LA PORTI UN’OCCASIONE A FIRENZE

Il capoluogo toscano ospiterà a giugno le finali di World League di pallanuoto: un’opportunità da sfruttare.

Non sarà un Mondiale, né tantomeno un’Olimpiade. Rimane, pur sempre, uno dei principali appuntamenti della stagione sportiva. Tre anni dopo Genova, all’Italia viene nuovamente appaltata l’organizzazione della Super Final della World League di pallanuoto maschile e, questa volta, la scelta è ricaduta su Firenze, altra città dalle grandi tradizioni. Si giocherà dal 21 al 26 giugno alla piscina Costoli, già nel 1999 teatro dei primi Europei di pallanuoto slegati dalle altre discipline acquatiche.

Quella della decima edizione della World League sarà un’occasione da cogliere senza la minima esitazione. Lo sarà per il Settebello allenato da Sandro Campagna, innanzitutto: nel capoluogo toscano giungerà l’elite della pallanuoto europea e mondiale – quasi scontata la presenza di Australia e Stati Uniti – e questo evento fungerà da banco di prova per gli imminenti Mondiali di Shangai. Lo sarà anche per Firenze e la Toscana: terra che ha dato molto in termini di atleti – da Gianni De Magistris e Gianni Lonzi fino a Leonardo Sottani e Stefano Tempesti -, da qualche anno è uscita dai circuiti della grande pallanuoto, come dimostrano i dieci anni trascorsi dall’ultima finale scudetto della Rari Nantes Florentia e la grave crisi che sta attraversando, tra le donne, la Fiorentina Waterpolo, sbattuta fuori dalla Coppa dei Campioni dopo il turno preliminare giocato interamente nel capoluogo toscano. Per i fiorentini sarà dunque un’opportunità per riavvicinarsi alla Nazionale e per riassaporare dolci ricordi: fu proprio alla Costoli, in una calda notte di estate, che la Rari Nantes Florentia vinse il suo nono e, ad oggi, ultimo scudetto.

Soprattutto, sarà un’opportunità per l’Italia, nel senso di Federazione Nuoto. L’ultimo grande evento ospitato nel nostro paese è stato il Mondiale di Roma di due anni fa: un evento che, più che per i record di Federica Pellegrini, per le medaglie nei tuffi e nel nuoto di fondo e per il pessimo risultato delle due nazionali di pallanuoto, rischia di essere ricordato come un altro, ennesimo scandalo «all’italiana». Nonostante uno stanziamento di 400 milioni di euro, alcuni impianti – vedi la faraonica Città dello Sport a Tor Vergata – non furono terminati in tempo utile per l’inizio della manifestazione. Non solo: il Polo Natatorio di Ostia fu inaugurato in fretta e furia, con la foresteria adibita ad ospitare gli atleti priva di luce ed acqua. E, soprattutto, sorsero numerose piscine nei circoli privati – quelle ad uso pubblico erano ancora un cantiere a Mondiali abbondantemente conclusi -, undici delle quali sequestrate più di un anno fa in quanto abusive. A livello di immagine fu una mazzata per l’Italia, tanto più che nei primi giorni le gare dei tuffi si svolsero in una vasca del Foro Italico mentre gli operai erano ancora intenti, martello pneumatico alla mano, ad ultimare le tribune.

Il Comune di Firenze ha già annunciato una spesa di 200mila euro per un’adeguata ristrutturazione della Costoli. Un impegno economico notevole, con i tempi che corrono per le pubbliche amministrazioni. Eppure necessario, se si vuol restituire un minimo di credibilità alla capacità dell’Italia di ospitare – ed organizzare – manifestazioni sportive di alto livello.

Simone Pierotti

LA NAZIONALE FRANCESE VESTE NIKE

Dopo quasi quarant’anni di onorato servizio, la maglia della nazionale francese di calcio non avrà più lo storico marchio Adidas. Il 9 febbraio, con Francia-Brasile, la prima uscita ufficiale dell’era Nike.

Maglia FranciaA me sembra una bella maglietta, anche se mi ricorda un po’ quella dell’Italia.
Laurent Blanc, commissario tecnico della nazionale francese.

