PALLANUOTO: L’ITALIA SI BEVE IL MONTENEGRO

Dopo il successo contro la Spagna, l’Italia batte anche il Montenegro (11-10) agli Europei di Zagabria.

Chi aveva già battuto il titolo “Amaro Montenegro”, per commentare quella che sembrava essere una probabile sconfitta dell’Italia contro i campioni europei in carica, ha dovuto ben presto rifare tutto da capo. Perché il Settebello, nella seconda uscita agli Europei di Zagabria, non sfigura. Anzi. Bissa la vittoria di ieri contro la Spagna e batte anche la squadra di Petar Porobić, indubbiamente una delle candidate più credibili all’oro continentale, al termine di un’altra battaglia all’insegna della sofferenza (11-10).

Tra le file dei montenegrini debutta tra i pali Šefik, il portiere che fino a due anni fa difendeva la porta della Serbia, mentre Campagna schiera lo stesso sette titolare della partita contro la Spagna, con un’unica eccezione: fuori Deni Fiorentini, dentro Figlioli, al rientro dopo la giornata di squalifica comminatagli alla Vodafone Cup in Ungheria. Ma il risultato non cambia, il Settebello parte bene. Benissimo. Dopo aver indotto all’errore il neoacquisto recchelino Ivović in situazione di superiorità numerica, è Felugo a gonfiare la rete proprio sul rientro di un giocatore avversario dal pozzetto. Si riparte dal centro: il Montenegro guadagna un’altra espulsione e, questa volta, Mlađan Janović non si fa pregare siglando il pareggio dei balcanici. Che, un minuto dopo, raddoppiano con Gojković. L’Italia non si perde d’animo e, dopo il salvataggio di Šefik su Gallo, raggiunge gli Squali rossi con Luongo che sorprende l’estremo difensore avversario. E quando la prima frazione volge ormai al termine, Gitto opera il sorpasso con un tiro diretto dalla linea dei cinque metri. Nel secondo quarto, poi, l’Italia cala il poker con una bordata di Deni Fiorentini: toccato il massimo vantaggio, gli azzurri replicano il gioco del gatto e del topo anche contro i montenegrini, che accorciano le distanze con Jokić che sfrutta un altro uomo in più. Il leit motiv prosegue con Figlioli che segna il suo primo gol in un Europeo: il Montenegro prova a cambiare tattica, dirottando i palloni a centroboa con la speranza di guadagnare espulsioni o rigori. A favore dei balcanici vengono decretate due massime punizioni e, dalla linea dei cinque metri, il savonese Mlađan Janović trafigge Tempesti in entrambe le occasioni. Di nuovo parità: 5-5. E così sarà pure a fine parziale, con Petrović che risponde al gol in superiorità di Figlioli.

Nell’intervallo l’Italia cambia – come da regolamento – la porta da difendere, ma non il proprio (efficiente) stile di gioco. E trova il nuovo vantaggio con Felugo che sfrutta l’espulsione temporanea di Petrović. Potrebbe allungare ulteriormente, ma il rigore di Figlioli si stampa sul palo. Scampato il pericolo, il Montenegro si proietta in avanti e, con Mlađan Janović in superiorità, riprende per la quarta volta gli azzurri. E, così come era successo nella frazione iniziale, i balcanici sorpassano ancora il Settebello con Nikola, il fratello maggiore degli Janović, un passato con la calottina del Posillipo. Ma è un fuoco di paglia: trascorrono trenta secondi e, dopo il salvataggio sulla conclusione di Figlioli, Šefik capitola sul giovane Luongo, che conferma così le belle premesse nel percorso di avvicinamento agli Europei. Poi Aicardi segna il primo gol dell’Italia dalla posizione di centroboa, ma Ivović in superiorità frena ancora la possibile fuga azzurra. Il match si decide, così, negli ultimi otto minuti: nel giro di venti secondi Mlađan Janović e Felugo si imitano vicendevolmente segnando all’altezza della linea del rigore, poi a poco più di due minuti dall’epilogo è di Christian Presciutti il gol della vittoria italiana, con l’attaccante del Brixia che buca il neoentrato Radić da dieci metri. Gitto prima e Tempesti poi, nella delicata fase difensiva, completano l’impresa del Settebello. A punteggio pieno dopo due giornate, a punteggio pieno dopo aver sconfitto vicecampioni del mondo e campioni d’Europa: se qualcuno lo avesse detto un mese fa, lo si sarebbe accusato di essere un visionario. Domani delicata sfida con la Romania, che questa mattina ha inflitto il secondo ko consecutivo alla Spagna.

