IERI & OGGI: E IL LIBANO SOTTO ASSEDIO SCONFISSE LA FRANCIA

Nel corso della storia non sono mai mancate, in occasione di Giochi Olimpici o Mondiali, sfide sportive che mettevano di fronte colonizzatori e colonizzati. Ma questa aveva un fascino tutto particolare.

Libano-FranciaNel corso della storia non sono mai mancate, in occasione di Giochi Olimpici o Mondiali, sfide sportive che mettevano di fronte colonizzatori (europei) e colonizzati (africani, americani o asiatici). Ma questa aveva un fascino tutto particolare.

È il 23 agosto del 2006 ed in Giappone si gioca la penultima giornata del girone A dei Mondiali di basket maschile. A Sendai si affrontano due squadre che, in comune, hanno forse la lingua parlata. Da una parte c’è la Francia terza classificata agli Europei di un anno prima che, pur priva della stella Tony Parker, può schierare un parterre de roi di assoluto rispetto: Gomis e Florent Piétrus hanno vinto il campionato spagnolo con l’Unicaja Málaga, mentre sono ben quattro i giocatori – Diaw, Petro, Mickaël Piétrus e Turiaf – impegnati nella NBA. Dall’altra c’è il Libano, alla seconda partecipazione mondiale della sua storia, guidato in panchina da un allenatore giramondo, lo statunitense Paul Coughter. I suoi uomini giocano tutti in patria. Per la nazionale mediorientale non è una partita qualsiasi. Perché una vittoria potrebbe far avvicinare la squadra allo storico traguardo degli ottavi di finale. Perché, nel lungo arco temporale compreso tra i due conflitti mondiali, il Libano era un protettorato francese. E, soprattutto, perché il loro paese è in guerra da oltre un mese con Israele: a dir la verità da nove giorni è entrato in vigore il cessate il fuoco, ma è solo con la fine del blocco navale imposto dagli israeliani che, a settembre, calerà definitivamente il sipario su un’altra pagina di sangue in Medio Oriente. La preparazione ai Mondiali è stata un vero incubo per i giocatori, che si allenavano sapendo che gli F16 israeliani sorvolavano sulle loro case. E poi l’odissea per raggiungere Turchia e Slovenia, per disputare due tornei di preparazione, tra aeroporti bombardati ed autostrade danneggiate che, di fatto, avevano isolato il paese. I giocatori non volevano saperne di andare al Mondiale: troppo importante la vita dei loro familiari. Ma, alla fine, la spedizione libanese parte alla volta della terra del Sol Levante: dopo la vittoria all’esordio contro il Venezuela, i mediorientali hanno perso contro Serbia-Montenegro ed Argentina. E adesso ci sono loro, i colonizzatori.

Il parquet di Sendai sovverte inizialmente il pronostico che vede la Francia favorita: la stella Fadi El Khatib trascina il Libano con le sue giocate, sul fronte francese l’assenza dell’infortunato Jeanneau si traduce in una fase offensiva molto compassata e stagnante. Dopo il sostanziale equilibrio delle battute iniziali, il Libano prende il largo grazie ad un paio di tiri liberi di Roy Samaha: le due squadre chiudono così il primo quarto sul 21-14. Anche nel successivo la Francia non fa molto per arginare le folate libanesi: una schiacchiata di Mickaël Piétrus riduce il distacco a due sole lunghezze, ma un lay-up di El Khatib e le bordate di Rony Fahed, complesa una tripla, riportano avanti la nazionale mediorientale che va al riposo con il massimo vantaggio (43-30).