È stata presentata ufficialmente ieri sera a Parigi la nuova maglia della nazionale francese a marchio Nike, in stile retrò anni ’50, interamente blu, senza righe, bande e losanghe, e con chiusura a polo, sul modello di quella italiana. In veste di indossatori, hanno sfilato per l’occasione: Yann M’Vila, Alou Diarra, Abou Diaby e Florent Malouda.

Come deciso già nel febbraio 2008, il contratto tra la Federazione francese e la Nike, durerà dall’inizio di quest’anno fino al 2018. E in questi sette anni porterà nelle boccheggianti casse del calcio transalpino circa 43 milioni di euro all’anno a titolo di sponsorizzazione: la cifra più alta della storia, buona per fare arrossire i 20 milioni di euro annui incassati allo stesso titolo da un’altra potenza calcistica come la Germania.

Per l’Adidas, eterna rivale della Nike sul terreno dell’abbigliamento (e non solo) sportivo, questa sconfitta commerciale è piuttosto dura da metabolizzare, e segue quelle altrettanto recenti subite in Brasile e in Olanda. Infatti, l’inizio del connubio calcistico tra Francia e Adidas risaliva al 1972, quando la multinazionale tedesca aveva rimpiazzato il colosso nazionale di Le Coq Sportif come fornitore ufficiale.

La celebre maglietta blu, anzi bleu, già con lo stemma del galletto, ma ancora orfana di sponsor, aveva visto la luce il 19 marzo 1919 a Bruxelles, in occasione della partita amichevole contro il Belgio. Tra i geloni invernali e le saune estive dei calciatori, a quell’epoca si adottavano tessuti penitenziali come la lana e la flanella, e con questi si sarebbe andati avanti fino alla liberazione degli anni ’50, grazie all’arrivo del cotone.

Il fregio dello sponsor sul petto, a fianco dell’immancabile coq, arriverà invece nei primissimi anni ’70; e dal 1972 l’Adidas imporrà immediatamente il proprio inconfondibile stile con le tre righe bianche verticali sulle maniche, sia sulla maglia blu ufficiale, che su quella rossa di riserva. A parte la breve parentesi del 10 giugno 1978 per la partita del Mondiale d’Argentina contro l’Ungheria, quando, causa un disguido, verrà sfoderata una scioccante maglia a strisce bianco-verdi, il primo cambiamento si avrà nel 1980, con Michel Platini e compagni a esibirsi con una scollatura a V adornata di righe gessate bianche verticali.

Ma per il coup de theatre, bisognerà lasciar trascorrere tutto il decennio, e nel 1990 gli stilisti dell’Adidas proporranno le nuove spalle tratteggiate di fiammelle rosse su uno sfondo bianco: una moda che sarà riproposta con alcune varianti (come le losanghe, sempre bianche e rosse, lungo un fianco) per tutti gli anni ’90.

Dal decennio scorso, poi, un discreto e graduale ritorno a una maggiore essenzialità, fino all’ultima partita della nazionale francese in veste Adidas: il 17 novembre 2010 a Wembley contro l’Inghilterra.

10 giugno 1978 Michel Platini

TUTTO IN … SEI MINUTI

Un Borussia da sogno distrugge la terza forza del campionato in soli sei primi di gioco

Borussia DortmundUn Borussia da sogno distrugge la terza forza del campionato in soli sei primi di gioco

In Germania c’è una squadra che sta stupendo il mondo: il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp, quarantaquattrenne allenatore nativo di Stoccarda già in passato alla guida del Magonza. Nessuno, infatti, si sarebbe aspettato che il BVB fosse in grado di mantenere un tale ritmo in questa prima metà di campionato: con quindici vittorie su diciotto partite i gialloneri stanno dominando incontrastati la Bundesliga con dodici punti di vantaggio sull’Hannover, secondo. A fare impressione dei Die Schwarzgelben è soprattutto il fatto che essi sono attualmente considerabili una macchina praticamente perfetta: miglior attacco (42 reti segnate) e miglior difesa del campionato (11 subite) sono lì a dimostrarlo.