Piccola nota a margine: la cronaca che avete letto è frutto del comunicato dell’ufficio stampa della Federnuoto italiana e del resoconto, minuto per minuto, sul sito ufficiale della Omega. Questo perché la televisione croata ha deciso di oscurare gli incontri del mattino, compreso quello degli azzurri. Difficile capire il motivo: qualche anno fa la LEN, massimo organo degli sport acquatici nel Vecchio Continente, aveva spinto affinché la pallanuoto avesse un suo Europeo, separatamente da quelli di nuoto. E tutto questo per garantire maggior visibilità (?). Questa sì che si chiama strategia di marketing.

Lunedì 30 agosto 2010

ITALIA-MONTENEGRO 11-10 (3-2, 3-4, 3-3, 2-1)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo, Figlioli 2, Gitto 1, Felugo 3, Presciutti 1, Aicardi 1;  Pastorino, Luongo 2, Bertoli, Giacoppo, Fiorentini 1, Deserti. All. Campagna.

MONTENEGRO: Šefik, Vukčević, Tičić, Ivović 1, N. Janović 1, M. Janović 5, Gojković 1; Radić, Petrović 1, Pasković, Danilović, Zloković, Jokić 1. All. Porobić.

ARBITRI: Kun (Ungheria) e Stravidis (Grecia).

NOTE: superiorità numeriche Italia 5/6, Montenegro 7/10. Al 3’30” del terzo tempo Figlioli sbaglia un rigore.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: VINCONO SERBIA E MONTENEGRO

Agli Europei di Zagabria esordio facile per la Serbia, il Montenegro fa suo il derby dei Balcani.

Prima giornata agli Europei di pallanuoto di Zagabria e primo derby tra nazionali balcaniche. Già dal debutto, insomma, il pubblico – a dir la verità poco numeroso, se non quasi inesistente – della capitale croata ha potuto assistere a incontri tanto interessanti quanto equilibrati.

La lunga giornata di apertura si apre con la sfida tra Turchia, di ritorno agli Europei dopo diciannove anni di assenza, e Romania: tutto fin troppo facile per il settebello di István Kóvacs che si impone con un netto 12-6, costruito soprattutto nel terzo quarto. Nella formazione rumena brilla soprattutto la stella di capitan Radu: il centroboa della Florentia mette a segno quattro reti personali. Porta invece la firma di Beşkardeşler il primo gol della Turchia: il centroboa del Galatasaray porta addirittura in vantaggio la squadra, realizzando l’1-0 in superiorità numerica. Il programma del primo giorno propone un’altra sfida tra nazionali che difficilmente lotteranno per il titolo continentale, quella tra Russia e Macedonia: i russi si presentano con un trittico di giocatori in età avanzata (il capitano Dmitrij Stratan, classe 1975, il centrovasca Marat Zakirov, 37 anni, ed il portiere Dmitrij Dugin, che di anni ne ha addirittura 42: tutti e tre avevano vinto l’argento olimpico a Sydney dieci anni fa), i macedoni portano a Zagabria una squadra rivoluzionata per sei tredicesimi rispetto ai Mondiali di Roma. Alla fine la spunta il settebello balcanico (10-9) grazie soprattutto alla tripletta di Vukšanović mentre lo stesso numero di reti non basta a Jurčik per evitare la sconfitta alla Russia.

