L’OSSESSIONE DI RECCO

Alla scoperta del Mladost Zagabria, rappresentante della pallanuoto croata alla Final Four di Eurolega a Roma.

Più che a quello attuale, comunque pericoloso, l’attenzione della Pro Recco è rivolta al Mladost Zagabria del tempo che fu. Quello delle sette Coppe dei Campioni – oggi Eurolega – in bacheca, record continentale al quale aspirano i liguri adesso che la Final Four di Roma (3-4 giugno) si avvicina a grandi passi. Curiosità: i croati, in semifinale, saranno attesi da un’equilibrata sfida contro il Partizan di Belgrado, altra aspirante ad alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie per la settima volta nella sua storia.

La Hrvatski Akademija Vaterpolo Klub Mladost – parola che in croato significa “gioventù”, sorta di corrispondente balcanico della nostrana Juventus di calcio – vede la luce nel 1946 ed in breve tempo diventa una delle potenze della pallanuoto jugoslava: negli anni Sessanta vince tre campionati nazionali e, soprattutto, tre Coppe dei Campioni consecutive (1967, 1968 e 1969). E i trionfi proseguiranno anche quando, trenta anni dopo, la Croazia diventerà uno stato indipendente.

Il presidente Luka Miličić ha dotato il tecnico Vjekoslav Kobeščak – era in acqua nel 1996, anno dell’ultima affermazione continentale del Mladost – di una squadra altamente competitiva: proprio dalla Pro Recco è arrivato il campione premiato pochi mesi fa come miglior pallanotista dell’anno, Vanja Udovičić. Che, ironia della sorte, dovrà sfidare in semifinale i connazionali – ed ex compagni di squadra – del Partizan Belgrado. In fase offensiva, il punto di forza del Mladost è stato il gigante Petar Muslim (2 metri per 105 chili), ieri centroboa e oggi attaccante che milita nella nazionale campione d’Europa: fino ad oggi ha segnato 29 reti nell’Eurolega. La retroguardia può contare su due estremi difensori di indubbio valore come Pavić – le sue parate hanno regalato l’oro alla Croazia agli ultimi Europei – ed il macedone Perčinić. A proposito di nazionali: altri elementi di spicco sono Ivan Buljubašić, difensore con la passione per la saga di “Star wars”, ed i non più giovani Frano Karač (34 anni) ed Igor Hinić (36 anni), centroboa con trascorsi in Italia al Brescia.

L’unico neo è la discontinuità di risultati in Europa: dopo un brillante turno preliminare, chiuso al primo posto nel girone pur con qualche ombra (vedi la stringata vittoria ad Atene su un Olympiakos in preda ad una gravissima crisi economica e la disfatta – 14-7 – a Belgrado contro il Partizan), il bilancio dei quarti di finale è assai meno rassicurante. Al di là della doppia sconfitta patita contro la Pro Recco, la squadra si è arresa anche al Primorje Rijeka,  superato  poi nell’incontro di rivincita a Zagabria, con tanta fatica. E solamente un gol ha separato il Mladost da quelli che sarebbero stati due preoccupanti pareggi contro il Vasas Budapest, ultimo del girone con un misero punto. Quando, però, un allenatore può permettersi tutti quei campioni appena menzionati, tutto può succedere. Anche di tornare a vincere il trofeo dopo quindici anni di digiuno.

DOLCE MONTENEGRO

Alla scoperta del Budva, abbordabile avversario della Pro Recco in semifinale di Eurolega.

La fortuna, si sa, aiuta gli audaci. E la Pro Recco non poteva chiedere di meglio per la semifinale della Final Four di Eurolega, in programma il 3 e 4 giugno prossimi alla piscina del Foro Italico a Roma: i campioni italiani e continentali hanno pescato il Budva, la meno accreditata tra le formazioni montenegrine, già affrontata – e battuta –  sia all’andata che al ritorno nella fase eliminatoria a gironi. Occhio, però, a non abbassare troppo la guardia.

