TOUR DE FRANCE: LA CINQUINA DI CAVENDISH NEL GIORNO DELLA PASSERELLA DI CONTADOR

Ultima tappa del Tour de France: confermato il giallo di Contador, il verde di Petacchi e quinta vittoria per Cavendish.

Dopo tre settimane di pianura, pavé, Alpi, Pirenei e cronometro la carovana del Tour è arrivata all’epilogo. L’ultima tappa (in linea) è anche la più breve, soli 102,5 km da Longjumeau nella periferia di Parigi al circuito degli Champs-Élysées, il cuore della capitale francese e tradizionale arrivo della Grande Boucle dal 1975. Sorrisi e festeggiamenti in gruppo; i più radiosi sono la maglia gialla Contador, la maglia bianca Schleck e la maglia a pois Charteau. Più preoccupato Petacchi dato che la lotta per la maglia verde è ancora apertissima.

L’ultima tappa è una passerella, per la prima volta dall’inizio del Tour gli unici scatti alla partenza sono stati quelli dei fotografi. La Radio Shack si era presentata con una maglia nera con il numero 28 sulla schiena (28 come i milioni di morti all’anno di cancro nel mondo) ma per evitare l’esclusione dal Tour si è poi tornati alle divise tradizionali. Spumante e patatine per Contador e compagni, fino al primo scatto che è proprio della maglia gialla seguito immediatamente dalla maglia bianca, ma è solo un regalo ai fotografi. Il primo vero scatto della tappa rimanda l’atteso grande scontro fra Petacchi, Hushovd e Cavendish, i tre moschettieri delle volate ancora in corsa per la maglia verde. La battaglia non c’è nemmeno in occasione del secondo traguardo volante perché la principale fuga della tappa composta da undici corridori posticipa tutto il pathos al traguardo finale. Aitor Pérez Arrieta, Sandy Casar, Christophe Riblon, Rémi Pauriol, Christian Knees, Alan Pérez Lezaun, Danilo Hondo, Tony Martin, Karsten Kroon, Nicki Sørensen, Anthony Roux ottengono un vantaggio massimo di 24’’ costringendo Sky, Htc, e Katusha a tirare a fondo. All’ultimo giro rimangono in testa solamente Sørensen, Knees e Kroon che a sei chilometri dall’arrivo vengono riassorbiti. La volata con il gruppo allungatissimo è impostata dagli uomini Sky. Peracchi battezza la ruota di Hushovd e fa una gran volata, secondo solo all’imbattibile Mark Cavendish che centra la quinta vittoria sollevando la mano per celebrare la sua cinquina.

Il cinque di Cavendish, il tre di Contador ma anche il Verde di Petacchi. Un successo davvero meritato quello dello spezzino visto che è sempre arrivato sul podio nelle sette volate che si sono disputate in questo Tour. Un italiano non vinceva la maglia a punti dal 1968 quando a trionfare era stato Bitossi. L’unica nota amara è che Petacchi il 28 luglio dovrà presentarsi di fronte alla Procura di Padova per questioni legate al doping, l’augurio è che si tratti solamente di accertamenti.

Domenica 25 luglio 2010
Tour de France, ultima tappa
Longjumeau – Parigi (102,5 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Mark CAVENDISH
HTC-Columbia 2h 42’21”
2. Julian DEAN
Garmin stesso tempo
3. Alessandro PETACCHI
Lampre-Farnese Vini stesso tempo
4. Jurgen ROELANDTS
Omega Pharma Lotto stesso tempo
5. Óscar FREIRE Rabobank stesso tempo

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Alberto CONTADOR
Astana 91h 58’48”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 39″
3. Denis MEN’ŠOV Rabobank a 2’01”
29. Damiano CUNEGO
Lampre-Farnese Vini a 56’53”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Alessandro PETACCHI Lampre-Farnese Vini 243
2. Mark CAVENDISH HTC-Columbia 232
3. Thor HUSHOVD
Cérvelo 222

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 143
2. Christophe MOREAU
Caisse d’Epargne 128
3. Andy SCHLECK
Saxo Bank 116