Ma su cosa si fonda questo straordinario schiacciasassi che sta facendo impazzire il Signal Iduna Park? Stiamo quindi all’attualità ed andiamo ad analizzare l’ultima vittoria, ottenuta giusto lo scorso venerdì nell’anticipo di Leverkusen.

Partendo, ovviamente, proprio dalla disposizione in campo: Borussia che scende sul terreno della BayArena col suo solito 4-2-3-1 in cui, però, mancano due pedine di assoluta importanza: il bomber della squadra, Lucas Barrios (titolare in sedici delle precedenti diciassette partite), deve accomodarsi in panchina non essendo al meglio a livello di salute, mentre il fantasista, Shinji Kagawa, è in Qatar con la nazionale nipponica guidata da Alberto Zaccheroni, impegnato nel corso dell’attuale edizione della Coppa d’Asia. Il posto delle due stelle offensive del BVB viene quindi preso dal polacco Robert Lewandowski (alla seconda presenza da titolare in campionato, cui vanno aggiunti quindici ingressi dalla panca) e dal giovane Mario Götze, giovane stellina proveniente dal vivaio cui tutti, in Germania, pronosticano un futuro da star assoluta.

Ecco quindi che i nostri Die Schwarzgelben scendono in campo con il solito Weidenfeller in porta protetto da una linea a quattro cui fanno da cardini centrale Subotic ed Hummels, giovani difensori tra i più interessanti in circolazione in Europa. Le fasce, invece, sono presidiate da Schmelzer e Piszczek, terzini con licenza d’offendere. La coppia di centrocampisti è poi molto ben composta ed amalgamata, con Sven Bender a fare legna e Nuri Sahin ad impostare e creare gioco. Il tutto alle spalle del trio composto, da destra a sinistra, da Blaszczykowski, Götze e Großkreutz. Unica punta, infine, il già citato Lewandowski.

Di contro il Leverkusen deve rinunciare a Derdiyok, Barnetta e Vidal così che Jupp Heynckes decide di schierare un 4-4-2 con Adler in porta, una linea difensiva composta da Schwaab, Friedrich, Reinartz e Castro ed una linea di centrocampo con Augusto, Lars Bender, Rolfes e Sam. Di punta, quindi, la coppia Helmes- Kießling.

Tattiche diverse e capacità tecniche differenti si traducono in un differente approccio al match: da una parte una squadra, quella ospite, che punta molto sul possesso e sul tentativo di creare la superiorità numerica con gli inserimenti dei suoi trequartista e dall’altra una squadra, quella ospitante molto stretta e chiusa, in particolar modo nella propria metà campo, per cercare di contrastare quanto appena detto.

Bayer che ha quindi controllato discretamente nel primo tempo le avanzate avversarie proprio riuscendo a non regalare eccessivi spazi al Borussia. Il tutto pur trovando difficoltà in fase offensiva in particolar modo per la tendenza dei due giocatori di fascia sinistra (Castro e Sam, solitamente impiegati sull’out opposto) di accentrarsi per poter sfruttare al meglio il loro piede naturale.  In apertura di ripresa gli ospiti riescono subito a spaccare in due la partita, segnando ben tre reti nel giro di soli sei minuti. Ad aprire le danze è Großkreutz, abile a sfruttare un errore di Schwaab: sulla rimessa lunga di Piszczek è infatti possibile notare come Lewandowski e Götze si muovano per impegnare i due centrali difensivi dei Werkself che, così, lasceranno in situazione di uno contro uno proprio l’ala sinistra giallonera ed il terzino destro loro compagno di squadra che dimostrerà di non essere all’altezza delle aspettative bucando goffamente un colpo di testa (toccando in realtà il pallone con il braccio, sarebbe potuto essere rigore) che spiana la strada alla rete del vantaggio ospite.  Non contenta la retroguardia delle Aspirine decide di concedere un altro goal, poco più tardi.