Fondato nel 1947 nell’omonima cittadina, uno dei centri del turismo balneare in Montenegro, il Vaterpolo Klub Budva è la meno blasonata delle grandi squadre della pallanuoto del minuscolo stato balcanico: in bacheca figurano solamente uno scudetto, risalente addirittura ai tempi dell’ex Jugoslavia (1994), ed una Coppa del Montenegro conquistata tre anni fa. In ambito europeo, il massimo risultato raggiunto dal Budva sono le semifinali dell’ormai defunta Coppa delle Coppe nel 1996 e, per due stagioni consecutive (2007 e 2008), della Coppa LEN.

Indipendentemente da quello che sarà l’esito della Final Four capitolina, si può dire che il Budva la sua coppa l’ha già vinta: delle quattro finaliste è, infatti, l’unica ad aver iniziato il cammino dal primo turno di qualificazione, anziché direttamente dai gironi eliminatori. Una squadra abituata a lottare ed a soffrire, quella guidata da Boris Krivokapić – per la prossima stagione ha già ricevuto il benservito, visti i pessimi risultati in patria -: in quattro occasioni ha vinto con appena un gol di scarto. Decisivo, ai fini della storica qualificazione, il 9-7 inflitto allo Jug Dubrovnik nei quarti di finale.

Sebbene, nella gerarchia della pallanuoto montenegrina, sia la terza squadra per ordine d’importanza dopo Primorac e Jadran, il Budva ha validissimi giocatori. Per la precisione, buona parte della nazionale che vinse gli Europei di Málaga nel 2008, come il mancino Damjan Danilović, i centroboa Vjekoslav Pašković e Nikola Vukčević (migliori marcatori della squadra in Eurolega con 17 e 15 reti a testa) ed i mastini Milan Tičić e Predrag Jokić, che in Italia ha indossato le calottine di Sori, Savona ed anche Recco, che ritroverà dunque da avversario in semifinale.  Assoluta garanzia tra i pali, dove si accomoderà Denis Šefik, serbo poi naturalizzato montenegrino. Da tenere d’occhio il ventunenne Justin Boyd, astro nascente della pallanuoto canadese, così come il difensore con licenza di segnare Ivan Žanetić (ben 12 gol nella cavalcata verso la finale) e l’arzillo vecchietto – 38 anni – Petar Trbojević. Curiosità: uno è croato, l’altro è serbo. Come dire: bando alle tensioni tra i vari popoli, quando c’è da vincere ci si può unire sotto la stessa bandiera.

LO SCIÀ DI PERSIA

Argento alla Fina Development Trophy per l’Iran di Paolo Malara, che ha risvegliato gli entusiasmi nella vecchia Persia.

Ha vinto tutte le partite del torneo tranne una. Quella decisiva. Poco male: la qualificazione alla finalissima non era passata inosservata, sui quotidiani e sulle agenzie di stampa nazionali. Paolo Malara, ex ct del Settebello, guida la nazionale iraniana di pallanuoto maschile al secondo posto della terza FINA Water Polo Development Trophy, competizione riservata a dodici selezioni nazionali provenienti dall’Africa, dalle Americhe e dall’Asia. Dalle aree, insomma, in cui la pallanuoto non ha ancora raggiunto la notorietà acquisita in Europa ed in pochissimi altri paesi fuori del Vecchio Continente.

Dopo aver fatto svolgere le prime due edizioni in Kuwait, nel 2007 e nel 2009, il massimo organo mondiale degli sport acquatici decide di far ospitare la terza a Dammam, in Arabia Saudita. Ci sono i padroni di casa. Ci sono Algeria, Marocco e Tunisia, nonostante i tumulti di inizio anno nell’Africa mediterranea. Ci sono i campioni in carica del Kuwait. C’è anche Singapore, che ha destato scalpore ai Giochi asiatici per i copricostumi “osè”. E c’è pure l’Iran, dallo scorso marzo allenato da Paolo Malara, già alla guida delle nazionali francese e italiana.