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 91h 59’27”
2. Robert GESINK
Rabobank a 8’52”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 11’15”

Nicola Sbetti

VOLLEY: TUTTO SECONDO PRONOSTICO, FINALE WORLD LEAGUE TRA BRASILE E RUSSIA

Daniele BagnoliErano le favorite, avevano vinto i rispettivi gironcini, questa notte si sfideranno per la World League strizzando l’occhio a quel milione di dollari in palio per il vincitore che mette davvero l’acquolina in bocca. Russia e Brasile hanno dimostrato di essere le squadre più forti e più in forma in questo momento, pur avendo due stili di gioco completamente diversi. Tutto fisico e potenza la Russia che può contare sulla coppia di centrali (Muserskiy – Volkov) più forte in circolazione e su un’ottima diagonale palleggio/opposto formata dal talentuoso Grankin e dalla macchina da punti Mikhaylov. Molto più estroso e fantasioso, come da tradizione, il Brasile squadra capace di incroci e giocate davvero spettacolari. Nonostante i successi però non sembra che i brasiliani abbiano ancora trovato un’identità ben precisa. Poco male visto che il maggior difetto dei carioca sembra essere l’abbondanza, basti citare il fatto che il capitano Giba, uno dei giocatori più forti al mondo, parte spesso dalla panchina e contro Cuba non ha messo nemmeno piede in campo. Manca forse un vero leader ma Vissotto, Dante e Endres rappresentano la crème de la crème della pallavolo mondiale.

I brasiliani, campioni in carica, sono i favoriti d’obbligo tuttavia se dovessi sbilanciarmi scommetterei sulla Russia apparsa davvero rigenerata dalla cura Bagnoli.

Nelle semifinali la Russia si è sbarazzata facilmente della Serbia, rimasta in partita solo nel primo set, mentre i brasiliani hanno sofferto maggiormente con i forti cubani cedendo il primo set. Favoriti dai molti errori dei caraibici i carioca hanno però poi vinto i successivi tre set. Da sottolineare la prova di Dante apparso fino a ieri un po’ in ombra.

Sabato 24 luglio 2010
RUSSIA SERBIA 3 – 0
(26-24; 25-15; 25-20)
Cordoba (ARG)

RUSSIA: Khtey 8, Grankin 2, Biryukov 5, Muserskiy 11, Volkov 12, Mikhaylov 21, Komarov (L). (Poltavskiy, Krasikov 1, Kazakov (C), Yanutov n.e., Makarov.)

SERBIA: Kovacevic 2, Petkovic, Stankovic 6, Nikic 7, Starovic 8, Podrascanin 6, Rosic (L). (Janic (C) 6, Terzic, Mitic 1, Dokic, Petrovic 1.)

Sabato 24 luglio 2010
BRASILE CUBA 3 – 1
(21-25; 25-19; 25-21; 25-20)
Cordoba (ARG)

BRASILE: Rezende Bruno Mossa 1, Vissotto Neves Leandro 10, Endres 12, Santana Rodrigo 5, Saatkamp Lucas 3, Amaral Dante Guimaraes 16, Da Silva Pedreira Junior Mario (L). (Dos Santos Jr. Sidnei, Godoy Filho Gilberto (C) n.e., Fabricio Nery Lopes Theo 9, Alves Thiago Soares 1, Muragati Yared Marlon 2.)

CUBA: Leon 10, Leal 10, Gutierrez (L) Camejo 7, Simón (C) 9, Hierrezuelo 1, Hernandez 11. (Leyva, Cepeda 3, Bell n.e., Mesa n.e., Díaz.)

Nicola Sbetti

IERI & OGGI: EDWIN MOSES, ORO DI MONTREAL

Alle Olimpiadi di Montreal il mondo inizia a conoscere un ventenne con gli occhialini e un aspetto vagamente professorale: Edwin Moses destinato a diventare il più grande di tutti i tempi sui 400 hs (e oltre).

