proprio la fase offensiva, dove il solo Luongo ha segnato in superiorità numerica e dove andiamo in bianco per l’intero secondo tempo: frenesia e precipitosità sono le nostre consigliere fraudolente. Si vede, insomma, che manca Felugo. Ed è così pure nei successivi otto minuti, nei quali la porta avversaria ci sembra un cantuccio piccolo piccolo e la Croazia inizia a mettere le mani sull’oro con due reti identiche a quelle che ci hanno già segnato: Bošković si fa ancora apprezzare per i tiri da posizione 2, con il pallone che schizza sotto la traversa, mentre Buslje è nuovamente smarcato sul secondo palo in superiorità numerica, pronto ad accompagnare la sfera tricolore in fondo alla rete. Mancano tre lunghezze da recuperare, ad otto minuti dalla conclusione: non sarebbe un’impresa impossibile se l’Italia non incontrasse tutte queste difficoltà nell’andare a segno. Ci pensano comunque i croati a mettere a tacere qualsiasi velleità di rimonta: Joković spara sotto l’incrocio un tiro che Tempesti può solo sfiorare e, successivamente, Muslim sigla una rete che fa assumere al risultato le sembianze di una punizione fin troppo severa nei confronti del Settebello. Che mette dentro l’ultimo gol dell’incontro con Gallo, una conclusione dalla distanza che fa breccia in uno dei pochi momenti in cui Pavić non è irreprensibile. Il portiere del Mladost, infatti, neutralizza anche gli ultimi, disperati tentativi degli azzurri. Bacia il pallone ogni volta che salva il risultato. Ed è il primo ad alzare le braccia prima del triplice fischio che sancisce la prima volta europea della Croazia. Nove anni dopo, l’Italia si ferma ancora una volta a un passo dall’oro. Ma a Budapest non fece tanto scalpore, oggi sì perché è un argento conquistato con un gruppo – sì, un gruppo – rivoluzionato da un anno a questa parte e con numerosi giovani tanto inesperti quanto generosi e impagabili per abnegazione. A Shangai torneremo a presentarci tra le favorite: è soprattutto dalle sconfitte che si costruiscono i successi più luminosi. Il futuro è anche nostro. Basta volerlo, Federazione e società in primis.

 

Sabato 11 settembre 2010

CROAZIA-ITALIA 7-3 (2-2, 1-0, 2-0, 3-1)

Mladost Sports Center, Zagabria

CROAZIA: Pavić, Joković 1, Bošković 2, Burić, Barač 1, Sukno, Dobud; Muslim 1, Karač, Bušlje 2, Hinić, Obradović, Buljubašić. All. Rudić.

ITALIA: Tempesti, Gallo 1, Fiorentini, Gitto, Figlioli 1, Presciutti, Aicardi; Pastorino ne, Luongo 1, Bertoli, Felugo ne, Giacoppo, Deserti. All. Campagna.

ARBITRI: Tulga (Turchia) e Stavridis (Grecia).

NOTE: superiorità numeriche Italia 1/8, Croazia 3/7. Spettatori 5000. Presenti in tribuna il presidente della FIN Paolo Barelli, il segretario generale della FIN Antonello Panza ed il presidente della Repubblica croata Ivo Josipović.

 

ALBO D’ORO EUROPEI PALLANUOTO

1926 Ungheria
1927 Ungheria
1931 Ungheria
1934 Ungheria
1938 Ungheria
1947 ITALIA
1950 Olanda
1954 Ungheria
1958 Ungheria
1962 Ungheria
1966 Urss
1970 Urss
1974 Urss
1977 Ungheria
1981 Germania Ovest
1983 Urss
1985 Urss
1987 Urss
1989 Germania Ovest
1991 Jugoslavia
1993 ITALIA
1995 ITALIA
1997 Ungheria
1999 Ungheria
2001 Jugoslavia
2003 Serbia-Montenegro
2006 Serbia
2008 Montenegro
2010 Croazia

Simone Pierotti

PALLANUOTO: CROAZIA IN FINALE

Un rigore di Bošković decide una semifinale bellissima. E ora la Croazia può vincere il primo oro europeo.

Oggi in una piscina di Zagabria ammantata di scacchi bianchi e rossi ha vinto, ancor prima della Croazia, la pallanuoto. E, si badi bene, non è retorica. Ha vinto sugli spalti, perché i tifosi delle due nazionali hanno incitato i loro beniamini e ricoperto di fischi i rivali ma senza rendere incandescenti gli animi come – ahinoi – accadde sette anni fa a Kranj. E ha vinto in acqua, dove si è visto davvero il volto più bello di questa disciplina: azioni spettacolari, reti pregevoli, parate decisive, emozioni a non finire e, da sottolineare, arbitraggio all’altezza della situazione. La partita la vince la Croazia padrona di casa: dopo lo sgambetto del Montenegro all’esordio, gli uomini di Rudić non si sono più fermati e regalano ai loro connazionali una finale europea sette anni dopo l’argento di Kranj.