La Francia, tuttavia, si risveglia brutalmente nella seconda metà dell’incontro: gli uomini di Claude Bergeaud assestano un parziale di 9-0 e poi, grazie al canestro del madridista Gelabale, ancora una volta si portano a due punti di ritardo dal Libano. Dilapidato il prezioso vantaggio, i mediorientali rialzano la testa ed è il solito El Khatib a mantenerli in vita con i suoi punti. Ma è soprattutto Florent Piétrus il protagonista dell’ultimo quarto: il giocatore dell’Unicaja regala spettacolo con rimbalzi e schiacchiate. Regala soprattutto punti preziosi alla Francia che consentono di risalire la china: mediorientali e transalpini giocano a rincorrersi, con i primi che viaggiano a una media di quattro punti di vantaggio. Fino a quando Boris Diaw, pure lui uscito dal guscio dell’anonimato nella seconda parte, non fissa il risultato sul 68-68. La gioia per aver agganciato, dopo un lungo inseguimento, il Libano dura tuttavia il breve spazio di una dozzina di secondi: Rony Fahed mette dentro una tripla e dà nuovamente il vantaggio alla sua squadra. Manca un minuto e mezzo alla fine. E la Francia deve recuperare tre punti. Florent Piétrus non fallisce dalla lunetta e così pure Foirest: adesso sono i libanesi a dover inseguire (72-71) quando mancano quaranta secondi. Ti aspetti una giocata decisiva di El Khatabi – a fine gara sarà il miglior marcatore con 29 punti personali – e invece è Joseph “Joe” Vogel, centro di origini statunitensi, a scrivere la storia del basket: riceve palla, si gira, segna subendo fallo e poi realizza il tiro libero aggiuntivo. 74-72. L’appuntamento con la storia è lì a ventiquattro secondi, ma c’è ancora da soffrire: Diaw va in lunetta, può riequilibrare nuovamente le sorti dell’incontro a sei secondi dalla conclusione. Mette dentro il primo: 74-73. Prosegue con il secondo. Il tiro è corto, la palla tocca il ferro e torna in campo: all’ultimo secondo finisce tra i palmi di Foirest che tenta il tiro della disperazione. Palla fuori bersaglio. Fischio finale. Vince il Libano delle famiglie sotto assedio, vince il Libano senza giocatori nella NBA, vince il Libano umile contro una Francia presuntuosa. “Siamo stati davvero deludenti e non abbiamo preso abbastanza sul serio la partita – ammette a fine partita Bergeaud – questo è un momento storico per noi perché non abbiamo rispettato i nostri avversari”. Con il sorriso fanciullesco di chi ha appena compiuto un’impresa, Khalaf commenta una vittoria inattesa: “Questa vittoria, comunque, non significa nulla se domani non facciamo risultato contro la Nigeria. Per me, quella partita è più importante del successo di oggi”.

Ma il miracolo non si ripeterà: il Libano esce sconfitto 95-72 contro la formazione africana, fallendo così la qualificazione al turno successivo. La Francia avanza e chiuderà al quinto posto la sua avventura in terra nipponica. Ma sulle maglie dei transalpini rimarrà per sempre incancellabile la macchia della sconfitta contro i libanesi. I quali tornano comunque a casa con una storia da poter raccontare ai propri figli, nel frattempo tornati alla normale vita di tutti i giorni dopo il cessate il fuoco del 14 agosto. Eccola, la vittoria più bella, da aggiungere al 74-73 di Sendai.

Simone Pierotti

LA NUOVA ITALBASKET AGLI ORDINI DI PIANIGIANI

Primo raduno dell’Italbasket: sotto la guida del vincente Pianigiani, la nazionale dovrà dimostrare qualcosa fin da subito

La novità più interessante dell’Italia che si è radunata pochi giorni fa per preparare le qualificazioni all’Europeo del 2011, è sicuramente la nomina di Simone Pianigiani, allenatore della Montepaschi Siena, squadra che da quattro anni domina il campionato italiano. Pianigiani è riconosciuto anche in Europa come uno degli allenatori più bravi e preparati e col suo arrivo vengono a mancare gli alibi ai giocatori: adesso anche Bargnani e Belinelli (criticati un anno fa, anche se venne contestata soprattutto la confusionaria gestione dell’ex CT Recalcati) dovranno uscire allo scoperto, dimostrando di essere giocatori che fanno la differenza in Nazionale. A parte Danilo Gallinari (che ha ottenuto un’estate libera da impegni, dopo che nelle ultime tre estati non ha potuto giocare con la nazionale a causa di infortuni), ci sono tutti i migliori giocatori italiani, poche storie. Con la nomina di quello che personalmente considero il secondo miglior allenatore italiano (il migliore resta Ettore Messina), si vedrà se effettivamente i fallimenti degli ultimi anni erano esclusivamente colpa dell’ex CT Recalcati. Come detto, sono finiti gli alibi.

