DEL BOSQUE: “RISCHIATO DI PERDERE MA SIAMO CAMPIONI DEL MONDO”

Iniesta omaggia Dani Jarque“Innanzitutto, complimenti all’Olanda. Perché non ci ha permesso di giocare con tranquillità”. Vicente Del Bosque è il primo a presentarsi in sala stampa, ai microfoni dei giornalisti. E, naturalmente, se la ride sotto i baffi. “Quando Robben ha fallito quell’occasione nel secondo tempo, ho capito che ce l’avremmo fatta. E, quando è entrato Fabregas, la partita è cambiata: abbiamo dato più profondità alle nostre azioni e abbiamo avuto le occasioni migliori, anche con Ramos e Villa. Abbiamo persino rischiato di perdere, è vero, ma questo è il calcio. E comunque, siamo campioni del mondo”. Il tecnico iberico si toglie qualche sassolino dalle scarpe: in patria, quando lo cacciarono dal Real Madrid, dissero che era un tassista che non era in grado di guidare una Ferrari. E anche in tempi di Mondiale gli contestavano la scelta di giocare con il doppio mediano, sacrificando Fabregas in panchina. “Mi vengono in mente tante persone a cui dedicare questa vittoria, ma me le tengo per me”. Nell’epopea del colonialismo, la Spagna conquistà Sud America e Filippine, ma non l’Africa: chissà, da stasera il nome di Del Bosque potrebbe figurare sui libri di storia a fianco di quelli di Cortés e Pizarro.

Subito dopo il gol decisivo, Iniesta si è tolto la maglia da gioco ed ha mostrato una t-shirt: “Dani Jarque siempre con nosotros”, Dani Jarque sempre con noi. Jarque era un giocatore dell’Espanyol, l’altra squadra di Barcellona, morto lo scorso 8 agosto a Coverciano per un infarto. Il dolore e la vittoria uniscono le due metà della città catalana. “Incredibile, non ci sono parole, una gioia immensa: dopo il gol ho pensato alla mia famiglia e a tutti quelli che amo. Partita durissima, ma abbiamo meritato”.

Tre finali, tre sconfitte: la Coppa del Mondo sembra proprio maledetta per l’Olanda. Bert van Marwijk è andato vicino a far meglio di Rinus Michels, il profeta del calcio totale: “Alla vigilia nessuno si aspettava che arrivassimo in finale, ancora qualche minuto e saremmo addirittura andati ai rigori. Abbiamo avuto una grandissima occasione con Robben: non ne ho la certezza, ma se avesse segnato forse avremmo vinto noi il Mondiale. Volevamo vincere la Coppa, avremmo potuto farcela”. Amara quanto precisa l’analisi del capitano van Bronckhorst: “La Spagna ha iniziato meglio rispetto a noi, la partita poi è stata molto aperta e con occasioni da entrambe le parti: le migliori, però, sono capitate a noi”. L’Olanda si congeda dal Mondiale con due immagini, una bella, l’altra meno. Nonostante la delusione e la rabbia nei confronti del direttore di gara, i giocatori hanno stretto la mano agli spagnoli a fine partita, dando vita ad un terzo tempo che nel calcio, soprattutto in simili occasioni, è sempre più una rarità. Ma le telecamere hanno pizzicato anche van Marwijk che, ricevuta la medaglia d’argento, se l’è immediatamente tolta dal collo. Non certo il massimo della sportività.

Simone Pierotti

GLI ORANJE IN FINALE

L’Olanda è la prima finalista del Mondiale sudafricano, dopo aver battuto un Uruguay mai domo 3-2.

Era il 1975 quando Bert van Marwijk fece la sua prima (ed unica) apparizione con la maglia della nazionale olandese, oggi sotto la sua guida. Erano gli anni dell’Olanda del calcio totale, degli Oranje di Cruijff, Resembrink e Neeskens che in campo si esprimevano con una precisione spaventosa, come se i calciatori fossero gli ingranaggi di un meccanismo che non si ingolfava mai. Una squadra che rivoluzionò il modo di giocare a calcio ma che, allo stesso tempo, falliva puntualmente l’appuntamento decisivo, come accadde nel 1974 e nel 1978. Adesso van Marwijk può condurre gli Oranje laddove neppure il profeta del calcio totale Rinus Michels osò spingersi: sulla vetta del mondo.