Il primo quarto è quello che, alla fine dei conti, risulterà decisivo perché si chiude con i croati avanti appena di un gol: entrambe le squadre schierano eccezionali tiratori dal perimetro, ma in questi otto minuti iniziali hanno la meglio le rispettive retroguardie. Che propongono uno schema utilizzato da più squadre a Zagabria: tutti a pressing con le sole eccezioni dei giocatori in posizione 2 e 3. Ed è in particolar modo la Serbia a soffrire questo tipo di difesa: la squadra di Dejan Udovičić arriva poche volte al tiro e, quando lo fa, si affida ai giocatori meno indicati, vedi Prlainović che fin da subito tradisce la sua giornata di luna storta. A far infiammare i 5mila di Zagabria è Burić dal centro, il suo compagno recchelino Nikić riporta l’equilibrio e infine un altro giocatore del settebello ligure, il serbo Filipović, causa il rigore che Bošković realizza. Ritmi ancor più frenetici nel secondo parziale, dove non ci sono momenti di noia: una sassata di Joković (che suicidio applicare la zona in 2 e in 3 con un simile tiratore…) dà alla Croazia il massimo vantaggio, poi Udovičić emerge dal guscio accorciando le distanze con una prodezza e servendo a Nikić un pallone invitante per il 3-3. Gli ultimi tre minuti sono quanto di meglio possa offrire la scuola pallanotistica dei Balcani: Obradović gonfia la rete con un destro che spiazza un Soro poco concentrato, Gocić sfrutta il vantaggio numerico, Bošković segna dalla distanza con Soro ancora complice e Rađen conferma la potenza della Serbia quando attacca con un uomo in più. A nemmeno venti secondi dall’intervallo lungo il pareggio dei campioni del mondo sembra in cassaforte, ma  a fil di sirena Burić spara addosso a Soro che, con un intervento goffo, fa carambolare la palla oltre la linea di porta.

All’inizio del terzo tempo Joković imita Burić mettendo a segno la sua personale doppietta: favorito da una difesa serba troppo morbida, il mancino dello Jug Dubrovnik si esibisce in un tiro che è sintesi tra precisione chirurgica e incredibile potenza, tanto che la palla sbatte sul palo di sostegno della rete e ritorna in campo. Il canovaccio, però, è di quelli già visti migliaia di volte: la Croazia comanda e tenta la fuga, la Serbia tallona a breve distanza, fa sentire il fiato sul collo e poi rimette tutto in equilibrio. Lo fa nuovamente con un diagonale imprendibile di Gocić dalla mano sbagliata – davvero eccezionale la prova del neoacquisto del Latina – e con una stoccata vincente di Filipović. Il tutto intervallato da un gol annullato a Burić in superiorità numerica perché riceve il pallone all’interno della linea dei due metri: a pochi secondi dal termine la Croazia ripropone lo stesso schema e stavolta il difensore recchelino, autentico uomo ovunque oggi pomeriggio, si fa servire al di qua del birillo rosso, riportando avanti per l’ennesima volta la Croazia. Nell’ultimo parziale il leit motiv è sempre lo stesso, con i padroni di casa sempre in vantaggio ed i serbi ad acciuffarli. L’episodio chiave avviene a cinque secondi dal termine: dopo la respinta di Soro sul tiro di Muslim, la Croazia riprende palla e viene servito Burić a centroboa. Il difensore recchelino si gira e costringe al fallo da rigore Filipović: è il match-ball per la formazione di Rudić. I 5mila sugli spalti accompagnano Bošković all’esecuzione: l’ex giocatore dello Jug non si fa tradire dall’emozione e supera Soro, scatenando un urlo collettivo. Nel (pochissimo) tempo che rimane Prlainović prova a rimediare ad una giornata, per lui, piuttosto deludente. Ma la sua conclusione è imprecisa. La Croazia spezza l’incantesimo che l’aveva quasi sempre vista soccombere contro la Serbia. Che, dopo World League e Coppa FINA, non riesce a centrare la terza finale di un anno comunque denso di soddisfazioni. E adesso Rudić vuole regalarsi l’ennesima impresa di una carriera già incredibile.

Giovedì 9 settembre 2010

SERBIA-CROAZIA 9-10 (1-2, 4-4, 2-2, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

SERBIA: Soro, Filipović 1, Rađen 1, Gocić 3, V. Udovičić 1, Prlainović, Nikić 1; G. Pijetlović ne, Avramović, Vapenski ne, D. Pijetlović 1, Aleksić, Mitrović 1. All. D. Udovičić.

