COMMESSO, UNA VITA ALL’ATTACCO

La testa piegata sul manubrio, le mani sul volto per coprire le lacrime di rabbia e delusione. E’ questa l’immagine di Totò Commesso rimasta nella mente di molti appassionati: un corridore umano, non una macchina come certi suoi colleghi, che, dopo essersi visto soffiare una vittoria attesa da 4 anni, sfoga tutta la sua frustrazione. Tour de France 2006, quattordicesima tappa, traguardo di Gap: sotto un sole che spacca le pietre, si presenta sul rettilineo finale il napoletano in compagnia del francese Pierrick Fédrigo, al termine di una fuga lunga e combattuta, col gruppo trainato dalla Liquigas che cerca di rientrare fino all’ultimo metro. Totò è favorito, parte ai -150 metri, ma ha un rapporto troppo duro, e il suo compagno d’avventura lo passa, lo beffa, lo scaraventa nella disperazione. Uno dei momenti più duri nella carriera di questo bravo corridore, una vita sempre in fuga, sempre all’attacco, sempre pronto a sorprendere.

Nato a Torre del Greco, cittadina della provincia napoletana, il 28 marzo 1975, Salvatore Commesso detto Totò non segue la strada abituale dei giovani di quelle parti, una strada a forma di pallone da calcio: gli piace andare in bici, gli piace pedalare, e allora inizia a correre con la squadra degli zii paterni, il GS Macelleria Fratelli Commesso, nella categoria Esordienti, appena undicenne. Ma nel nostro Meridione il ciclismo non è così sviluppato e seguito come in Toscana, in Veneto e in Lombardia: le corse sono poche, e le trasferte da sobbarcarsi per mettere a frutto questa grande passione sono enormi e dispendiose. Per chi vuole fare il corridore professionista, l’unica via percorribile è emigrare al Nord, lasciandosi tutto alle spalle, inseguendo il proprio sogno. Totò non si tira indietro: d’estate va sempre a Cesana Brianza, nel lecchese, dove abitano alcuni parenti, e nel 1989 trasferisce definitivamente la sua residenza a Pusiano, sempre da quelle parti, tesserandosi per l’Unione Ciclistica Costamasnaga, in una realtà così diversa dalla sua Campania. In tre stagioni con la squadra brianzola conquista 25 successi, dando prova non solo di ottime doti da corridore, ma anche di un carattere allegro ed altruista che lo fanno stimare da tutti: con queste vittorie, e un buon numero di piazzamenti, si rende conto che il sogno di diventare professionista non è così irrealizzabile. Continua la trafila delle categorie giovanili, con società comasche e bergamasche: ai mondiali Under 23 del 1996, a Lugano, una sua lunga fuga spiana la strada alla tripletta azzurra, guidata dal suo corregionale Giuliano Figueras; nello stesso anno è campione regionale di categoria e la stagione successiva vince il titolo europeo e i Giochi del Mediterraneo.

Finalmente, nel 1998, dopo un percorso caratterizzato da sudore e sacrifici, Totò Commesso passa tra i professionisti, nella rossa Saeco di Re Leone Cipollini. Quello stesso anno vince una tappa al Giro del Capo, in Sudafrica, e coglie una serie di buoni piazzamenti, tra cui spiccano il terzo posto al Campionato di Zurigo e il quarto ad Amburgo in prove di Coppa del Mondo: questi risultati sono la conferma di come sia uno dei giovani più interessanti del panorama ciclistico italiano, dotato di una buona velocità negli sprint e soprattutto di una propensione all’attacco fuori dal comune. Il 1999, seconda stagione tra i pro, è forse la più bella per Commesso: il 28 giugno ad Arona si disputa il Campionato Nazionale e, dopo una corsa combattutissima, sul traguardo con vista sul Verbano si presentano in quattro, tre dei quali (Commesso, Petito e Celestino) in maglia Saeco. Proprio Celestino si sacrifica lanciando lo sprint ai compagni, e in volata Commesso sorprende tutti precedendo Petito, che non la prende propriamente bene perché quel giorno la squadra aveva lavorato per lui, e rimane stupito dall’esuberanza e da questa “mancanza di rispetto” dello scugnizzo napoletano. Comunque sia, Totò onora al meglio la maglia tricolore conquistata in queste condizioni un po’ particolari: al Tour de France dello stesso anno, nella tappa di Albi, il campione nazionale corona una fuga di ben 232 chilometri, precedendo in uno sprint senza storia l’altro azzurro Serpellini, e diventando così il primo napoletano di sempre ad imporsi in una frazione della Grande Boucle. In quell’anno, ad onor del vero, si macchia anche di una vicenda non propriamente onorevole, visto che alla Vuelta di Spagna reagisce agli insulti di uno spettatore con un cazzotto in diretta televisiva.

