IERI & OGGI: LA SCONFITTA DI MONACO ’72 È ANCORA INDIGESTA PER GLI USA

Proprio oggi la controversa finale di basket delle olimpiadi di Monaco 1972 tra Stati Uniti e Unione Sovietica compie i suoi 38 anni.

Si era trattato di una sorta di Miracle on ice a parti rovesciate, in cui il gigante, questa volta americano, era stato sconfitto quasi all’ultimo secondo e sul filo di lana da un piccolo Davide travestito da cosacco. Inutile dire che, diversamente dalla finale di hockey su ghiaccio di Lake Placid ’80, ad Hollywood si sono sempre guardati bene dal produrre una fiction su questo autentico Miracle on parquet.

Riassumendo brevemente i fatti, quel 9 settembre 1972, al mostruoso orario d’inizio delle 23.45 (dal lato del loro fuso orario, i munifici network televisivi americani avevano reclamato e ottenuto la diretta in prima serata) a Monaco di Baviera si erano affrontate per la finale di basket USA e URSS, le due superpotenze nella geopolitica dell’epoca.

Fin dalle olimpiadi di Berlino ’36 la medaglia d’oro nel basket era sempre stata conquistata dalla nazionale statunitense, nonostante questa presentasse rappresentative universitarie, dal momento che i grandi professionisti della NBA erano ancora banditi dalle competizioni olimpiche.

Ad appena tre secondi dalla fine del match, il gigante USA conduceva con un punto di vantaggio, 50-49. Ma, al termine di una rocambolesca serie di confusioni arbitrali sul residuo tempo da giocare, un lunghissimo passaggio perfetto era volato dal limite del campo sovietico fino a sotto il canestro statunitense, dove il ventenne Alexander Belov aveva realizzato quei due punti necessari a capovolgere il punteggio.

Era il 1972, nel pieno della guerra fredda, e la supremazia dei cestisti americani era stata stroncata; e per ironia della sorte, proprio all’ultimo istante e con un coup de theatre, dagli eterni cattivissimi della celluloide hollywoodiana. Le polemiche non erano mancate, e per anni gli statunitensi hanno masticato bile per quei tre secondi in più, che a loro parere, l’arbitro brasiliano Renato Righetto, non avrebbe dovuto concedere.

Proprio oggi a Istanbul si è giocata la semifinale dei campionati mondiali tra gli Stati Uniti e la Russia. E nonostante la Russia non sia altro che un’erede della fu-Unione Sovietica e viviamo in un presente ormai del tutto deideologizzato, l’antica acredine non è stata ancora del tutto sopita. Così, alla vigilia dell’incontro, l’allenatore della nazionale americana Mike Krzyzewski, scandalizzato da una precedente dichiarazione del suo omologo nella nazionale russa, David Blatt (altra ironia della sorte, Blatt ha un doppio passaporto: americano ed israeliano), che aveva osato definire corretto lo svolgimento di quella contestata finale di trentotto anni fa, è andato su tutte le furie.

È ovvio che David Blatt abbia detto questo: lui è un russo” è stato il suo velenoso commento.

Anche Jack McCallum, l’inviato della rivista statunitense Sports Illustrated, non ha dimostrato meno acredine di Krzyzewski, e ha rilanciato la teoria del complotto internazionale, rimarcando che il doveroso, secondo lui, ricorso degli USA per invalidare quell’ultimo canestro di Belov, era stato respinto per 3-2 dalla FIBA proprio grazie ai tre voti dei rappresentanti dei paesi comunisti.

Già, anche i paesi comunisti si erano messi di mezzo trentotto anni esatti fa. E senza quel maledetto canestro del povero Belov, che perse la vita solo sei anni dopo per un male incurabile, magari negli studios si sarebbe potuto ricamarci sopra un altro bel film a lieto fine.

Giuseppe Ottomano

Un pensiero riguardo “IERI & OGGI: LA SCONFITTA DI MONACO ’72 È ANCORA INDIGESTA PER GLI USA”

  1. Ho ancora negli occhi l’esultanza di Belov dopo il canestro del sorpasso: lui che corre con le braccia alzate, con quei basettoni stile anni ’70: che spettacolo!

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