Poi, finalmente, ecco le prime sfide dal maggior tasso tecnico: l’Ungheria soffre ma riesce a spuntarla per 10-8 su una Germania coriacea che l’aveva sconfitta un mese fa all’Otto Nazioni di Siracusa. Partita dall’esito incerto fin dall’inizio, con i magiari che allungano nel secondo e nel terzo tempo fino a toccare un massimo vantaggio di quattro reti, ma negli ultimi due minuti c’è da sgobbare per evitare il ritorno d’orgoglio dei tedeschi. Per la serie “gallina vecchia fa buon brodo”, il capitano Péter Biros segna quattro reti con un’invidiabile percentuale di 66.7% di realizzazione: nonostante il rinnovamento, dunque, sembrerebbero essere ancora i senatori a trascinare la nazionale di Kemény. Quanto alla Germania, gli uomini di Hagen Stamm non hanno prestato il fianco ai quotati avversari e, anzi, hanno fatto di tutto per rendere la partita più difficile del previsto: è mancata la vittoria, non il gioco. Molto più semplice il compito della Serbia, principale favorita per la vittoria finale, contro la rinnovata Grecia: troppo forti gli uomini di Dejan Udovičić, che si affermano con un 13-5 decisamente schiacchiante. A condurre i suoi compagni al successo, manco a dirlo, il capitano Vanja Udovičić, seguito a ruota dal centroboa recchelino Slobodan Nikić. Un dato significativo: Mylonakis e Kolomvos, i due centroboa ellenici, non hanno effettuato un solo tiro in porta. Attacco stratosferico e difesa imperforabile: davvero complicato sconfiggere questa Serbia.

Dopo il successo dell’Italia sulla Spagna, la prima giornata termina con il match-clou tra i padroni di casa della Croazia ed i campioni in carica del Montenegro, le altre due grandi favorite assieme alla Serbia. Come già accaduto in World League, i croati partono in quinta di fronte ad un avversario che sa come giocare a pallanuoto, salvo poi naufragare nei successivi minuti: succede anche contro il Montenegro, messo sotto nel primo tempo (3-1) ma capace di sfoderare un inequivocabile parziale da 6-2 nei successivi otto minuti. Il risultato finale è di 11-9 per gli uomini di Porobić: il contributo maggiore alla vittoria lo danno Nikola Janović, Ivović, Zloković e Jokić con due reti ciascuno. Inutili, per la squadra di Rudić, le doppiette della stella Miho Bošković e del difensore Bušlje. L’europeo croato, per la squadra organizzatrice, diventa subito una salita ripida.

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI 1a GIORNATA (TORNEO MASCHILE)

GIRONE A

Turchia-Romania 6-12

Italia-Spagna 7-6

Montenegro-Croazia 11-9

CLASSIFICA: Romania, Montenegro e Italia 3 pti, Spagna, Croazia e Turchia 0 pti.

GIRONE B

Russia-Macedonia 9-10

Ungheria-Germania 10-8

Serbia-Grecia 13-5

CLASSIFICA: Serbia, Ungheria e Macedonia 3 pti, Russia, Germania e Grecia 0 pti.

OGGI IN ACQUA

ore 10.00 Germania-Russia

ore 11.30  Spagna-Romania

ore 13.00  Italia-Montenegro

ore 16.30  Serbia-Ungheria

ore 18.00  Grecia-Macedonia

ore 20.40  Croazia-Turchia

Simone Pierotti

PALLANUOTO: DEBUTTO VINCENTE DELL’ITALIA

Agli Europei di Zagabria il Settebello inizia con la sofferta ma preziosa vittoria sulla Spagna (7-6).

È oramai opinione diffusa che, nella pallanuoto, non vince la squadra fisicamente più prestante o dal maggior tasso tecnico. Vince quella che sa sfruttare meglio le superiorità numeriche. Evidentemente Sandro Campagna, ct del Settebello, deve aver fatto ripetere fino alla nausea gli schemi ai giocatori. Perché l’Italia che batte 7-6 la Spagna al debutto agli Europei di Zagabria è una squadra che capitalizza le espulsioni a favore e, soprattutto, manda in confusione l’avversario quando si ha un compagno nel pozzetto: gli azzurri chiudono con 2 su 8 – ma in alcuni casi i giocatori hanno segnato proprio sul rientro dell’avversario -, gli iberici con 4 su 12. La chiave di lettura del (prezioso) successo azzurro sta tutta qui.