Va dunque all’Olanda la prima semifinale del Mondiale sudafricano: grazie alla sofferta vittoria per 3-2 ai danni dell’Uruguay, la nazionale di van Marwijk stacca il biglietto per la finalissima dell’11 luglio. Chi pensava che gli olandesi avrebbero avuto vita facile con i sudamericani, falcidiati dalle assenze del talentuoso Lodeiro e del bomber Suárez, si è dovuto ben presto ricredere. Certo, le prime battute di gara confermano i pronostici che danno per favorita l’Olanda: Muslera smanaccia su un traversone dalla destra di Robben e serve il pallone sui piedi di Kuyt che non inquadra lo specchio per una questione di centimetri. L’Olanda gioca con la consueta precisione e dopo diciotto minuti trova il meritato vantaggio: è il capitano Giovanni van Bronckhorst a rompere gli indugi con una staffilata di sinistro dalla lunga distanza su cui Muslera palesa qualche responsabilità. La partita sembra in mano agli Oranje, con la complicità di un Uruguay che si affida solo ad un paio di tentativi, pertanto velleitari, di Álvaro Pereira. Ma la Celeste, piano piano, rosicchia centimetri e in finale di frazione segna il pareggio: il merito è tutto del capitano Diego Forlán che gonfia la rete con un sinistro dalla distanza, timbrando per la quarta volta il cartellino nella competizione. Stekelenburg, fino a questo momento impeccabile, si fa clamorosamente infilare da una conclusione centrale, tradito in parte anche dalla bizzarra traiettoria del pallone Jabulani.

Van Marwijk cambia le carte in tavola e ad inizio ripresa spedisce van der Vaart al posto di de Zeeuw, sostituto dello squalificato de Jong. Sorprendentemente, l’Uruguay continua ad imbrigliare l’Olanda: l’opaca prestazione di Sneijder, forse distratto dalle voci che lo danno possibile vincitore del prossimo Pallone d’Oro, fotografa alla perfezione le difficoltà degli arancioni di creare pericoli. E Stekelenburg deve salvare il risultato su una velenosa punizione di Forlán. Passato lo spavento, l’Olanda prova a ripartire: van der Vaart trova un pertugio nella difesa uruguagia e impegna Muslera di sinistro, sulla ribattuta Robben spara alto. Ma il gol arriva, a venti minuti dal termine, grazie ad un’illuminazione del giocatore più atteso e finora più in ombra: Sneijder calcia all’interno dell’area piccola, prima Maxi Pereira e poi Victorino deviano la conclusione verso la porta di Muslera. Anche van Persie, in posizione irregolare, sfiora il pallone: la rete è da annullare, ma l’arbitro uzbeko Irmatov indica il cerchio di centrocampo. Il centrocampista dell’Inter sale così a quota cinque in classifica marcatori, affiancando in vetta lo spagnolo Villa. Il nuovo vantaggio galvanizza gli arancioni che dopo tre minuti chiudono (apparentemente) i conti: cross con il contagiri di Kuyt dalla sinistra, nel cuore dell’area svetta Robben che di testa lascia Muslera di sasso. Lo stesso Robben sfiora la quarta rete che sarebbe punizione eccessiva per la generosità dell’Uruguay. La nazionale di Tabárez, ancora una volta, dimostra di sopperire alle lacune tecniche sfoderando grinta, tenacia e tenuta psicologica: e così, quando tutti sono già convinti di vedere l’Olanda in finale, un sinistro a girare di Maxi Pereira riapre i giochi nel primo minuto di recupero. L’Uruguay, che ha speso tante energie, tenta l’ultimo, disperato assalto, senza riuscirvi. Trentadue anni dopo, l’Olanda torna a disputare una finale mondiale. La Celeste esce a testa alta, dando così torto a quanti avevano accusato la squadra di aver goduto di eccessiva sorte e di non aver meritato la semifinale. Sarà dunque una finale tutta europea quella del Mondiale 2010 e chiunque vincerà scriverà un pezzo di storia: finora, nessuna nazionale del Vecchio Continente ha mai vinto quando si è giocato fuori dai confini del Mediterraneo.

Martedì 6 luglio 2010
URUGUAY – OLANDA 2-3 (1-1)
Green Point, Città del Capo

URUGUAY: Muslera, M.Pereira, Godín, Victorino, Cáceres, Pérez, Gargano, Arévalo, Á.Pereira (78′ Abreu), Cavani, Forlán (c) (84′ S.Fernández).

OLANDA: Stekelenburg, Boulahrouz, Heitinga, Mathijsen, van Bronckhorst (c), van Bommel, de Zeeuw (46′ van der Vaart), Robben (89′ Elia), Sneijder, Kuyt, van Persie.

ARBITRO: Irmatov (UZB)

GOL: 18′ van Bronckhorst (NED), 41′ Forlán (URU), 70′ Sneijder (NED), 73′ Robben (NED), 92′ M.Pereira (URU)

NOTE: ammoniti M.Pereira, Cáceres (URU), van Bommel, Sneijder, Boulahrouz (NED).

Simone Pierotti