PALLANUOTO: È IL GIORNO DEL SETTEBELLO

Giorno di chiusura agli Europei di Zagabria: Croazia e Italia si giocano l’oro (ore 21, diretta Rai Sport 1).

Una non mette al collo l’oro europeo da ormai quindici anni, l’altra non l’ha mai vinto. Chiunque trionferà stasera, dunque, scriverà un nuovo pezzo di storia della pallanuoto del Vecchio Continente. A Zagabria cala il sipario sugli Europei e nella piscina del Mladost andrà in scena la finalissima del torneo maschile: se per la Croazia padrona di casa era l’obiettivo minimo, la vera sorpresa è l’Italia di Sandro Campagna. Il Settebello, arrivato nei Balcani godendo di poco credito, ha rovesciato ogni pronostico ed ha raggiunto l’atto finale sconfiggendo lungo il percorso nazionali sulla carta più quotate come Spagna, Montenegro (campioni europei in carica, lo saranno ancora per poche ore) e Ungheria, vincitrice degli ultimi tre Giochi Olimpici. Tutto questo con una squadra profondamente rinnovata rispetto ai fallimentari Mondiali di Roma di un anno fa. E con alcune scommesse vinte, vedi il non ancora ventenne Stefano Luongo, finora a segno già sette volte, o il richiamo di Arnaldo Deserti, centroboa che ha fruttato pochi gol eppure fondamentale nell’economia del gioco azzurro. Ritroviamo da avversario quel Ratko Rudić che ha creato la leggenda del Settebello nella prima metà anni Novanta (due Europei, un Mondiale, una Coppa FINA ed un’Olimpiade), ha dato impulso al movimento pallanotistico negli Stati Uniti e che, adesso, sta facendo grande la sua Croazia, unica squadra a sconfiggere gli azzurri nel girone eliminatorio. Finora l’Italia ha dato dimostrazione di grande solidità in difesa, con Tempesti autentica muraglia umana, e di grande coesione, sapendo vincere a dispetto di assenze pesanti, vedi Figlioli contro la Spagna e Felugo nella semifinale. E contro l’Ungheria ha funzionato pure l’attacco, rivelatosi a volte il nostro punto debole.

La Croazia, dal canto suo, godrà innanzitutto del sostegno di cinquemila spettatori pronti a vestirsi di bianco e rosso. E poi ha in Jug Dubrovnik e Mladost Zagabria i suoi blocchi principali: alcuni giocatori, insomma, conoscono a memoria i movimenti dei loro compagni. Il punto di forza è sicuramente la fisicità: se gli arbitri lasciano correre, non sarà bizzarro assistere nuovamente a Burić o Bušlje che trascinano lontano dalla linea dei due metri i nostri centroboa e lo stesso dicasi per i giocatori posizionati lungo il perimetro. La chiave tattica per battere i croati sarà, probabilmente, questa: consueta difesa a zona mista – tutti a pressing tranne i difensori in posizione 2 e 3 – per indurre l’avversario a tirare con il timore di subire una contrifuga in caso di errore. Lo schema può apparire rischioso considerando le bocche da fuoco balcaniche – Bošković, Joković, Muslim e Sukno – ma è pur vero che Tempesti ha dimostrato in questo Europeo di poter fornire numerose garanzie.  In attacco, poi, saranno fondamentali i movimenti dei giocatori senza palla, premesso che la Croazia giocherà molto probabilmente a pressing poiché potrà far valere kili e centimetri in abbondanza. Al resto penseranno la tensione che ogni finale porta con sé e la capacità di sfruttare le superiorità numeriche.