Edwin MosesIl protagonista dei 400 ostacoli alle Olimpiadi di Montreal del 1976 doveva essere l’ugandese John Akii-Bua che già aveva stupito tutti quattro anni fa a Monaco stabilendo il primato mondiale con il tempo di 47″82 e vincendo il primo titolo olimpico per il suo paese. Il boicottaggio dei paesi africani per il mancato intervento del CIO contro la Nuova Zelanda la cui nazionale di rugby aveva disputato degli incontri nel Sudafrica dell’apartheid tagliò fuori molti protagonisti dal consesso olimpico.

Gli ostacoli alti lanciarono però in orbita un nuovo protagonista destinato a riscrivere il libro della specialità per i successivi 12 anni, il ventenne Edwin Moses. Nato nell’Ohio nel 1955, Moses non rappresenta l’archetipo dell’afroamericano che cerca la rivincita nella corsa; figlio di insegnanti si dedica con passione allo studio e, seppure dotato sugli ostacoli alti (i 110 hs), preferisce rifiutare i college che gli propongono una borsa di studio per meriti sportivi e sceglie il Morehouse College di Atlanta e la sua borsa di studio in ingegneria. A Morehouse vi è una squadra di atletica ma non vi sono gli impianti, Moses si allena in solitudine guadagnandosi l’appellativo di “uomo bionico” per il doppio impegno, più preoccupato degli studi che risentono del doppio impegno che dei risultati.

Nel 1975, Edwin iniziò a coltivare il sogno di partecipare alle Olimpiadi dell’anno successivo ma senza un piano preciso. Nella prima gara della nuova stagione, i Florida Relays, nel marzo del 1976, corse i 110 hs in 13″7, i 400 metri in 46″1 e i 400 ostacoli per la prima volta in una competizione in 50″1 e fu osservato dal tecnico della squadra olimpica, Leroy Walker, che lo indirizzò verso gli ostacoli bassi.

A fine aprile nei Penn State Relays, Moses si impone in 48″8 e due mesi dopo nei Trials statunitensi per definire la squadra che parteciperà alle Olimpiadi di Montreal batte il record statunitense imponendosi in 48″3, terza prestazione mondiale di sempre. Edwin ha tutte le caratteristiche fisiche per i 400 ostacoli e le sue lunghe leve gli consentono di coprire costantemente la distanza dagli ostacoli in 13 passi, dovendo talvolta sforzarsi di non strafare saltando a 12, mentre lo stesso Akii-Bua era in grado di tenere il ritmo dei 13 passi solo nei primi 5-6 ostacoli per poi passare a 14 nel finale di gara.

Anomino, con i suoi occhialoni che nascondono una ipersensibilità alla luce, e la sua aria vagamente professorale Moses si presenta a Montreal: corre un primo turno in scioltezza ed è l’unico a fermare i cronometri sotto i 50″ in 49″95, in semifinale domina il campo dei partecipanti dalla sua quinta corsia e si migliora ottenenendo il  suo personale in 48″29.

Il 25 luglio 1976 è in quarta corsia alla partenza della finale, alla sua destra il portoghese Carvalho e alla sua sinistra il britannico Pascoe: saranno i primi a cedere, schiantati dal ritmo di Moses che non riescono a reggere. Ai 200 metri, lo statunitense ha mangiato il decalage di partenza anche al connazionale Wheeler in settima corsia. Sono più fortunati perchè distanti dall’uomo bionico lo statunitense Shine (corsia 8 ) e il russo Gavrilenko (corsia 1) che riescono a correre al loro ritmo. Ma all’ingresso sulla retta finale hanno già un distacco di 5-6 metri. All’arrivo saranno 8 i metri che separeranno il secondo Shine da Edwin Moses che ferma i cronometri su un eccezionale 47″63, record del mondo.

Ritornerà ad Atlanta, un po’ deluso dal fatto di non essere riconosciuto per strada, ma pronto a finire gli studi e a trovare un impiego alla General Dynamics (solo nel 1979 si metterà in aspettativa per dedicarsi a tempo pieno all’Atletica). Per questa ragione rinuncia alla stagione indoor e l’estate successiva si dedica solo agli impegni maggiori: abbassa il suo record del mondo e il 26 agosto 1977 viene sconfitto da Harald Schmid. Da quel momento inizia una striscia di 122 vittorie consecutive per un dominio che durerà 9 anni, 9 mesi e 9 giorni.