La vittoria, in realtà, è forse più netta di quanto non dica il 7-6 finale. Una vittoria nel pieno rispetto della tradizione italiana: gioco poco sfavillante eppure tremendamente pratico, assenza di autentici fenomeni ma collettivo di onesti condottieri che si aiutano reciprocamente, attacco poco propenso alle goleade e difesa ermetica. Non vi è un merito particolare di un singolo giocatore in questa vittoria, ma i due gol di Aicardi sono lo specchio di questo Settebello: il primo riflette il grande pragmatismo degli azzurri, il secondo ne incarna lo spirito guerriero e la voglia di non arrendersi. Certo, guai a lasciarsi andare a facili entusiasmi dopo una sola partita e Campagna lo sa bene. Ed in attacco, nelle situazioni a uomini pari, c’è ancora qualcosa da migliorare (va comunque sottolineata l’assenza per squalifica di Pietro Figlioli, il più pericoloso tra i cecchini del Settebello). Ma l’Italia vista in azione contro i vicecampioni del Mondo appassiona, lotta, soffre e riesce a trovare un successo fondamentale per nutrire la speranza di accedere al tabellone alto della seconda fase.

I primi due minuti fotografano alla perfezione i meriti del Settebello: dopo appena trentacinque secondi gli azzurri usufruiscono di un fallo commesso dalla Spagna sugli sviluppi di una ripartenza e Aicardi, preferito al più esperto Deserti, regala subito il vantaggio con un gol facile facile. Non passa un minuto e Felugo raddoppia dalla distanza. Se in fase offensiva il Settebello brilla per praticità, la retroguardia si dimostra all’altezza della situazione: la Spagna segna solamente una volta, con Minguell, in superiorità numerica e, al tempo stesso, ne spreca altre due. Non cade nello stesso errore l’Italia che, con uno schema da manuale, mette Presciutti nelle condizioni per andare a rete. Nel secondo parziale il gol lo realizza solamente la Spagna, con il mancino Xavi García che sfrutta l’espulsione temporanea di Gitto: entrambe le squadre fanno fatica a segnare con le difese schierate e così diventa difficile capire se sia più efficace la zona predisposta da Aguilar o il raddoppio in posizione 2 e 3 operato da Campagna. Dopo l’intervallo lungo, Aicardi riporta l’Italia al massimo vantaggio con una rete di prepotenza: il centroboa savonese non riesce a raggiungere i due metri, prova la conclusione dai 7 metri e, resistendo alla carica di due avversari, batte Aguilar. E, dopo l’acuto di Español, il Settebello allunga nuovamente con Luongo in superiorità numerica. Il quarto tempo è quello della resa dei conti: l’Italia inizia ad accusare la stanchezza, la Spagna sfodera la rapidità dei suoi nuotatori. Una deliziosa beduina di Valles, su cui Gitto chiude in ritardo, riapre ancora la sfida, ma poi una prodezza di Luongo – fa spostare Aguilar sulla sua destra per poi infilarlo sul palo opposto – dà ancora ossigeno all’Italia. La Spagna rincorre gli azzurri fino all’ultimo assalto: un fallo in attacco a meno di un minuto dal termine concede agli iberici la possibilità di pareggiare, Tempesti con gran tempismo esce e soffia il pallone diretto a centroboa a Minguell. Gli azzurri si lasciano andare ad un urlo di liberazione: l’avventura in Croazia inizia alla grande.

Domenica 29 agosto 2010

ITALIA-SPAGNA 7-6 (3-1, 0-1, 2-1, 2-3)

Mladost Sports Park, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo, Felugo 2, Fiorentini, Gitto, Presciutti 2, Aicardi 2; Pastorino, Luongo 1, Bertoli, Giacoppo, Deserti. All. Campagna.

SPAGNA: Aguilar, X. García 1, Molina, Perrone, Martín, Minguell 1, Valles 1; López, M. García, Sziranyi, Gallego, Español 2, Mallarach 1. All. Aguilar.

ARBITRI: Margeta (Slovenia) e Juhász (Ungheria).

NOTE: superiorità numeriche Italia 2/8, Spagna 4/12. Assente nell’Italia per squalifica Figlioli.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: I CONVOCATI PER ZAGABRIA

Ecco i nomi dei pallanotisti e delle pallanotiste italiani che difenderanno i nostri colori a Zagabria.