Infine, qualche curiosità: Croazia-Italia è anche una partita che mette di fronte due paesi che hanno avuto contatti diretti nella prima metà del Novecento (si pensi ai possedimenti italiani in Istria ed in Dalmazia). Non sarà una partita qualunque per Ratko Rudić, tecnico croato che ha lasciato ricordi indelebili nel nostro paese, al punto da meritarsi la cittadinanza italiana per meriti sportivi. Non sarà una partita qualunque per Deni Fiorentini, nazionale azzurro nato a Spalato da padre croato – il suo secondo cognome è Jovanović – e madre italiana, che qualche anno fa fu convocato proprio nella selezione che oggi affronta da avversario. E non sarà una partita qualsiasi per il difensore croato Damir Burić, pure lui in possesso del passaporto italiano, e per il ventenne Sandro Sukno, cresciuto in Italia quando papà Goran allenava la Rari Nantes Salerno. Da non dimenticare, poi, il confronto tra l’allievo (Sandro Campagna) ed il maestro (Ratko Rudić): chi la spunterà?

Così a Zagabria (ore 21, diretta Rai Sport 1):

CROAZIA: Pavić, Joković, Bošković, Burić, Muslim, Sukno, Dobud; Obradović, Buljubašić, Karač, Barač (c), Hinić, Bušlje. All. Rudić.

ITALIA: Tempesti (c), Gallo, Fiorentini, Gitto, Figlioli, Presciutti, Aicardi; Pastorino, Luongo, Bertoli, Giacoppo, Deserti. Indisponibile: Felugo (infortunato). All. Campagna

ARBITRI: Tulga (Turchia) e Stavridis (Grecia).

 

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

FINALE 9°-10° POSTO

Grecia-Turchia 10-7

FINALE 7°-8° POSTO

Spagna-Romania 7-8

FINALE 5°-6° POSTO

Germania-Montenegro 6-14

RISULTATI TORNEO FEMMINILE

FINALE 3°-4° POSTO

Italia-Olanda 12-14

FINALE 1°-2° POSTO

Grecia-Russia 6-11

CLASSIFICA FINALE – TORNEO FEMMINILE

1 ) Russia

2 ) Grecia

3 ) Olanda

4 ) ITALIA

5 ) Ungheria

6 ) Spagna

7 ) Germania

8 ) Croazia

Simone Pierotti

PALLANUOTO: PALOMBELLA RUSSA

Dopo Belgrado 2006 e Málaga 2008, a Zagabria terzo oro europeo consecutivo della Russia in campo femminile.

“Siamo tutti esuli dal nostro passato” ebbe a dire il celebre scrittore russo Fëdor Dostoevskij. Anche la nazionale russa di pallanuoto femminile lo è. Perché, dopo anni di anonimato, di successi solamente accarezzati, la Russia ha voltato pagina ed è diventata la regina – anzi, la zarina – indiscussa del Vecchio Continente. Dopo gli ori conquistati a Belgrado e Málaga ecco la terza sinfonia, eseguita a Zagabria: la nazionale di Aleksandr Kabanov, un orso con un cuore grande così, supera in finale con un netto 11-6 una Grecia apparsa comunque in crescita nel corso del torneo. Unica nota negativa la scarsa cornice di pubblico presente: è vero che non giocava la Croazia padrona di casa, ma in casa LEN sono sicuri che la pallanuoto abbia ancora appeal?

Come era già stato osservato precedentemente, si contendevano l’oro quelle che, attualmente, sono da considerarsi le due eccellenze della pallanuoto femminile in Europa. Tra i club – Coppa LEN e Coppa dei Campioni sono andate a squadre elleniche, in finale contro due russe – e naturalmente, tra le nazionali. Perché Russia-Grecia, un anno fa, fu anche la finale per il bronzo ai Mondiali di Roma, posto che là davanti Stati Uniti e Canada erano inarrivabili. Ieri al Foro Italico come oggi a Zagabria è stato un trionfo delle russe, segno che attualmente sono una spanna sopra le elleniche. Probabilmente tutto è ruotato attorno alle pressioni: molte giocatrici greche erano alla prima finale europea con la loro selezione, la maggioranza delle russe era reduce dai trionfi di Belgrado e Málaga. E fin dall’inizio non c’è assolutamente storia: la Russia è micidiale in attacco, sostenuta anche dalla giornata nera di Tsouri, portiere di indiscusso livello che, però, stecca proprio al momento decisivo. Sulla vittoria finale, manco a dirlo, è impresso il nome delle quattro giocatrici che hanno preso per mano la squadra e l’hanno condotta al successo: il capitano Sof’ja Konuch, la svelta Evgenia Ivanova, la specialista dei rigori Ekaterina Prokofieva ed il centroboa Ol’ga Beljaeva, che ha assicurato un cospicuo bottino di reti (otto) svolgendo, al contempo, un prezioso gioco di squadra. E si materializza così la vendetta di Aleksandr Kabanov, sconfitto pochi mesi fa nella finale di Coppa dei Campioni con il suo Kinef Kiriši per mano del Vouliagmeni, squadra ateniese che fornisce alla nazionale di Morfesis il maggior numero di giocatrici.