Ed è un’azione, questa, che va osservata molto bene, perché rende davvero perfettamente l’idea di cosa possa diventare l’attacco giallonero in determinate circostanze. Subotic, pressato, alleggerisce su Weidenfeller che dopo aver controllato il pallone alza la testa, prende la mira ed effettua un lancio profondo alla ricerca di Lewandowski. Ancor prima che il pallone arrivi nella zona occupata dalla punta dell’est Europa possiamo notare come le due ali, Großkreutz e Blaszczykowski, attacchino la profondità, così da trovarsi già oltre al proprio compagno che fa da riferimento avanzato quando questo arriverà sul pallone, quasi all’altezza della trequarti avversaria. Qui possiamo quindi solo limitarci a fare la conta degli errori della difesa dei Werkself: innanzitutto Reinartz si fa battere con troppa facilità da Lewandowski sul gioco aereo, favorendo l’inserimento di Großkreutz che, a sua volta, sfrutterà la superficialità di Friedrich, assolutamente negativo nell’occasione, e la mancata diagonale di Schwaab per tagliare alle spalle di tutti e presentarsi a tu per tu con Adler, facilmente infilato nell’uno contro uno. Azione questa, insomma, che dà davvero bene l’idea di uno dei meccanismi di gioco del perfetto ingranaggio di costruito da Klopp: quando Sahin e Kagawa (o Götze, come nel caso in questione) non hanno l’opportunità di inventarsi qualcosa sfruttando tutta la loro tecnica e la loro fantasia ecco che possono diventare le ali, ficcanti quando partono in velocità, l’arma in più del BVB. L’attacco ad un’unica punta può infatti diventare, come per magia, uno splendido quanto temibilissimo tridente.

Tre minuti più tardi, poi, viene posta la definitiva parola fine sul match con un’azione costruita tutta in velocità che può essere tranquillamente usata a simbolo di una squadra oggi realmente fantastica: Piszczek batte una rimessa laterale all’interno della propria metà campo indirizzando la palla all’altezza della trequarti avversaria, dove sarà preda di Götze. Che, pressato, sa di non poter manovrare con il dovuto spazio e decide quindi di stoppare la palla in favore di Lewandowski il quale, a sua volta, la girerà immediatamente in direzione di un Großkreutz che coronerà la sua splendida prestazione allungandosi in scivolata per fare in modo che il pallone possa tornare a chi, di fatto, aveva cominciato l’azione: Mario Götze. Il trequartista campione d’Europa nel 2009 con l’under 17, quindi, s’infilerà con facilità alle spalle di una difesa ancora una volta ballerina, per poter battere facilmente il povero Adler.

Azione tutta in velocità e ricca di tocchi di prima che sintetizza bene il gioco di una squadra, il Borussia Dortmund, che come abbiamo detto in precedenza sta realmente facendo sognare i propri tifosi, abbinando risultati e bel gioco.

L’IPOCRISIA DELL’ESCLUSIONE OLIMPICA DEL GHANA

Lo scorso 13 gennaio, in occasione del meeting del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) tenutosi nel quartier generale di Losanna, il Ghana è stato sospeso per “interferenze politiche” nei confronti del Comitato Olimpico del paese (GOC).

Lo scorso 13 gennaio, in occasione del meeting del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) tenutosi nel quartier generale di Losanna, il Ghana è stato sospeso per “interferenze politiche” nei confronti del Comitato Olimpico del paese (GOC). Un provvedimento simile a quello preso il 1° gennaio di quest’anno ai danni del Kuwait, lo stesso che impedì all’Iraq di partecipare alle Olimpiadi di Pechino.

La sospensione del GOC comporterà l’annullamento dei fondi da parte del CIO e la sospensione delle competizioni olimpiche per atleti e dirigenti.

La disputa fra il CIO è il governo ghanese prosegue ormai da 18 mesi in quanto, ormai, esistono de facto due presidenti: Ben Tongo Baba, riconosciuto dal CIO, e Francis Dodoo, ex triplista e ora sociologo, sostenuto dal governo. In occasione delle elezioni del 2009 è stato scelto il secondo ma il rivale, presidente uscente, ha criticato le modalità di votazione e il CIO non ha riconosciuto l’esito delle urne.

