FILOSOFIE (CALCISTICHE) A CONFRONTO

Barcellona-Real Madrid, eterna sfida non solo tra capitale e Catalogna ma tra due diversi modi di vivere il calcio

Alla fine il Barcellona di Guardiola ce l’ha fatta. Al netto di tutte le polemiche, saranno proprio i Blaugrana a disputare la finale londinese di Champions League. Il tutto dopo aver superato, in un doppio confronto molto sentito, gli acerrimi rivali di sempre.

Barcellona-Real non è però una semplice partita di calcio: è molto di più. Innanzitutto, è uno scontro tra filosofie: da una parte il Barça dei tantissimi canterani, dall’altra il (fu) Real Galáctico, da una parte il tiki-taka, dall’altra l’attendismo targato Mourinho.

E il doppio confronto di Champions ha dimostrato come in questo momento non ci sia confronto tra le due filosofie e non è un caso se il Barcellona giocherà la seconda finale di Champions degli ultimi tre anni.

Sono i più forti. E riuscire a raggiungere questi traguardi con così tanti giocatori provenienti dalle giovanili deve essere un motivo d’orgoglio in più. Nel match di ritorno, ad esempio, ben otto erano i canterani schierati da Guardiola: davvero incredibile.

Ed è un risultato, quello che riguarda la qualificazione alla finale, che parte davvero da lontano. Proprio perché il lavoro dietro a questa squadra non si esaurisce nell’arco di un anno o poco più.

La maggior parte di questi giocatori sono infatti stati presi ragazzini, svezzati e cresciuti con una certa impronta per farli diventare giocatori professionisti di alto livello che potessero incastonarsi al meglio nella macchina della prima squadra.

L’esatto contrario di quanto viene fatto a Madrid, dove da un anno all’altro partono rivoluzioni e cambi d’allenatore e dove si finisce sempre per ammonticchiare talento – specialmente offensivo – un po’ a casaccio.

Veder arrivare Kakà e Ronaldo in una sola estate è, sicuramente, galvanizzante. Ma dominare il calcio mondiale con un progetto partito anche dieci o quindici anni prima lo deve essere di più.

E la differenza tra le due filosofie sta qui: da una parte si programma, dall’altra si vive alla giornata, pensando che i soldi possano coprire in ogni caso qualsiasi falla. Ma così non è.

Questo Barcellona-Real in particolare, dunque, non è stato uno scontro solo tra le due più grandi potenze del calcio spagnolo, ma anche tra due approcci differentissimi di interpretare il calcio.

Veder giocare il Barcellona è un vero e proprio piacere per gli occhi: densità di gioco in ogni zona del campo, tecnica sopraffina, trame offensive fittissime e studiate, talento da vendere, capacità di verticalizzare a piacimento. E l’azione del gol di Pedro dimostra come questa squadra, grazie ai grandissimi campioni di cui dispone, sia abile proprio nelle verticalizzazioni, infilando le difese avversarie come burro.

Assolutamente inadeguato, invece, l’approccio scelto da Mourinho, uno che non si fa certo troppi scrupoli nell’affidarsi al catenaccio. Un conto, però, è farlo all’Inter, altro al Real. Perché a Milano aveva i giocatori giusti per poterci provare (e riuscire, come dimostrano i risultati), perché il calcio spagnolo ha una cultura ben diversa da quella italiana e perché in una squadra con la storia del Real Madrid è quasi una bestemmia.

Due filosofie a confronto, insomma. E, forse, non si può far altro che gioire nel vedere che a spuntarla, alla fine, sia stata quella che punta sul vivaio e sul bel gioco.

L’OLANDA E MELO SORPRENDONO DUNGA

Olanda
EPA/Robert Ghement

Come già successo altre sei volte (nel 2006, 1986, 1982, 1978, 1974 e 1954), i quarti di finale si confermano come un’autentica macumba per il Brasile. E questa volta, a salire sull’altare in veste di gran sacerdote del rito sacrificale, è stata chiamata l’Olanda del selezionatore Bert van Marwijk.

Che non era l’Olanda di Cruijff, Neeskens e Rep, ma nemmeno quella di van Basten, Gullit e Rijkaard, lo si era già visto nelle fasi di qualificazione. E anche quella che si è vista questo pomeriggio a Porth Elizabeth si è confermata come una squadra senza individualità di particolare spessore, fatta eccezione per l’ala destra mancina (scusate l’ossimoro) Arjen Robben, che senza concedere troppo allo spettacolo, espone un collettivo solido, con un gioco fatto di schemi elementari, ma pericolosissimo in contropiede e negli spazi larghi.

Il Brasile, senza la punta Elano, ancora indisponibile dopo le legnate dei ruvidi difensori della Costa d’Avorio, era partito in grande spolvero, andando in gol dopo appena 10 minuti al termine di una rapida azione conclusa da un tocco di destro di Robinho. E la squadra verdeoro ha dominato per tutto il primo tempo, nonostante il fardello di un evanescente Kakà: più un turista che un protagonista a questi mondiali sudafricani.

Anche il secondo tempo era sembrato cominciare con la stessa musica; ma la samba dei brasiliani è stata interrotta improvvisamente da un tiro cross di Sneijder, deviato di testa nella propria rete da Felipe Melo. Questo gol inaspettato ha frastornato il Brasile e disunito la coralità delle sue azioni. Di contro l’Olanda ha ripreso coraggio, e sugli sviluppi di un calcio d’angolo da destra, ancora Sneijder ha trovato il colpo di testa del 2-1.

Per i brasiliani arrivano momenti di confusione totale. La squadra si sbilancia all’attacco e subisce i rapidi contropiedi olandesi, finché Felipe Melo, colto più da un raptus che dalla frustrazione, pesta con i tacchetti le caviglie di Robben disteso a terra. Il cartellino rosso è inevitabile, e il Brasile in dieci contro undici parte all’assedio della porta di Stekelenburg più con la forza della disperazione che con le magie del futebol bailado.

Già, il futebol bailado: il suo ricordo è sempre più lontano.

Venerdì 2 luglio 2010
OLANDA – BRASILE 2-1 (0-1)
Nelson Mandela Bay, Port Elizabeth (RSA)

OLANDA: Stekelenburg, van der Wiel, Heitinga, Ooijer, van Bronckhorst , van Bommel, de Jong, Robben, Sneijder, Kuyt, van Persie (85′ Huntelaar).

BRASILE: Júlio César, Maicon, Lúcio , Juan, Bastos (62′ Gilberto), Dani Alves, Felipe Melo, G.Silva, Kaká, Luís Fabiano (77′ Nilmar), Robinho.

ARBITRO: Yuichi Nishimura (JPN)

GOL: 10′ Robinho (BRA), 53′ aut. Felipe Melo (BRA), 68′ Sneijder (NED)

NOTE: ammoniti van der Wiel, Heitinga, de Jong, Ooijer (NED), Bastos (BRA). Espulso al 73′ Felipe Melo (BRA) per gioco violento.

Giuseppe Ottomano