Passando proprio alla Grecia, la squadra ha espresso una buona pallanuoto nel corso dell’Europeo, aggiudicandosi pure un girone eliminatorio che, con l’eccezione della modesta Croazia, comprendeva la Russia stessa ed un’Italia imprevedibile, capace di grandi prestazioni ma anche di errori grossolani. Il gruppo è mancato, non certo in tutte le sue componenti, proprio nella finale. Dove hanno comunque ben figurato Angeliki Gerolymou (è lei la miglior marcatrice del torneo con 17 reti) e, soprattutto, Alexandra Asimaki: il centroboa tascabile del Vouliagmeni ha dimostrato che, pur senza un fisico da granatiere, sa farsi valere sui due metri ed ha segnato quattro reti. Più in generale, il movimento pallanotistico ellenico dimostra di proseguire nella giusta direzione: il ciclo avviato con il clamoroso argento ai Giochi di Atene del 2004 ha portato in dote una World League, un quarto posto mondiale e, soprattutto, le prime affermazioni dei suoi club, che finora hanno resistito all’invasione straniera. Continuando ad accumulare esperienza, molto probabilmente, arriverà il momento in cui si concluderà l’egemonia delle zarine.

Venerdì 10 settembre 2010

GRECIA-RUSSIA 6-11 (1-3, 3-3, 1-2, 1-3)

Mladost Sports Center, Zagabria

GRECIA: Tsouri, Antonakou, Roubesi, Psouni, Gerolymou 2, Liosi, Asimaki 4; Kouvdou, Tsoukala, Melidoni, Avramidou, Manolioudaki, Lara. All. Morfesis.

RUSSIA: Kovtunovskaja, Glyzina 2, Soboleva 1, Ryžova-Aleničeva, Konuch 2, Prokofieva, Beljaeva 1; Protsenko ne, Pustynnikova, Tankeeva 1, Antonova 1, Ivanova 2, Gaufler. All. Kabanov.

ARBITRI: Margeta (Slovenia) e Borrell (Spagna)

NOTE: superiorità numeriche Grecia 1/5, Russia 0/5. Uscita per limite di falli Psouni (G) a 6’43” del quarto tempo.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: SETTEBELLO DA FAVOLA

Capolavoro del Settebello che batte l’Ungheria 10-8 e ritrova la finale europea dopo Budapest 2001.

Tanti avevano sognato di scriverlo (anche noi, lo confessiamo). Di urlarlo ai quattro venti. Ma, appunto, pensavamo che fosse solo un sogno. Ora, invece, è la dolce, dolcissima realtà: il Settebello, nonostante la pesantissima assenza di Maurizio Felugo, domina la semifinale con l’Ungheria vincitrice degli ultimi tre Giochi Olimpici (l’avreste mai detto?) e conquista la finale degli Europei, dove (ri)troverà Ratko Rudić e la sua Croazia, gli unici che finora possono vantarsi di averci battuto. Tanti i paralleli con Budapest 2001, ultimo Europeo che ha regalato una medaglia al Settebello: in semifinale battemmo l’Ungheria, l’allenatore era proprio Sandro Campagna. E non mancano analogie pure tra gli ultimi gol azzurri segnati nei due incontri. Quello del Settebello è un autentico capolavoro. Non è una partita perfetta, ma sfruttiamo cinicamente le superiorità numeriche, come le grandi squadre sanno fare, e dimostriamo di essere un gruppo compatto, formidabile. E un monumentale Tempesti neutralizza pure due rigori. Da brividi.