Questi i convocati:

PLAYMAKER
Jacopo Giachetti (07.12.1983 – Lottomatica Roma)
Giuseppe Poeta (12.09.1985 – BancaTercas Teramo)
Antonio Maestranzi (01.07.1984 – Sigma Montegranaro)

Alla ricerca di un leader: nel ruolo chiave, non sembra che ci sia un titolare sicuro del posto, ma potrebbe nascere un play a tre teste, per cercare di sfruttare i pregi dei giocatori, arginandone i difetti. Giachetti ha cominciato la stagione a Roma da separato in casa e l’ha finita come una specie di salvatore della patria alla quale tutti si aggrappavano: la verità sta nel mezzo. Poeta è stato criticato per un’annata sottotono: le cifre confermano questa impressione, ma in questa stagione ha cercato di ragionare di più frenando i suoi istinti. Una trasformazione importante, sebbene faticosa, che quest’estate potrebbe regalargli un contratto in una squadra prestigiosa. Maestranzi invece si è meritato il posto in nazionale grazie alle ottime prestazioni con la casacca di Montegranaro: una bella soddisfazione per Tony, nato a Chicago, tiratore bestiale che fino all’anno scorso giocava in Lega A2.

GUARDIE
Marco Belinelli (26.03.1986 – Toronto Raptors)
Luca Vitali (09.05.1986 – Lottomatica Roma)
Daniele Cavaliero (10.01.1984 – Sigma Montegranaro)
Marco Mordente (07.01.1979 – Armani Jeans Milano)

Tante soluzioni, ma il giocatore più importante rimane Marco Belinelli: è uno che per la nazionale è sempre stato disponibile e anche quest’anno dovrà essere un trascinatore. Luca Vitali giocava insieme a Belinelli nelle giovanili della Virtus Bologna, prima che questi andasse a giocare in NBA, e fatica sempre ad esplodere definitivamente; essendo alto 2 metri può creare tanti problemi ai giocatori che lo devono marcare, deve solo trovare la continuità. Dalla panchina l’energia e la follia di Cavaliero, e la difesa, l’esperienza, la grinta di Marco Mordente.

ALI
Stefano Mancinelli (17.03.1983 – Armani Jeans Milano)
Angelo Gigli (04.06.1983 – Lottomatica Roma)
Luigi Datome (27.11.1987 – Lottomatica Roma)
Pietro Aradori (09.12.1988 – Angelico Biella)
Marco Carraretto (27.10.1977 – Montepaschi Siena)

Tanti giocatori interscambiabili in questo settore, caratteristica che piace un po’ a tutti gli allenatori e che certo Pianigiani non disprezza. Il ruolo di ala forte se lo giocheranno Mancinelli e Gigli (ma non è escluso anche un assetto più pesante con Bargnani ad occupare il ruolo), mentre Aradori sarà l’ala piccola titolare: è stato di gran lunga il migliore italiano dell’ultimo campionato ed è uno dei primi acquisti di Siena. Delle qualificazioni europee giocate a grande livello potrebbero consacrarlo definitivamente. Si spera anche di poter contare su Gigi Datome, giovane che spesso è stato frenato dagli infortuni. Da segnalare anche la presenza di Carraretto, uno dei pochi italiani di Siena, giocatore quindi che Pianigiani conosce molto bene.

CENTRI
Andrea Bargnani (26.10.1985 – Toronto Raptors)
Andrea Crosariol (11.10.1984 – Lottomatica Roma)
Marco Cusin (28.02.1985 – Vanoli Cremona)
Luca Lechthaler (23.02.1986 – Sigma Montegranaro)

Forse, Bargnani a parte, è il reparto in cui la nazionale è più carente. Sia Cusin che Lechthaler sono ragazzi che hanno fatto bene nel campionato italiano, ma sarà da vedere quale sarà il loro impatto a livelli più importanti. Crosariol rimane un mistero: fisicamente è imponente, ma è ancora molto ingenuo e spesso è costretto in panchina a causa dei tanti falli che commette. Temo che Bargnani sarà chiamato a fare gli straordinari…

Andrea Marchesi

L’ESTATE DI LEBRON È ALLE PORTE

Prossimo all’apertura il mercato dei free agent dell’NBA: occhi puntati sul destino di LeBron James.

Migliaia di pagine web, tonnellate di pagine di giornali, ore ed ore di discussioni e dibattiti, tutti riguardanti il mercato NBA dei free agent che mai come quest’anno sarà ricco di nomi prestigiosi in grado di accendere le fantasie dei tifosi. Alla mezzanotte del primo luglio, ora di New York, si scatenerà l’inferno, statene certi.