CROAZIA: Pavić, Joković 2, Bošković 3, Burić 3, Barač, Sukno, Dobud; Muslim 1, Karač, Bušlje, Hinić, Obradović 1, Buljubašić. All. Rudić.

ARBITRI: Naumov (Russia) e Borrell (Spagna).

NOTE: superiorità numeriche Serbia 7/10, Croazia 3/8. Spettatori 5000.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: DERBY BALCANICO IN SEMIFINALE

Nuovo capitolo della saga dei Balcani: Croazia-Serbia è l’altra semifinale degli Europei di Zagabria.

Se è vero, come dicevano i nostri antenati latini, che historia magistra vitae, l’auspicio è che dalle parti di Zagabria abbiano appreso la lezione fornita dal recente passato e che non ci facciano assistere ad uno spettacolo indecoroso come quello di sette anni fa a Kranj, che tutto fece alla pallanuoto fuorché bella pubblicità. Per l’ennesima volta le strade di Croazia e Serbia si incrociano. E per questo derby balcanico vale lo stesso parallelismo fatto per l’altra semifinale, quella tra Ungheria e Italia: le due squadre si affrontarono nell’anticamera della finalissima a Budapest, nel 2001. La Serbia si chiamava ancora Jugoslavia, anche se di quella realtà territoriale rimaneva ormai il nome. E vinse, battendo gli azzurri nell’atto supremo.

La notizia, dunque, è che il Montenegro non potrà difendere lo storico titolo conquistato due anni fa a Málaga. Vi è di più: non potrà concorrere neppure per una medaglia. Gli squali rossi di Petar Porobić escono di scena per mano dei “cugini” serbi – gli stessi che sconfissero nella finalissima agli Europei in Andalusia – al termine di una partita a dir poco tirata, povera di gol (undici) così come Italia-Germania. Inevitabile che la sfida si giocasse sul filo del rasoio, senza che una delle due contendenti prevalesse nettamente nei confronti dell’altra: il Montenegro conduce sempre e la Serbia lo riacciuffa prontamente, fino a compiere il sorpasso decisivo nel quarto tempo. Inutile assalto del Montenegro nei secondi finali: Soro salva su Vukčević, poi sulla ribattuta Ivović fallisce miseramente. Su questa impresa si legge, nitida, la firma di Vanja Udovičić: il capitano mette a segno quattro delle sei reti serbe. Serbi che portano a compimento la vendetta nei confronti del “traditore” Šefik, il portiere protagonista di mille battaglie che proprio quest’anno ha scelto la nazionalità montenegrina. E adesso sotto con un altro derby, quello (infinito) contro la Croazia. Nella finale degli Europei di Kranj sappiamo tutti come finì: lancio di oggetti in acqua, scontri tra tifosi, incidenti a Belgrado e Novi Sad e pure un incidente diplomatico tra i due paesi. Una situazione favorita anche dallo scarso numero di forze dell’ordine, insufficiente per far fronte all’afflusso delle due tifoserie. Sette anni fa si giocava in campo neutro, questa volta è la Croazia a godere del sostegno del pubblico di casa. Un motivo in più per non sottovalutare il problema dell’ordine pubblico.

Si sono giocate anche i quarti di finale valevoli per i piazzamenti dal settimo al dodicesimo posto: se era stata preventivata la vittoria della Spagna ai danni di una Russia mai caduta così in basso (e la serie negativa prosegue dopo essere arrivata nona a Belgrado e decima a Málaga), non altrettanto si può dire del 9-6 inflitto dalla Turchia alla Macedonia. Per la nazionale guidata da Sinan Turunc è una vittoria a suo modo storica: nel peggiore dei casi i turchi chiudererebbero al decimo posto, mai si erano spinti così in alto. Vittoria limpida quella con i balcanici, mai capaci di cogliere il pareggio, anche momentaneo: gli eroi di giornata, è il caso di dirlo, sono Oytun Okman (tripletta), Alican Çağatay e Yiğithan Hantal (doppiette).

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

QUARTI DI FINALE 7°-12° POSTO

Spagna-Russia 9-6

Turchia-Macedonia 9-6

QUARTI DI FINALE 1°-6° POSTO

Italia-Germania 6-2

Montenegro-Serbia 5-6

PROGRAMMA SEMIFINALI

Serbia-Croazia

Italia-Ungheria

OGGI IN ACQUA – TORNEO FEMMINILE

ore 15.30  Ungheria-Spagna (finale 5°-6° posto)

ore 17.30  Italia-Grecia (semifinale)

ore 19.30  Russia-Olanda (semifinale)

Simone Pierotti