A pochi giorni dall’inizio degli Europei di Zagabria, i commissari tecnici Alessandro Campagna (Settebello) e Roberto Fiori (Setterosa) hanno diramato le convocazioni per la massima competizione continentale, in programma dal 29 agosto all’11 settembre. Da sottolineare come entrambi i tecnici abbiano deciso di voltare bruscamente pagina, rivoluzionando le loro nazionali rispetto ai Mondiali di nuoto di Roma di un anno fa. Tante le (giovani) novità, soprattutto in campo maschile.

Alessandro Campagna ha convocato i seguenti giocatori: Niccolò Gitto e Christian Presciutti (Brixia Leonessa Brescia), Zeno Bertoli e Valentino Gallo (CN Posillipo), Matteo Aicardi, Deni Fiorentini, Massimo Giacoppo e Giacomo Pastorino (Carisa RN Savona), Maurizio Felugo, Pietro Figlioli e Stefano Tempesti (Pro Recco), Arnaldo Deserti (RN Bogliasco) e Stefano Luongo (RN Sori). Rispetto a Roma, dunque, più esperienza e meno gioventù in porta – Pastorino al posto di Tommaso Negri – mentre sono ormai usciti dal giro della nazionale Buonocore, Alessandro Calcaterra (aveva annunciato il suo ritiro dal Settebello), Goran Fiorentini e Mistrangelo. Assente, invece, per squalifica Mangiante. Tra i giovani non sono poi stati confermati rispetto ad un anno fa Figari, Giorgetti e Rizzo, uno dei più positivi nel naufragio azzurro. Una curiosità: Goran Fiorentini viene sostituito dal fratello minore Deni che, qualche anno fa, fu convocato con la nazionale croata (i due fratelli, infatti, sono nati a Spalato da padre croato – il secondo cognome è Jovanović – e madre italiana). Il Settebello sarà in acqua già domenica: il debutto è contro la Spagna.

Tante giovani anche nel Setterosa: Roberto Fiori si affida al gruppo che conquistò l’oro europeo ai campionati Juniores per sperare nel miracolo. Le convocate: Giulia Emmolo e Giulia Gorlero (RN Imperia), Simona Abbate, Elena Gigli, Teresa Frassinetti, Aleksandra Cotti e Elisa Casanova (Fiorentina Waterpolo), Arianna Garibotti e Federica Radicchi (Orizzonte Catania), Federica Rocco (Plebiscito Padova), Silvia Motta (Varese Olona Nuoto), Rosaria Aiello (CC Ortigia) e Roberta Bianconi (Rapallo Nuoto). Con l’addio di Bosurgi, Di Mario, Gay e Lavorini non ci sono più reduci dello storico gruppo allenato da Formiconi che vinse Mondiali ed Europei e persino il titolo olimpico. Il Setterosa debutta martedì 31 agosto contro la Grecia.

Simone Pierotti

LA PRIMA GUERRA DELLA PALLANUOTO

Gli innumerevoli conflitti nei Balcani vissuti attraverso uno degli sport più popolari della regione: la pallanuoto.

Quando, nel 1926, si svolsero a Budapest i primi campionati europei riservati agli sport acquatici, la Jugoslavia era un’unica entità nazionale: all’epoca si chiamava Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni ed inglobava anche gli attuali territori di Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia e Montenegro. Di lì a tre anni sarebbe diventato, più semplicemente, Regno di Jugoslavia. La prima medaglia della nazionale di pallanuoto, tuttavia, arriva solamente nel 1950 ed è un bronzo: nel frattempo è nuovamente cambiata la situazione sul piano geopolitico. Pochi mesi dopo la conclusione della seconda Guerra Mondiale, infatti, era stata proclamata la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, anche se la transizione dalla monarchia alla nuova forma di governo era già avvenuta negli anni precedenti.

Una volta conquistato il bronzo a Vienna – strano scherzo del destino, giacché parte dei territori jugoslavi erano stati, un tempo, sotto il dominio dell’impero austro-ungarico -, la nazionale di pallanuoto siede fin da subito al tavolo delle grandi del Vecchio Continente: il settebello slavo salirà sul podio per ben otto edizioni consecutive, portando a casa quattro medaglie d’argento. Quasi sempre la squadra deve cedere il passo alle altre due potenze pallanotistiche d’Oltrecortina, Ungheria ed Unione Sovietica, ma si vede che manca poco per compiere il salto definitivo.