Il caso più spinoso e allo stesso tempo più intrigante riguarda quello che secondo molti è il miglior giocatore della lega, LeBron James. Secondo le ultime indiscrezioni James sarebbe diretto verso Chicago nella suggestiva veste di Michael Jordan del nuovo millennio, una voce riportata dal New York Times e “spifferata” da un dirigente NBA che ha mantenuto l’anonimato. Un ulteriore indizio può essere la cessione di Kirk Hinrich a Washington, necessaria a liberare ulteriore spazio salariale. La soffiata potrebbe anche essere quella giusta; personalmente non ci metterei la mano sul fuoco: troppi gli interessi in gioco quando si parla di mercato (club, sponsor, agenti dei giocatori, tifosi), che è tutto fuorché una scienza esatta. Nella corsa al Prescelto (The Chosen One, questo il soprannome di James) ha perso posizioni quella che fino a poco tempo fa sembrava essere la grande favorita, ovvero i New York Knicks. È vero che la squadra allenata da Mike D’Antoni negli ultimi anni si è concentrata più a liberarsi dei contratti di giocatori che guadagnavano troppo in proporzione al loro rendimento in campo, e che quindi avrebbe le possibilità economiche per riuscire ad ingaggiare oltre a LeBron anche un altro free agent in grado di cambiare i destini della franchigia, ma la squadra sarebbe da ricostruire e LeBron non può permettersi di sprecare troppo tempo. È giovane, certo, ma il contratto che firmerà in queste settimane sarà quello più importante della sua carriera; nonostante la presenza di Danilo Gallinari, che nell’ultimo anno si è conquistato la stima di compagni, avversari e pubblico, la squadra sarebbe tutta da assemblare attraverso difficili operazioni di mercato. Probabilmente New York è la città più affascinante e intrigante, ma per giocare a basket (ad oggi) ci sono squadre più interessanti. Sembrano più defilati nella corsa a LeBron anche i Los Angeles Clippers e i New Jersey Nets, che pure pensavano di avere qualche possibilità vista l’amicizia che lega il giocatore al rapper Jay-Z, detentore di alcune quote dei Nets, ma anche qui vale il discorso fatto per New York. In vista dell’imminente trasferimento della franchigia a Brooklyn, James sarebbe stato il miglior testimonial.

Doveva essere l’estate di un altro grande free agent, Dwyane Wade, stella dei Miami Heat. Dopo il titolo vinto nel 2006 gli Heat non sono più stati capaci di essere competitivi ai massimi livelli, facendo indispettire Wade, tanto che erano girate delle voci riguardo un suo possibile addio al club della Florida. Ma le rinnovate ambizioni del club e il possibile ritorno in panchina del mito Pat Riley dovrebbero aver convinto Wade a rinnovare il contratto e con un altro big (magari proprio James, che è buon amico di Wade?) Miami potrebbe tornare in corsa per il titolo.

Gli altri nomi in ballo? Chris Bosh, Dirk Nowitzki, Joe Johnson, Amare Stoudemire. Sono fra i migliori giocatori della NBA e, se acquistati da squadre già competitive, potrebbero avere la possibilità di vincere quel titolo NBA che nessuno dei quattro ha mai conquistato. Probabilmente si assisterà ad un effetto-domino: il trasferimento di James (ovviamente nel caso non dovesse rimanere a Cleveland) potrebbe innescare una serie di acquisti collegati tra loro, che alla fine andrebbero a cambiare la geografia del potere del basket NBA.

Andrea Marchesi

DRAFT SCIALBO, WALL A WASHINGTON

Qualità livellata verso il basso in un draft povero di europei: l’attesissimo John Wall approda a Washington.

Poche sorprese e una qualità media non elevatissima: quello del 2010 non è stato un draft che rimarrà nella storia. La prima scelta, quest’anno nelle mani di Washington, non poteva che essere John Wall, playmaker da Kentucky, la squadra di coach John Calipari. Se, com’è probabile, dovesse vincere il titolo di Rookie of The Year, sarebbe il terzo giocatore allenato da Calipari ad aggiudicarsi il titolo, dopo Derrick Rose nel 2008 e Tyreke Evans nel 2009. Attaccante terrificante, velocissimo e spettacolare, Wall dovrà imparare a gestire la squadra anche a ritmi non elevati e costruirsi un tiro affidabile. Ha il tempo e la capacità per farlo: dovesse riuscirci sarà sicuramente uno dei top players della NBA. Washington fino a ieri era la squadra di Gilbert Arenas, adesso diventerà la squadra di John Wall, 20 anni, ma idee ben chiare (“Sono sempre stato un leader, in qualsiasi squadra abbia giocato”). Tradotto: Arenas non serve più, ci sono io. Problema: come si fa a vendere uno che ha giocato una cinquantina di partite negli ultimi tre anni, che estrae una pistola contro un compagno negli spogliatoi e che guadagna una ventina di milioni di dollari a stagione per i prossimi quattro anni? Sarà una vera gatta da pelare per la dirigenza di Washington.