I persiani vengono inseriti nel girone A: devono vedersela con Trinidad & Tobago (terzi due anni fa), Kuwait, Antille Olandesi, Tunisia e Marocco. Non sbaglia un colpo il settebello di Malara: incoraggiante esordio per 14-9, sofferto successo (7-6) sui detentori del trofeo, vittoria roboante per 15-5. Dopo il tranquillo 14-10 rifilato alla Tunisia, la finalissima è ormai ad un passo: nell’ultima giornata c’è da affrontare il Marocco, ultimo nel girone, a secco di punti. Malara, tecnico di esperienza, mantiene alta l’attenzione dei suoi giocatori: niente braccino corto, Marocco sconfitto con un secco 19-3. Per l’Iran è la prima finale di una competizione internazionale dal 1974, anno in cui vinse i Giochi asiatici.

Tra i giovani ragazzi guidati da Malara e la medaglia d’oro c’è l’Arabia Saudita. Che ha, dalla sua parte, il fattore campo. In acqua è sfida vera: finisce 4-4, si va ai supplementari e poi ai rigori. Dove i sauditi si rivelano più freddi, più precisi. Per il settebello persiano, andato per l’occasione in pellegrinaggio a La Mecca, è comunque il miglior risultato di sempre dopo la sopraccitata vittoria ai Giochi asiatici. Dopo anni di cocenti delusioni, vedi la mancata qualificazione proprio alla recente rassegna continentale e l’ultimo posto in Coppa FINA ad Oradea, ecco un argento reso ancor più scintillante dal solo mese di lavoro avuto a disposizione da coach Malara e dall’assenza dell’astro nascente Nima Khoshbakht per problemi di visto. E c’è pure la “benedizione” di Niculae Firoiu, membro del Comitato tecnico della FINA e vecchia gloria della pallanuoto rumena. Che i fasti dell’antico impero persiano siano destinati a rivivere – almeno nel panorama asiatico – nel settebello di Malara?

LA PALLANUOTO A PORTATA DI PALMO

In arrivo il primo videogioco di pallanuoto disponibile per iPhone, iTouch e iPad.

Sono oltre quindicimila, su Facebook, ad attendere con impazienza il grande giorno. Sono gli iscritti al gruppo “We want Pro Evolution Waterpolo on PS3, XBox360, Wii and PC”. Ad onor del vero, le loro aspettative andranno in parte deluse, ma meglio che nulla… La prossima settimana dovrebbe – il condizionale è d’obbligo, alla luce dei numerosi problemi riscontrati – essere finalmente lanciato “H2O Polo”, videogioco di pallanuoto disponibile per iPhone e iTouch e, in tempi brevi, perfino per l’iPad. Che sarà acquistabile su iTunes.

Niente consolle o computer, dunque. Ma tutto, letteralmente, a portata di mano. Anzi, di dita. Il merito è di Aquasapiens, nome dietro cui si celano Srđan Mihajlević e Vibor Čilić, due croati che da dieci anni vivono negli Stati Uniti. Cresciuti a Spalato nello stesso quartiere frequentando le stesse scuole, Srđan e Vibor si ritrovano a New York in età più avanzata: entrambi sono andati negli States per studiare e poi lavorare, entrambi coltivano la pallanuoto come passatempo – uno è allenatore, l’altro giudice di gara.

Nel tempo libero si dedicano anche ai videogiochi. Vibor ha un’intuizione: tutti possono giocare a calcio o pallacanestro al computer o sulla Play Station, perché non fare anche la pallanuoto, lo sport per cui vanno matti? Prende così vita “H2O Polo”: annunciato agli Europei di Zagabria, il videogioco viene prodotto negli Stati Uniti e dovrebbe essere lanciato sul mercato a novembre. Ma nel frattempo non mancano gli inconvenienti, sotto forma di bug, e così l’uscita slitta di qualche mese: inviato finalmente alla Apple, che lo dovrà rendere compatibile per iPhone, iTouch ed anche iPad, tra una settimana verrà svelato.