Massimo Brignolo

LUCIANO ABIS NUOVO CAMPIONE DELL’UNIONE EUROPEA DEI PESI WELTER

Luciano Abis sul ring di Is Arenas a Quartu S. Elena (Sardegna) conquista la vacante cintura dell’Unione Europea dei pesi welter battendo per decisione tecnica all’ottava ripresa Kobe Vandekerhove

Luciano AbisSul ring di casa di Quartu Sant’Elena il sardo Luciano Abis, welter di 31 anni a giorni, una carriera quasi illibata con una sola sconfitta (per l’Europeo di categoria contro il polacco Jackiewicz un anno e mezzo fa) e 28 vittorie, si è laureato campione dell’Unione Europea (la sigla sorella minore del titolo europeo Ebu vero e proprio) battendo con larga decisione unanime allo stop del combattimento all’ottavo round il rognoso belga Vandekerkhove, in un match spigolo e tutt’altro che bello. Abis, pugile dalla buona impostazione tecnica cui, nonostante il soprannome di Bazooka, difetta un po’ il colpo risolutore, quello che fa male veramente, per ben incanalare i suoi incontri, ha svolto con buona lena un compitino che si è fatto duro quando una testata dell’avversario lo ha beccato nel secondo round, che il sardo ha chiuso anche con un bel knock down. Fino all’ottavo round il match (programmato sulle dodici) non è vissuto di particolari emozioni, se non la strenua resistenza di Vandekerkhove su un Abis infastidito dalla ferita ma pur sempre padrone del match. Dopo vari controlli il medico, dottor Sanna, ha preferito interrompere la contesa perché l’occhio sinistro del sardo somigliava a un melone e mandare la decisione alla lettura dei cartellini. Cartellini che, a parte dei marchiani errori di composizione (due volte 80-61 in otto match nemmeno finiti??? La matematica non dovrebbe essere un’opinione…), ha dato una vittoria forse un pochino larga, comunque sacrosanta, a Luciano Abis che, dopo svariati titolini che non contano un fico secco e l’opportunità del 2007 contro Bundu per la stessa cintura finita in un pari tecnico dopo una manciata di minuti, mette finalmente in bacheca un titolo che vale qualcosa, soprattutto la possibilità di combattere ancora una volta per l’Europeo vero dopo la sfida tra Bundu e presumibilmente Petrucci.

Nel sottoclou ha destato una grandissima impressione il peso leggero italo-spagnolo Luca Giacon, portato in Italia dalla Opi2000 di Salvatore Cherchi insieme  ad altri “oriundi” (il welter Lo Greco e, forse, addirittura l’ex iridato Paulie Malignaggi), che ha messo insieme la sua dodicesima vittoria prima del limite su dodici incontri spedendo al tappeto il nicaraguense Mc Field (niente di trascendentale, ma nemmeno un materasso) al terzo round, prima con un pregevole gancio sinistro, poi definitivamente con un attacco deciso. Per Giacon (nato in Spagna da padre italiano e mamma ruandese, ha iniziato la carriera a Panama dove lavorava papà) si spalancano forse le porte per qualcosa di gustoso. La stessa opportunità che ha fatto vedere di meritare anche Michele Di Rocco, il welter “Godot” della boxe italiana, che ha messo in bacheca la vittoria numero 28 in carriera (più una sconfitta e un pari), battendo dopo una prestazione interessante corredata da un pizzico di potenza in sei round l’irlandese McDonagh. Di Rocco continua a prendere qualche colpo di troppo e forse starebbe meglio nei superleggeri, ma la forma fisica c’é, la tenuta atletica pure e, se si concentra solo nel pugilato il gitano umbro può togliersi ancora grandissime soddisfazioni.

Andrea Bacci

TOUR: L’ORGOGLIO DI SCHLECK NON ROVINA LA TERZA SINFONIA DI CONTADOR

Contador vince ma non stravince il suo terzo Tour, 39 beffardi secondi separano Schleck dalla maglia gialla.