Tour de France e Tricolore, sono queste le corse della vita per il bravo Totò. Nel 2000, sempre in maglia Saeco, sempre alla corsa francese, stavolta sul traguardo tedesco di Friburgo, realizza un altro capolavoro: 242 chilometri di fuga, prima in compagnia e poi in coppia con il solo Vinokourov, puntualmente sconfitto nello sprint finale da questo napoletano piccolino (165 cm di statura) ma con due gambe che girano a meraviglia.

Nel 2002 invece, sulle strade trevigiane, dopo un paio di stagioni buie, segnate da soli due successi in Portogallo, la sua stella torna a splendere, vincendo il secondo campionato nazionale della sua vita, davanti a Dario Frigo e Francesco Casagrande. Quella stessa estate si aggiudica il Trofeo Matteotti e il Criterium d’Abruzzo, importanti classiche di metà stagione. Da lì in poi inizia una sorta di maledizione per questo corridore tanto amato dal pubblico: sempre all’attacco e sempre in fuga, non riuscirà più a trovare quella brillantezza e quella lucidità necessaria per vincere. Non si contano i suoi piazzamenti tra i primi cinque, tanto nelle frazioni di Giro e Tour quanto in svariate corse in linea: per sei, interminabili anni Commesso, che veste anche le maglie di Lampre e Tinkoff, insegue il successo senza ottenerlo, con punte di assoluto rammarico come quella descritta in apertura.

L’incantesimo si spezza in una tappa del Giro del Lussemburgo 2008 quando, con la divisa della piccola Preti Mangimi, può finalmente scatenare tutta la sua incontenibile gioia, tornando ad alzare le braccia al cielo dopo questa lunga e dolorosa astinenza. E’ l’ultimo squillo in carriera per questo simbolo della Campania ciclistica, che chiude la sua avventura da professionista accasandosi per due stagioni alla Meridiana-Kalev, la prima squadra della storia con base nel nostro Meridione. Un atleta particolare, sempre all’attacco senza paura e spesso senza calcoli, capace in questo modo di guadagnarsi gli apprezzamenti degli addetti ai lavori e del grande pubblico, come solo i veri campioni sanno fare.

2 pensieri riguardo “COMMESSO, UNA VITA ALL’ATTACCO”

  1. Ricordo molto bene la tappa che vinse al Tour de France 2000, specialmente l’ultimo chilometro. Lui e Vinokourov erano rimasti soli e a un certo punto quasi si fermarono per studiarsi a vicenda. Poi Commesso partì e vinse alla grande. Se non sbaglio, fu la tappa che fece registrare il record storico di spettatori. Non a caso si corse in Germania proprio nel periodo in cui Jan Ullrich era quasi un eroe nazionale. Fu un Tour fantastico, con l’ultimo grande Marco Pantani.

  2. Sì è vero, una tappa corsa in condizioni uniche, quando purtroppo il Tour di Pantani era già finito dopo le due belle (e ultime) vittorie.

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