Non è, comunque, il primo videogioco in assoluto dedicato alla pallanuoto: nel 1987 ci pensò la Gremlins, storica produttrice di videogame, che portò lo sport di Calcaterra e Kasás sull’indimenticato Commodore 64. Piuttosto rudimentale e spartano nela grafica, come del resto si addiceva a gran parte dei videogiochi dell’epoca, “Water polo” brillava comunque per giocabilità. Ma non ebbe seguito negli anni in cui un altro colosso del divertimento elettronico, la EA Sports, lanciò i vari Fifa, Nba e Nhl. Niente da fare, poi, quando ogni quattro anni uscivano nei negozi i videogiochi dedicati alle Olimpiadi.

Rimasta fuori dalla grande distribuzione, la pallanuoto virtuale entra da una porta di servizio di Internet, finendo sui siti dei videogiochi da fare online. Ma la grafica, con la piscina che assomiglia ad un campo da calcio colorato di azzurro, e la giocabilità lasciano molto a desiderare. Successivamente è la volta di Pc Waterpolo, gioco manageriale simile a Football Manager e Scudetto: qui si scelgono squadre realmente esistenti – Pro Recco, Jug Dubrovnik, Partizan Belgrado – con giocatori reali, ciascuno designato con un valore medio che ne indica la forza. L’idea è buona, ma Pc Waterpolo presenta alcuni limiti, vedi l’impossibilità di prolungare i contratti dei giocatori prima della scadenza o le difficoltà nella gestione del mercato.

Adesso, però, la pallanuoto sembra essersi finalmente ritagliata il proprio spazio. Per di più, sugli strumenti di ultima generazione come la linea di prodotti Apple. I due autori sperano di fare un’ottima pubblicità alla pallanuoto e di attirare così nuovi appassionati: l’obiettivo è viaggiare attorno ai 2mila-3mila download giornalieri per farne il videogioco di sport più popolare. Pura utopia? Staremo a vedere.

C’ERAVAMO TANTO ODIATI

Si va verso un possibile ingresso dei serbi nella Jadranska Liga, dove giocano croati, montenegrini e sloveni.

La vecchia Jugoslavia di Tito è un ricordo ormai sbiadito: quel paese rivive solo nelle menti di chi è cresciuto negli anni Settanta e Ottanta, nelle mappe ingiallite degli atlanti stampati in quel periodo. La vecchia Jugoslavia unita rimase sotto le macerie della guerra che scoppiò nei Balcani venti anni fa, vittima del nazionalismo che fece la sua avanzata nei vari paesi: ognuno va avanti per la propria strada, covando l’odio per i vicini di casa che, fino al giorno prima, erano da considerarsi fratelli. Eppure, venti anni dopo, lo sport sembra riunire di nuovo, idealmente, sotto un’unica bandiera gli stati balcanici.

Risale, infatti, a qualche settimana fa la proposta dei vertici della Federnuoto serba di iscrivere tre delle loro squadre alla Jadranska Liga, la Lega Adriatica. Nato nel 2008-09, è un campionato che comprende squadre di Croazia, Montenegro e Slovenia, istituito con l’intento di dare maggior visibilità alla pallanuoto, grazie alla garanzia di un campionato più incerto e spettacolare e dal maggior tasso tecnico. L’idea di un campionato internazionale nei Balcani l’aveva già partorita Aleksandr Šoštar, oggi presidente del Partizan Belgrado, ai tempi dell’Europeo di Kranj ma venne concretizzata solamente cinque anni più tardi. La nuova proposta incontra immediatamente i favori di dodici diverse squadre, di cui otto dalla Croazia, tre dal Montenegro ed uno dalla Slovenia: la prima, storica squadra vincitrice è lo Jug Dubrovnik e la Lega Adriatica tutto sommato piace. Tanto più che gli incontri tra squadre croate sono ritenuti validi ai fini anche della massima divisione nazionale. E, se la vecchia Jugoslavia fosse ancor oggi un’unica entità, la Jadranska Liga sarebbe il suo campionato (quasi) perfetto. Quasi, perché viene tagliata fuori la Serbia, espressione di una delle principali scuole pallanotistiche dei Balcani, inizialmente inclusa nel progetto assieme a Grecia ed Ungheria.