Alberto Contador52 chilometri di pianura e strade dritte da Bordeaux a Pauillac, passando per le terre del Bordeaux, uno dei rossi più pregiati al mondo, per decidere il tour. Una cronometro dentro la quale ci sono quattro corse parallele: quella della maggioranza dei ciclisti non specialisti il cui obiettivo è solamente raggiungere i Campi Elisi e riabbracciare le famiglie, quella per la vittoria di tappa, la sfida fra Men’šov e Samuel Sanchez per il terzo posto e il gran duello fra Contador e Schleck per la maglia gialla.

Fabian Cancellara, favorito anche dal percorso meno ventoso, si dimostra il crono-man più forte di questo Tour. Come a Rotterdam la “Locomotiva di Berna” mette tutto il gruppo alle sue spalle a partire dal tedesco che aspira a essere il suo successore Tony Martin e prendendosi la rivincita su Contador che l’anno scorso lo aveva beffato.

Menchov si dimostra il miglior specialista delle corse a cronometro fra i big salendo per la seconda volta consecutiva sul gradino più basso del podio. L’anno scorso il russo era finito terzo dopo la squalifica per doping dell’austriaco Kohl. Dopo aver rifilato due minuti a Samuel Sanchez, domani il capitano della Rabobank potrà assaporare il podio di persona.

Al suo fianco ci saranno Schleck e Contador autori in questa crono di un bellissimo duello. Forse solo nel 1989 quando Greg Lemond rubò per soli 8’’ la maglia gialla a Laurent Fignon una cronometro era stata così avvincente. Quel che è certo che quest’ultima cronometro ha dato (almeno nei primi chilometri) più emozioni dei Pirenei.

Tutti gli addetti ai lavori davano il lussemburghese per spacciato invece il giovane leader della Saxo Bank ha dato davvero del gran filo da torcere al fenomeno spagnolo. Al chilometro 22 Schleck ha raggiunto il suo vantaggio massimo: 5 secondi. Nei chilometri successivi, nonostante la difficoltà a mantenere la posizione, Contador è riuscito a mettere un rapporto più duro fondamentale recuperare secondo dopo secondo. Alla fine Andy Schlek chiude in 1h 07’ 10’’, Alberto Contador, che vince per la terza volta il Tour de France, in 1h 06’ 39’’ .

Alla fine i due grandi protagonisti del Tour sono divisi da 39 beffardi secondi, proprio quelli guadagnati dallo spagnolo, approfittando del salto di catena del lussemburghese. All’arrivo le lacrime di delusione  Andy Schleck si confondono con lacrime di gioia di Alberto Contador, che in più di un’occasione ha temuto davvero di perdere la maglia gialla. Oggi il Tour è stato davvero onorato alla faccia di chi ieri lo considerava già chiuso.

Domani passerella conclusiva sui Campi Elisi. Con Contador in maglia gialla, Chartreau in maglia a pois, Schleck in maglia bianca, ci sarà da assegnare oltre all’ultima tappa anche la maglia verde per ora sulle spalle di Petacchi.

Sabato 24 luglio 2010
Tour de France, diciannovesima tappa
Bordeaux –  Pauillac (52 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Fabian CANCELLARA
Saxo Bank 1h00’56”
(media 52 km/h)
2. Tony MARTIN
HTC-Columbia a 17″
3. Bert GRABSCH
HTC-Columbia a 1’48”
4. Ignatas KONOVALOS
Cérvelo a 2’34”
5. David ZABRISKIE
Garmin a 3’00”

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Alberto CONTADOR
Astana 89h16’27”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 39″
3. Denis MEN’ŠOV Rabobank a 2’01”
29. Damiano CUNEGO
Lampre-Farnese Vini a 56’53”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Alessandro PETACCHI Lampre-Farnese Vini 213
2. Thor HUSHOVD Cérvelo 203
3. Mark CAVENDISH
Team Htc-Columbia 197

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 143
2. Christophe MOREAU
Caisse d’Epargne 128
3. Andy SCHLECK
Saxo Bank 116

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 89h17’06”
2. Robert GESINK
Rabobank a 8’52”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 11’15”

Nicola Sbetti