Nell’Italia è Fiorentini il giocatore chiamato a sostituire l’indisponibile Felugo, dall’altra parte Madaras e Biros sono le guide di un gruppo di baldi giovani. Nei primi minuti regna sovrano l’equilibrio tra due squadre contratte: portieri e difese vigilano molto attentamente e le conclusioni sbattono sulle braccia avversarie (Gitto e Fiorentini) o sui cartelloni pubblicitari (Kis, Gallo e Madaras). Poi, a metà frazione, l’Italia passa: Gallo serve sull’altro versante Figlioli che, contrariamente da quanto ci si aspetterebbe, va a segno con un’elegante palombella anziché con una delle sue conclusioni potenti. In un sol colpo regaliamo la prima superiorità numerica all’Ungheria e pure un rigore (fallo abbastanza evidente di Gallo ai danni di Szívos): Biros potrebbe subito pareggiare ma Tempesti compie il miracolo e respinge il tiro, a dir la verità centrale, del capitano ungherese, unico superstite della squadra campione d’Europa nel 1999. Gli sforzi del portiere azzurro vengono premiati dai compagni: l’Italia gode della prima superiorità numerica, Gallo colpisce due pali nella stessa azione e, fortunatamente, Presciutti riprende il pallone scaraventandolo sul palo lontano. Nel finale regaliamo un altro uomo in più all’Ungheria e questa volta Hosnyánszky colpisce la traversa, poi anche Deserti centra un legno con una meravigliosa beduina. Andiamo al primo intervallo sul doppio vantaggio e in otto minuti l’Ungheria non ha ancora fatto gol a Tempesti: sembra davvero ritornato il Settebello di un tempo. Ma l’incanto ha breve durata, perché i magiari vengono inevitabilmente allo scoperto e in pochi minuti segnano ben tre reti: due di queste, entrambe opera di Norbert Madaras, consentono alla formazione di Kemény di recuperare lo svantaggio e di portarsi sul 3-3. Ma l’Italia rimette subito il naso avanti: il merito è di Valentino Gallo, bravissimo a scovare un cunicolo stretto stretto in cui infilare il pallone del 4-3. E tutto questo a tredici secondi dalla fine.

I magiari sono avversari tosti, abituati a lottare. E lo dimostrano in apertura del terzo parziale, quando Kis approfitta di un’indecisione di Bertoli per battere Tempesti con un rovescino. Gli ungheresi ci raggiungono ancora, ma questa sarà l’ultima volta. Perché l’Italia, da adesso, inizia veramente a offrire il meglio del suo repertorio: Figlioli buca Szécsi con un tiro diretto dai cinque metri, Gitto non spreca una superiorità numerica. 6-4. Kemény, infuriato, spedisce tra i pali il secondo portiere Nagy nel tentativo di chiudere le maglie della difesa, sperando che i suoi uomini in fase offensiva siano più incisivi. L’Ungheria, quando attacca in superiorità, dimostra di essere in possesso di grandi palleggiatori e, soprattutto, tiratori: è Madaras a castigarci con un gran sinistro ad incrociare che spiazza Tempesti. Ma l’Italia di stasera non si lascia impietosire e, con un gol fotocopia del primo, Gitto ci dà ancora il doppio vantaggio. Il settebello potrebbe poi allungare, ma commette due errori: Fiorentini spreca una controfuga, sul rovesciamento di fronte andiamo sotto di un uomo e consentiamo a Hosnyánszky di avvicinarsi alla porta e concludere indisturbato a rete. Finale incandescente: Luongo delizia il pubblico di Zagabria con l’ennesima prodezza di questi Europei e Tempesti respinge il secondo rigore della serata, ipnotizzando questa volta Daniel Varga. 8-6. Ancora otto minuti da giocare. Sono un’eternità ma stiamo legittimando il vantaggio. A meno di cinque minuti dall’ultima sirena l’episodio chiave: Dénes Varga esce per somma di falli e, nell’azione generata dalla sua espulsione, Giacoppo schiaccia in rete un passaggio con il contagiri di Presciutti. Per la prima volta l’Italia mette tre reti tra sé e l’Ungheria. Che non si dà per vinta e, anzi, va a segno con un’azione che farebbe la gioia di qualsiasi allenatore: Madaras sposta il gioco sulla destra per Biros, il capitano serve al centro Szívos che deve solamente appoggiare il pallone in rete. L’Italia, tuttavia, non si ferma più: Figlioli vede Nagy fuori dei pali e, dalla lunga distanza, decide di regalare la seconda palombella dell’incontro. Un gol che fa il pari con quello del definitivo 8-7 nella semifinale di Budapest di nove anni fa: guarda caso, a segnarlo fu un altro straniero naturalizzato, il rumeno Bogdan Rath. Szívos mantiene il risultato in bilico quando restano poco più di due minuti, ma è l’ultimo sussulto. Come nel 2001, finisce con gli azzurri che saltano in panchina e alzano le braccia in acqua e con i sostenitori ungheresi ammutoliti. Portiere insuperabile, difesa accorta, collettivo che manda in gol svariati giocatori e attacco che capitalizza pressoché tutte le superiorità numeriche. Sì, è tornato il Settebello. E ora vendichiamoci, con gli interessi, della sconfitta di qualche giorno fa.