E Belgrado, assieme ad altri paesi rimasti ai margini della neonata Lega Adriatica, decide di formare un altro campionato sovranazionale: l’Euro Interliga. L’Ungheria, schierando sei squadre, è la nazione più presente: completano il plotone delle partecipanti due serbe – Partizan e Vojvodina -, una rumena – Oradea – ed una slovacca – Hornets Košice. Anche in questo caso alcune partite, nella fattispecie quelle tra squadre ungheresi, hanno un valore anche nel rispettivo campionato nazionale. Lo scontro tra la scuola magiara e quella balcanica rende accattivante l’Euro Interliga, ma in acqua non c’è storia: trionfa il Partizan, vincendo tutte le diciotto partite in calendario. E anche nel campionato serbo il divario tra i grandi squadroni della capitale ed il resto della concorrenza è netto, abissale. Intanto la Jadranska Liga si amplia con l’ingresso dei montenegrini dell’Akadimija Kotor, che a primavera alzeranno la Coppa LEN.

Riparte, poi, una nuova stagione. Quella in corso. In Serbia nessuno riesce a detronizzare il Partizan: i bianconeri colonizzano il campionato già dopo sei giornate, senza mai incappare in una sconfitta o anche soltanto in un pareggio. Dietro provano a tenere (inutilmente) lo stesso passo la Stella Rossa ed il Vojvodina di Novi Sad. Poi il vuoto, con Belgrado e Žak che si contendono il penultimo posto e con il Niš ancorato nei bassifondi della classifica. Gli stimoli sembrerebbero venir meno.

I massimi organi della pallanuoto serba, dunque, decidono di fare uno storico passo in avanti: chiedono alla Jadranska Liga di far partecipare anche Partizan, Stella Rossa e Vojvodina al prossimo campionato. A Zagabria si riuniscono il segretario generale Marko Stefanović, il direttore tecnico Darko Udovičić ed il presidente della commissione internazionale Đorđe Perišić in rappresentanza dei serbi e gli ex campioni Perica Bukić, Milivoje Bebič e Tomislav Paškvalin come delegati della Jadranska Liga. Entrambe le parti fiutano l’affare: con l’ingresso di tre nuove squadre di indiscutibile valore il campionato ne gioverebbe in termini di spettacolo. Con conseguente aumento di pubblico e, possibilmente, di sponsorizzazioni. Non solo: si tratterebbe di una riunificazione – seppur non riconosciuta in ambito politico – di gran parte della vecchia Jugoslavia. E non può non balzare alla mente quanto accadde nel 1991, quando la nazionale maschile vinse i Mondiali di Perth e, qualche mese dopo, agli Europei di Atene dovette rinunciare ai suoi giocatori croati e sloveni: le rispettive federazioni sportive avevano infatti impedito ai loro atleti di gareggiare in qualsiasi competizione sotto la bandiera jugoslava.

Il nodo da sciogliere è quello economico: portare la Lega Adriatica a sedici squadre comporta un aumento delle partite da giocare e, soprattutto, dei costi. Ma a Zagabria non sembrano sussistere motivi per impedire l’apertura della Jadranska anche ai club serbi. La pallanuoto europea può crescere e salire ulteriormente alla ribalta. E, forse, anche ricucire qualche strappo nella rattoppata terra dei Balcani.