Anche in altre federazioni, specialmente per la federazione calcistica (GFA), è avvenuto qualcosa di simile. Lo scorso novembre, per un posto nel comitato esecutivo della Confederation of African Football (CAF), la GFA aveva proposto il suo stesso presidente Kwesi Nyantakyi mentre il governo aveva provato ad imporre senza successo una vecchia conoscenza del calcio italiano, Abedì Pelé. Nei mesi successivi il governo ha fatto evidenti pressioni sulla GFA, tra cui un raid nei suoi uffici richiesto dall’Economic and Organised Crime Office, alla probabile ricerca  di prove che potessero costringere Nyantakyi a dimettersi.

Difficile dare un giudizio dall’Italia: in entrambi casi pare esserci stata un’evidente interferenza governativa, anche se quest’ultima è molto più evidente in ambito calcistico che nel comitato olimpico.

Il Ghana, però, è ben lontano dal rappresentare lo stereotipo del paese africano governato da un presidente-dittatore che si fa eleggere tramite elezioni farsa e che sfrutta le vittorie sportive per aumentare il proprio prestigio. Da più di un decennio, ormai, il paese gode di una certa stabilità, la quale ha interessato anche i risultati sportivi, soprattutto in ambito calcistico (finale in Coppa d’Africa, ottavi ai Mondiali sudafricani, vittoria ai Mondiali under 20).

Le elezioni nazionali del 28 dicembre 2008 in Ghana sono state da un certo punto di vista storiche perché hanno segnato un secondo cambiamento politico pacifico alle urne dopo quello del 2000, evento assai raro nel continente africano. John Atta-Mills del National Democratic Congress (NDC) ha preso il posto, come Presidente del paese, di John Agyekum Kufuor del New Patriotic Party (NPP) che governava da due mandati. Grazie a questa transazione positiva, il Ghana può ormai essere considerata una democrazia stabile.

Come accade in tutti paesi democratici, in occasione di questi passaggi di consegne episodi di spoil system sono inevitabili: basti pensare a quello che accade dopo ogni tornata elettorale in Italia alla nostra televisione pubblica. Il NPP in otto anni aveva occupato con i suoi uomini gran parte delle cariche pubbliche e, una volta al potere, il NDC ha cominciato la sua silenziosa controffensiva che ha toccato anche lo sport, da sempre utile e sottile strumento propagandistico.

A questo punto quello che potrebbe sembrare in apparenza un banale conflitto di potere ha assunto implicazioni molto vaste, in quanto i dirigenti sportivi, minacciati di perdere la loro carica, si sono cautelati facendo appello alle istituzioni sportive internazionali e accusando chi li voleva sostituire di “interferenze politiche”.

La Carta Olimpica, che rappresenta una sorta di costituzione, al punto 28.9 afferma:

«Apart from the measures and sanctions provided in the case of infringement of the Olympic Charter, the IOC Executive Board may take any appropriate decisions for the protection of the Olympic Movement in the country of an NOC, including suspension of or withdrawal of recognition from such NOC if the constitution, law or other regulations in force in the country concerned, or any act by any governmental or other body causes the activity of the NOC or the making or expression of its will to be hampered. The IOC Executive Board shall offer such NOC an opportunity to be heard before any such decision is taken.»

Per proteggere il Movimento Olimpico, il CIO ha quindi applicato il diritto di sospendere un comitato olimpico (NOC) nel caso di influenze politiche in esso. Similmente, la FIFA ha la possibilità di agire allo stesso modo nei confronti della GFA.

Ma perché proprio il Ghana? È evidente che il Ghana, o il Kuwait, non siano i soli NOC che subiscono pressioni politiche. Ad esser pignoli, tutti i NOC in un modo o nell’altro subiscono influenze politiche in quanto ricattabili economicamente dai governi da cui dipendono. Più concretamente, però, il Ghana paga il fatto di essere una democrazia giovane: i vecchi dirigenti si aggrappano al potere sfruttando la giurisdizione delle istituzioni politiche internazionali, i giovani rampanti, forti del loro passato da atleti e del fatto di essere amati dal pubblico, vengono sostenuti maldestramente e senza seguire le procedure dal governo alla ricerca di consensi.

Ma siamo sicuri che questa situazione sia peggiore rispetto a quella di altri stati che hanno ottenuto addirittura il diritto di ospitare Olimpiadi e Mondiali e in cui la presidenza dei NOC o delle federazioni è diretta emanazione di scelte governative? Perché il CIO e la FIFA continuano a preferire stati che rispettano formalmente le loro procedure, ma sostanzialmente usano lo sport come strumento politico, e puniscono stati che, pur rompendo formalmente le loro regole, stanno cercando di darsi solide istituzioni democratiche?