Giovedì 9 settembre 2010

ITALIA-UNGHERIA 10-8 (2-0, 2-3, 4-3, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo 2, Fiorentini, Gitto 2, Figlioli 3, Presciutti 1, Aicardi; Pastorino ne, Luongo 1, Bertoli, Felugo ne, Giacoppo 1, Deserti. All. Campagna.

UNGHERIA: Szécsi, Madaras 3, Hosnyánszky 1, Biros, Dénes Varga, Daniel Varga, Kis; Nagy, Torok, Bundschuh, Vámos, Szívos 2, Harai. All. Kemény.

ARBITRI: Margeta (Slovenia) e Buch (Spagna)

NOTE: superiorità numeriche Italia 7/9, Ungheria 4/11. Uscito per limite di falli Denes Varga (U) a 2’45” del quarto tempo.  Tempesti (I) para un rigore a 4’23” del primo tempo a Biros e a 7’53” del terzo tempo a Dénes Varga.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: CROAZIA IN FINALE

Un rigore di Bošković decide una semifinale bellissima. E ora la Croazia può vincere il primo oro europeo.

Oggi in una piscina di Zagabria ammantata di scacchi bianchi e rossi ha vinto, ancor prima della Croazia, la pallanuoto. E, si badi bene, non è retorica. Ha vinto sugli spalti, perché i tifosi delle due nazionali hanno incitato i loro beniamini e ricoperto di fischi i rivali ma senza rendere incandescenti gli animi come – ahinoi – accadde sette anni fa a Kranj. E ha vinto in acqua, dove si è visto davvero il volto più bello di questa disciplina: azioni spettacolari, reti pregevoli, parate decisive, emozioni a non finire e, da sottolineare, arbitraggio all’altezza della situazione. La partita la vince la Croazia padrona di casa: dopo lo sgambetto del Montenegro all’esordio, gli uomini di Rudić non si sono più fermati e regalano ai loro connazionali una finale europea sette anni dopo l’argento di Kranj.

Il primo quarto è quello che, alla fine dei conti, risulterà decisivo perché si chiude con i croati avanti appena di un gol: entrambe le squadre schierano eccezionali tiratori dal perimetro, ma in questi otto minuti iniziali hanno la meglio le rispettive retroguardie. Che propongono uno schema utilizzato da più squadre a Zagabria: tutti a pressing con le sole eccezioni dei giocatori in posizione 2 e 3. Ed è in particolar modo la Serbia a soffrire questo tipo di difesa: la squadra di Dejan Udovičić arriva poche volte al tiro e, quando lo fa, si affida ai giocatori meno indicati, vedi Prlainović che fin da subito tradisce la sua giornata di luna storta. A far infiammare i 5mila di Zagabria è Burić dal centro, il suo compagno recchelino Nikić riporta l’equilibrio e infine un altro giocatore del settebello ligure, il serbo Filipović, causa il rigore che Bošković realizza. Ritmi ancor più frenetici nel secondo parziale, dove non ci sono momenti di noia: una sassata di Joković (che suicidio applicare la zona in 2 e in 3 con un simile tiratore…) dà alla Croazia il massimo vantaggio, poi Udovičić emerge dal guscio accorciando le distanze con una prodezza e servendo a Nikić un pallone invitante per il 3-3. Gli ultimi tre minuti sono quanto di meglio possa offrire la scuola pallanotistica dei Balcani: Obradović gonfia la rete con un destro che spiazza un Soro poco concentrato, Gocić sfrutta il vantaggio numerico, Bošković segna dalla distanza con Soro ancora complice e Rađen conferma la potenza della Serbia quando attacca con un uomo in più. A nemmeno venti secondi dall’intervallo lungo il pareggio dei campioni del mondo sembra in cassaforte, ma  a fil di sirena Burić spara addosso a Soro che, con un intervento goffo, fa carambolare la palla oltre la linea di porta.