Il giocatore più pronto e completo del draft è probabilmente Evan Turner: buona scelta di Philadelphia, anche se non sembra che Turner possa diventare un giocatore in grado di risollevare le sorti di una franchigia dal grande passato, ma dal futuro incerto. Sorprende un po’ la scelta dei New Jersey Nets, che decidono di puntare sull’ala forte Derrick Favors, invece che sull’ala piccola Wesley Johnson prontamente scelto da Minnesota. Johnson è un giocatore intelligente, bravo in difesa, atletico e con un buon tiro, può mettersi in mostra e aiutare i derelitti Timberwolves, squadra comunque giovane e con margini di crescita interessanti. Desta curiosità DeMarcus Cousins, scelto al numero 5 da Sacramento: diventerà una stella o sarà un bluff? 130 kg di potenza allo stato puro e un repertorio con dei buoni movimenti offensivi fanno molto comodo e chiunque dovrà marcarlo deve prepararsi a serate molto faticose. Dall’altra parte si tratta di un giocatore difensivamente devole e sulla cui tenuta psicologica sono stati espressi diversi dubbi. Attenzione, poi, alla massa di grasso corporeo, percentuale che potrebbe oscillare pericolosamente.

Pessima scelta per Golden State, che porta a casa Ekpe Udoh (veramente inspiegabile a meno che i Warriors non si divertano a collezionare i doppioni dei giocatori già presenti in rosa), mentre i Detroit Pistons si buttano su Greg Monroe: forse non il giocatore che si cercava, ma con una scelta alla 7 probabilmente non si poteva fare di meglio. I Los Angeles Clippers scelgono Al-Farouq Aminu, atleta pazzesco, ma che si deve costruire un tiro affidabile e trovare un’identità a livello NBA (ala piccola o ala forte?). Gli Utah Jazz pescano Gordon Hayward, bravo tiratore simbolo di Butler (il college che ha conteso fino all’ultimo il titolo NCAA alla strafavorita Duke), mentre gli Oklahoma City Thunder acquisiscono tramite uno scambio l’ex Kansas Cole Aldrich, centro bianco di 2 metri e 13 con ottimi fondamentali (anche se fino all’anno scorso era molto più considerato dagli scout NBA). I Thunder continuano ad accumulare giovani: dovessero acquistare un buon free-agent sul mercato potrebbero fare un salto di qualità importante. Toronto, la squadra dove giocano i “nostri” Andrea Bargnani e Marco Belinelli, ha scelto l’ala forte Ed Davis, ovvero il giocatore che sostituirà Chris Bosh, quasi certamente in partenza alla ricerca di nuove motivazioni e di una squadra più competitiva dopo sette anni ai Raptors. Se è vero che le cifre di Bosh sono importanti (24 punti, 11 rimbalzi, 2 assist e 1 stoppata a partita) e che è impensabile che Davis possa replicarle, è anche vero che Bosh era un giocatore che “calamitava” molti palloni: non è escluso quindi che la squadra, con un giocatore meno ingombrante al suo posto, possa risultare più efficace.

Resta poco altro da segnalare, se si eccettuano le due ottime scelte di Memphis, rappresentate dal numero 12 Xavier Henry, guardia completa con un ottimo tiro da tre, e da Greivis Vásquez, play venezuelano dalle prospettive interessanti. I due giocatori andranno a completare una squadra che l’anno scorso si è comportata decisamente bene: Daniel Orton è andato a Orlando e potrebbe già dare una bella mano a Dwight Howard. Molta curiosità circonda invece Jarvis Varnado, scelto al secondo giro da Miami, terrificante stoppatore che nell’ultimo anno di college ha conquistato il record NCAA di 564 stoppate, dimostrando un istinto quasi animalesco per l’interdizione: chiaramente l’NBA è un altro livello, ma Varnado potrebbe non soffrire più di tanto del passaggio.