I primi successi. Negli anni Ottanta, quando iniziano i primi fermenti nazionalisti in seguito alla morte del maresciallo Tito, la Jugoslavia raggiunge finalmente l’apice sotto la guida del santone Ratko Rudić (nella foto a destra): ben due ori olimpici (1984 e 1988, entrambi conquistati ai danni degli Stati Uniti) ed il primo trionfo mondiale, nel 1986 a Madrid con una vittoria all’ultimo secondo sull’Italia. Ed è proprio sulla panchina del Settebello che andrà Rudić, lasciando spazio a Nikola Stamenić. Il nuovo allenatore si guadagna subito la stima dei vertici federali, vincendo nel gennaio 1991 i Mondiali a Perth: in finale la Jugoslavia supera di misura (9-8) la nascente Spagna dei vari Estiarte, Rollán e Sans. La forza della nazionale si basa tutta su due blocchi, quello serbo e quello croato, con il montenegrino Mirko Vičević, protagonista in Italia con la calottina del Savona, come unica eccezione.

Ma, proprio quando sembra che la nazionale balcanica non abbia avversari in grado di contrastarla, ecco piovere dal cielo una nuova tegola: la vittoria, avvenuta l’anno precedente, dei partiti anticomunisti di Jože Pučnik in Slovenia e, soprattutto, di Franjo Tuđman in Croazia. Iniziano le prime rivendicazioni di indipendenza, la situazione precipita e nell’estate del 1991 le autorità sportive croata e slovena proibiscono ai loro atleti di partecipare alle varie competizioni con la selezione jugoslava. Di lì a pochi giorni si aprono gli Europei ad Atene e la squadra di Stamenić, fresca vincitrice del Mondiale, deve rinunciare a cinque pezzi pregiati come Mislav Bezmalinović, Perica Bukić (oggi presidente della federpallanuoto croata), Ranko Posinković, Dubravko Šimenc e persino Ante Vasović, padre serbo e madre croata, appiedato dal suo club, lo Jadran Spalato. I sostituti, comunque, si rivelano all’altezza della situazione e la Jugoslavia sale per la prima volta sul tetto d’Europa: pochi mesi dopo Perth, in finale è nuovamente duello con la Spagna, battuta ancora una volta sul filo di lana (11-10). Croazia e Slovenia si separano. È, comunque, il canto del cigno della nazionale della Jugoslavia unita, giacché l’anno successivo nessuna delle selezioni balcaniche figurerà tra le partecipanti ai Giochi olimpici di Barcellona dove, peraltro, arrivano in finale due allenatori croati: da una parte Ratko Rudić sulla panchina dell’Italia, dall’altra Dragan Matutinović su quella della Spagna. Nel frattempo scoppia la guerra nei Balcani e Bosnia, Croazia, Macedonia e Slovenia ottengono l’agognata indipendenza: la vecchia Jugoslavia di Tito si sgretola, dalla bandiera viene rimossa la celebre stella rossa e a rappresentare la vecchia repubblica federale restano solo Serbia, Montenegro e Kosovo. La nuova nazionale, che rimane sotto la guida di Stamenić, soffre il definitivo addio della componente croata ed impiega qualche anno per rimettere al proprio posto i suoi pezzi: nel 1997, agli Europei di Siviglia, deve accontentarsi dell’argento e l’anno successivo finisce terza ai Mondiali di Perth. Inizia il nuovo millennio e, a dieci anni esatti dal primo trionfo continentale, la Jugoslavia torna nuovamente a dettar legge: chiusa la lunga era di Stamenić, è Nenad Manojlović il nuovo selezionatore. A Budapest serbi e montenegrini battono in finale l’Italia del nuovo corso di Sandro Campagna, che ha preso il posto di Rudic: l’argento in terra magiara rimane, tuttora, l’ultimo podio del Settebello agli Europei.