All’inizio del terzo tempo Joković imita Burić mettendo a segno la sua personale doppietta: favorito da una difesa serba troppo morbida, il mancino dello Jug Dubrovnik si esibisce in un tiro che è sintesi tra precisione chirurgica e incredibile potenza, tanto che la palla sbatte sul palo di sostegno della rete e ritorna in campo. Il canovaccio, però, è di quelli già visti migliaia di volte: la Croazia comanda e tenta la fuga, la Serbia tallona a breve distanza, fa sentire il fiato sul collo e poi rimette tutto in equilibrio. Lo fa nuovamente con un diagonale imprendibile di Gocić dalla mano sbagliata – davvero eccezionale la prova del neoacquisto del Latina – e con una stoccata vincente di Filipović. Il tutto intervallato da un gol annullato a Burić in superiorità numerica perché riceve il pallone all’interno della linea dei due metri: a pochi secondi dal termine la Croazia ripropone lo stesso schema e stavolta il difensore recchelino, autentico uomo ovunque oggi pomeriggio, si fa servire al di qua del birillo rosso, riportando avanti per l’ennesima volta la Croazia. Nell’ultimo parziale il leit motiv è sempre lo stesso, con i padroni di casa sempre in vantaggio ed i serbi ad acciuffarli. L’episodio chiave avviene a cinque secondi dal termine: dopo la respinta di Soro sul tiro di Muslim, la Croazia riprende palla e viene servito Burić a centroboa. Il difensore recchelino si gira e costringe al fallo da rigore Filipović: è il match-ball per la formazione di Rudić. I 5mila sugli spalti accompagnano Bošković all’esecuzione: l’ex giocatore dello Jug non si fa tradire dall’emozione e supera Soro, scatenando un urlo collettivo. Nel (pochissimo) tempo che rimane Prlainović prova a rimediare ad una giornata, per lui, piuttosto deludente. Ma la sua conclusione è imprecisa. La Croazia spezza l’incantesimo che l’aveva quasi sempre vista soccombere contro la Serbia. Che, dopo World League e Coppa FINA, non riesce a centrare la terza finale di un anno comunque denso di soddisfazioni. E adesso Rudić vuole regalarsi l’ennesima impresa di una carriera già incredibile.

Giovedì 9 settembre 2010

SERBIA-CROAZIA 9-10 (1-2, 4-4, 2-2, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

SERBIA: Soro, Filipović 1, Rađen 1, Gocić 3, V. Udovičić 1, Prlainović, Nikić 1; G. Pijetlović ne, Avramović, Vapenski ne, D. Pijetlović 1, Aleksić, Mitrović 1. All. D. Udovičić.

CROAZIA: Pavić, Joković 2, Bošković 3, Burić 3, Barač, Sukno, Dobud; Muslim 1, Karač, Bušlje, Hinić, Obradović 1, Buljubašić. All. Rudić.

ARBITRI: Naumov (Russia) e Borrell (Spagna).

NOTE: superiorità numeriche Serbia 7/10, Croazia 3/8. Spettatori 5000.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: DERBY BALCANICO IN SEMIFINALE

Nuovo capitolo della saga dei Balcani: Croazia-Serbia è l’altra semifinale degli Europei di Zagabria.