Pochi gli internazionali presenti. Forse è proprio questa la novità del draft, dopo che negli ultimi anni abbiamo visto tanti europei e più in generale giocatori non americani protagonisti. Il primo internazionale scelto in questo draft è stato il francese Kevin Seraphin, finito a Washington più per le notevoli qualità atletiche che per le sue capacità tecniche (per quanto riguarda i fondamentali dovrà ripartire da zero o quasi), atteggiamento purtroppo sempre più frequente e che contribuisce a rendere il calo di livello del gioco sempre più evidente. Da notare Nemanja Bjelica al numero 35 (buon prospetto cercato nel recente passato anche dalla Benetton Treviso). Gli europei più interessanti si erano già ritirati dal draft, consapevoli che potrebbero essere più considerati al prossimo turno: parliamo soprattutto del bravissimo lituano del Treviso Donatas Motiejūnas e di Jan Vesely, ala del ’90 che ha contribuito attivamente a portare il Partizan Belgrado alle final four di Eurolega.

Andrea Marchesi

MENS SANA SIENA CAMPIONE D’ITALIA

Quinto titolo nazionale – quarto consecutivo – nella storia della Mens Sana Siena che, per la seconda volta consecutiva, ottiene il titolo dopo aver vinto tutte le partite disputate nei play-off.

www.menssanabasket.it

Quarta vittoria consecutiva in finale play-off e quarto scudetto di fila per la Mens Sana Siena, che supera l’Olimpia Milano 93-69 in gara quattro dei playoff e chiude la serie. Mai nessuna squadra aveva centrato quattro scudetti consecutivi nell’era dei play-off, mentre l’ultima serie di quattro affermazioni risale a mezzo secolo fa, quando proprio l’Olimpia Milano centrò il poker tra il 1957 e il 1960. Per la Mens Sana continua la serie di imbattibilità ai play-off, che dura da 21 partite, ovvero dall’unico scontro perso contro la Virtus Roma nel 2008. Solo i romani riuscita, in due occasioni, a fermare Siena nei playoff dalla stagione 2006/2007 ad oggi.

Di nuovo affermazione netta per i senesi, anche se la partita è rimasta equilibrata fino a oltre la metà del tempo: dopo due minuti di gioco nel terzo quarto Mancinelli portava Milano a -1. Da quel punto in poi l’accelerazione di Siena, trascinata da un’inarrestabile Terrell McIntyre, autore di 28 punti personali in altrettanti minuti di gioco, con sei centri da fuori dalla lunetta. In doppia cifra anche Romain Sato, Shaun Stonerook e Kšyštof Lavrinovič. In particolare Stonerook e Lavrinovič, oltre a fornire tre assist a testa, sono stati rispettivamente il miglior rimbalzista e il miglior recuperatore di palla del match.

Olimpia Milano contestata, ma più in partita rispetto al disastro di gara tre. Hall, Rocca Mason e Arnold ottimi sui rimbalzi, Mancinelli buon assistman, Mačiulis top scorer con tredici punti. Non è però abbastanza per arginare l’enorme mole di gioco offensivo dei senesi, che chiudono la serie e mettono le mani sul quinto titolo nella storia della società.

ARMANI JEANS MILANO – MONTEPASCHI SIENA 69-93
(19-26; 25-21; 13-24; 12-22) – Serie: 0-4
Mediolanum Forum, Milano

ARMANI JEANS MILANO: Mancinelli 12, Hall 8, Mačiulis 13, Finley 2, Rocca Mason 12 (Mordente 5, Bulleri 5, Monroe 10, Ianes, Viggiano, Arnold 2, Bečirovič).

MONTEPASCHI SIENA: McIntyre 28, Eze 4, Sato 16, Hawkins 8, Stonerook 11 (Domercant 9, Zisis 2, D’Ercole, Carraretto, Lavrinovič 15, Ress, Marconato).

Arbitri: La Monica, Şahin, Begnis

AJ Milano STATISTICHE MP Siena
20/31 Tiri da due 19/34
6/19 Tiri da tre 13/32
11/13 Tiri liberi 16/21
4-22 Rimbalzi (off-dif) 15-20
11-2 Palle recuperate-Stoppate 21-0

Damiano Benzoni