La battaglia di Kranj. Sebbene gli anni Novanta siano stati quelli che hanno deciso in via definitiva le sorti dei Balcani, è nella successiva decade che sport e politica incrociano maggiormente le loro strade. Lo scenario “perfetto” è quello disegnato dagli Europei del 2003: si gioca a Kranj, in Slovenia, ed in finale arrivano la Croazia e la neonata Serbia-Montenegro (che però sulle calottine riporta ancora la sigla YUG). In acqua ed in tribuna non mancano le scintille: una finale è pur sempre una finale e si affrontano due paesi separati un tempo da un odio reciproco. Alcuni tifosi croati forzano gli ingressi ed entrano senza pagare regolarmente il biglietto La Croazia conduce per lungo tempo l’incontro e arriva fino al 7-4, ma dall’altra parte c’è un avversario indomito che riesce a prolungare la sfida ai tempi supplementari, intervallati dalle medicazioni all’arbitro slovacco Kratovchil, colpito alla testa da un bullone: nella prima delle due proroghe il serbo Šapić segna il gol del definitivo 9-8. Sugli spalti si scatena l’inferno, complice un servizio di sicurezza inadeguato per la circostanza (appena quaranta gli agenti impiegati per controllare quasi tremila persone): gli uligani croati, molti dei quali ubriachi, sradicano i seggiolini e li lanciano con veemenza in acqua e verso le panchine. Un altro gruppo si avvicina alla zona delle tv e danneggia impianti e materiali, interrompendo per alcuni minuti il collegamento Rai. A rinfocolare gli animi ci pensano persino le autorità, con i ministri serbi Boris Tadić e Goran Svilanović che si danno alla pazza gioia: quest’ultimo addirittura si tuffa in acqua per festeggiare la squadra. Non è tutto: a Belgrado i tifosi scendono in strada per festeggiare ma, una volta viste le immagini in tv, si dirigono all’ambasciata croata. Vetri infranti, muri imbrattati, la bandiera a scacchi bianchi e rossi bruciata e sostituita con il tricolore serbo-montenegrino. Analoga situazione a Novi Sad, dove la folla inneggia addirittura ai criminali di guerra Mladić e Karadžić. Scoppia il caso diplomatico: Milan Simurdić, ambasciatore serbo in Croazia, viene convocato d’urgenza dal governo di Zagabria mentre il ministro degli Esteri Tonino Picula annulla una visita in Montenegro.

Dall’ex Jugoslavia alla Serbia. Passano tre anni: gli Europei si svolgono ancora nei Balcani, a Belgrado. Vince la Serbia padrona di casa, orfana però dei giocatori montenegrini: pochi mesi prima (21 maggio) un referendum aveva infatti sancito l’indipendenza del Montenegro, comunque riconosciuta dal governo serbo. Tuttavia, prima della scissione, sotto la bandiera delle due nazioni ancora unite la squadra aveva vinto la sua seconda World League, torneo che solitamente serve come banco di prova in vista degli eventi più importanti. E così la nazionale serba, ora allenata da Dejan Udovičić, passa alla storia per aver vinto quattro volte il titolo europeo con altrettante, diverse denominazioni. L’ultimo episodio degli intrecci tra sport e politica nei Balcani risale all’estate 2008, alla vigilia dei Giochi olimpici di Pechino: a Málaga arrivano in finale proprio Serbia e Montenegro, con vittoria, neanche poi sorprendente, di questi ultimi. La saga si è recentemente arricchita di un nuovo capitolo: a Zagabria indosserà la calottina montenegrina l’esperto portiere Denis Šefik, fino al 2008 in forza alla nazionale serba. La sua ultima apparizione risale ai Giochi di Pechino: qui si rese protagonista di un acceso diverbio (poi degenerato in rissa) all’interno del villaggio olimpico con Aleksandar Šapić, che accusò Šefik di essere stato corrotto proprio dai montenegrini in occasione della finale di Málaga. Le due nazionali non figurano nello stesso girone, ma chissà che il destino non decida di porle nuovamente una di fronte all’altra come nella recente finale di World League e, chissà, regalare altre storie da raccontare.

(Articolo pubblicato sul Numero 1 di Pianeta Sport)