Fermo restando che ha storicamente dimostrato di preferire la stabilità alla democrazia, l’impressione è che stavolta il CIO si sia fatto trascinare in una disputa di politica interna piuttosto che non di mancato rispetto della Carta Olimpica. Perché se è vero che la sospensione del Ghana è giuridicamente ineccepibile, allo stesso tempo appare assolutamente ipocrita e incoerente. Paesi economicamente e politicamente più potenti del Ghana come Cina, Russia e Qatar, i cui dirigenti sportivi sono diretta emanazione di scelte governative, non sono mai stati nemmeno richiamati, eppure l’uso politico dello sport in queste realtà è all’ordine del giorno.

E,  in queste dispute politiche, a pagare sono sempre gli atleti. La sospensione è ovviamente temporanea, ma se entro il 2012 non si sarà giunti a una soluzione, l’auspicio è che gli atleti possano almeno trovare una formula che permetta loro di gareggiare.

LONDRA 2012 E LO SPORT FUORILEGGE

Tiro a Segno13 marzo 1996: nella cittadina scozzese di Dunblare, Thomas Hamilton, un quarantaquattrenne disoccupato, entra nella palestra della scuola elementare e fa fuoco ripetutamente uccidendo sedici bambini tra i cinque e i sei anni e la loro insegnante per poi togliersi la vita. Quest’episodio, tra i cui superstiti vi è anche il tennista Andy Murray, conosciuto come il massacro di Dunblare scatena una fortissima campagna che con il supporto della maggioranza dell’opinione pubblica porta il governo conservatore di John Major a sancire il bando da Inghilterra, Scozia e Galles per tutte le pistole con l’eccezione delle calibro 22 che verranno messe fuorilegge l’anno successivo dal governo laburista di Tony Blair.

Il bando, ancora in vigore, prevede limitatissime eccezioni e, a differenza di quanto avviene in paesi con legislazioni analoghe come il Giappone, tra queste non rientra l’attività sportiva dove solo nelle specialità olimpiche ben tre gare vengono disputate con armi fuorilegge nel Regno Unito: la Pistola 50 metri maschile, la Pistola 25 metri femminile e la Pistola a fuoco rapido. In questi anni i tiratori britannici hanno potuto detenere le loro armi ed allenarsi solo nell’Irlanda del Nord, l’Isola di Man o le Channel Islands o, come accade per i tiratori di maggior livello, utilizzare la Svizzera come base per lunghi collegiali di allenament0 anche se ogni tiratore può confermare quanto importante sia la confidenza con l’arma negli esercizi “a secco” di tutti i giorni.

L’unica eccezione a questo bando è stata fino ad ora concessa nel 2002, in occasione dei Giochi del Commonwealth che si sono svolti a Manchester. Tiratori con le loro armi scortati da guardie armate fino ai capelli dall’aeroporto di Heathrow al centro federale di Bisley nel Surrey, misure di sicurezza da allarme rosso anche durante le gare con il pubblico separato dal campo di gara da vetri blindati e soldati armati.

Scelta Londra come sede delle Olimpiadi del 2012, il Comitato Organizzatore si è trovato di fronte, dopo 8 anni, allo stesso problema mentre da parte loro gli atleti britannici hanno iniziato a fare pressione per poter combattere ad armi pari. Solo da alcuni mesi i tiratori inglesi, tra i quali Georgina Geikie, una potenziale medagliata all’appuntamento a cinque cerchi, possono detenere la loro arma in patria mentre è ancora molto limitato l’accesso ai poligoni. Per l’evento olimpico, inoltre, è stato scelto un impianto privo di ogni fascino per le tre prove ancora fuorilegge (e per tutte le gare di Tiro a Volo e a Segno): si tratta delle Royal Artillery Barracks (la sede dei reparti di Artiglieria) di Woolwich alla periferia di Londra , ancora operative come caserme ed al cui interno sarà montata una struttura temporanea.