Se è vero, come dicevano i nostri antenati latini, che historia magistra vitae, l’auspicio è che dalle parti di Zagabria abbiano appreso la lezione fornita dal recente passato e che non ci facciano assistere ad uno spettacolo indecoroso come quello di sette anni fa a Kranj, che tutto fece alla pallanuoto fuorché bella pubblicità. Per l’ennesima volta le strade di Croazia e Serbia si incrociano. E per questo derby balcanico vale lo stesso parallelismo fatto per l’altra semifinale, quella tra Ungheria e Italia: le due squadre si affrontarono nell’anticamera della finalissima a Budapest, nel 2001. La Serbia si chiamava ancora Jugoslavia, anche se di quella realtà territoriale rimaneva ormai il nome. E vinse, battendo gli azzurri nell’atto supremo.

La notizia, dunque, è che il Montenegro non potrà difendere lo storico titolo conquistato due anni fa a Málaga. Vi è di più: non potrà concorrere neppure per una medaglia. Gli squali rossi di Petar Porobić escono di scena per mano dei “cugini” serbi – gli stessi che sconfissero nella finalissima agli Europei in Andalusia – al termine di una partita a dir poco tirata, povera di gol (undici) così come Italia-Germania. Inevitabile che la sfida si giocasse sul filo del rasoio, senza che una delle due contendenti prevalesse nettamente nei confronti dell’altra: il Montenegro conduce sempre e la Serbia lo riacciuffa prontamente, fino a compiere il sorpasso decisivo nel quarto tempo. Inutile assalto del Montenegro nei secondi finali: Soro salva su Vukčević, poi sulla ribattuta Ivović fallisce miseramente. Su questa impresa si legge, nitida, la firma di Vanja Udovičić: il capitano mette a segno quattro delle sei reti serbe. Serbi che portano a compimento la vendetta nei confronti del “traditore” Šefik, il portiere protagonista di mille battaglie che proprio quest’anno ha scelto la nazionalità montenegrina. E adesso sotto con un altro derby, quello (infinito) contro la Croazia. Nella finale degli Europei di Kranj sappiamo tutti come finì: lancio di oggetti in acqua, scontri tra tifosi, incidenti a Belgrado e Novi Sad e pure un incidente diplomatico tra i due paesi. Una situazione favorita anche dallo scarso numero di forze dell’ordine, insufficiente per far fronte all’afflusso delle due tifoserie. Sette anni fa si giocava in campo neutro, questa volta è la Croazia a godere del sostegno del pubblico di casa. Un motivo in più per non sottovalutare il problema dell’ordine pubblico.

Si sono giocate anche i quarti di finale valevoli per i piazzamenti dal settimo al dodicesimo posto: se era stata preventivata la vittoria della Spagna ai danni di una Russia mai caduta così in basso (e la serie negativa prosegue dopo essere arrivata nona a Belgrado e decima a Málaga), non altrettanto si può dire del 9-6 inflitto dalla Turchia alla Macedonia. Per la nazionale guidata da Sinan Turunc è una vittoria a suo modo storica: nel peggiore dei casi i turchi chiudererebbero al decimo posto, mai si erano spinti così in alto. Vittoria limpida quella con i balcanici, mai capaci di cogliere il pareggio, anche momentaneo: gli eroi di giornata, è il caso di dirlo, sono Oytun Okman (tripletta), Alican Çağatay e Yiğithan Hantal (doppiette).

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

QUARTI DI FINALE 7°-12° POSTO

Spagna-Russia 9-6

Turchia-Macedonia 9-6

QUARTI DI FINALE 1°-6° POSTO

Italia-Germania 6-2

Montenegro-Serbia 5-6

PROGRAMMA SEMIFINALI

Serbia-Croazia

Italia-Ungheria

OGGI IN ACQUA – TORNEO FEMMINILE

ore 15.30  Ungheria-Spagna (finale 5°-6° posto)

ore 17.30  Italia-Grecia (semifinale)

ore 19.30  Russia-Olanda (semifinale)

Simone Pierotti