SERBIA DI RIGORE, ITALIA COL CUORE

A Firenze bellissima partita tra balcanici e azzurri, sconfitti ai tiri di rigore (13-12) dopo una grande prestazione.

dai nostri inviati

FIRENZE Un combattimento fino all’ultimo respiro, un’Italia che aveva voglia di giocare (a dimostrarlo i quattro recuperi palla a inizio tempo, tutti vinti dagli azzurri) e che ha difeso con il coltello tra i denti, giocando tre tempi senza subire reti in inferiorità numerica. Il sangue di un delitto, una palombella che rimbalza sul pelo dell’acqua dove c’è la linea di porta e entra nella rete proprio sul suono della sirena finale. Infine, una serie di rigori andata fino all’ultimo tiro. L’Italia ha messo la Serbia con le spalle al muro e ha rischiato anche di scippare una vittoria contro ogni pronostico contro i re della pallanuoto. Li chiamano “delfini”, i serbi, ma hanno dimostrato di avere l’istinto degli squali, giocando tre tempi all’inseguimento per poi cercare di sbranare nell’ultimo quarto un’Italia mai doma. Un capolavoro della pallanuoto che ha una cornice fatta su misura, quella della piscina Costoli, gremita e chiassosa come negli anni Settanta quando la Rari Nantes Florentia lottava per il tricolore.

L’Italia conferma le buone impressioni di ieri, soprattutto a livello difensivo: non è da tutti concedere sette superiorità numeriche, ed uscirne indenni anche grazie alle ottime parate di capitan Tempesti, ad un avversario come la Serbia. Che si presentava con una squadra quasi completamente presente alle finali di Eurolega due settimane fa, con un cecchino come Andrija Prlainović come ariete di sfondamento e con un capitano come Vanja Udovičić pronto a sistemare le cose nel momento giusto. Alla fine dell’incontro il mattatore sarà proprio Prlainović, con cinque centri, mentre l’italiano Giorgetti e il serbo Filipović avranno messo a segno una tripletta ciascuno.

L’Italia fa capire le sue intenzioni fin dal primo recupero palla: Fiorentini è più veloce di Filipović e conquista il pallone, permettendo agli azzurri di installarsi per oltre un minuto nella metà campo serba, per uscirne solo dopo la rete di Aicardi. Prlainović pareggia dopo quaranta secondi capitalizzando un capovolgimento di fronte, poi Presciutti in palombella e ancora Aicardi portano l’Italia in vantaggio. Ad accorciare è sempre Prlainović, ma a meno di un minuto dalla fine Figlioli sfrutta l’unica superiorità concessa dai serbi nella prima frazione (su Udovičić) e marca il 4-2.

Nella seconda frazione cominciano a scaldarsi gli animi: coach Dejan Udovičić si fa ammonire per proteste, mentre Luongo concede un rigore, trasformato sempre da Prlainović. Capitan Udovičić riesce a pareggiare poco prima che Giorgetti trasformi in rete una superiorità di Filipović. Che successivamente sigla il nuovo pareggio, su rigore concesso da Perez. E ancora lui, su un tiro che proprio non ne voleva sapere di superare la linea di porta dopo aver battuto contro la traversa, regala una controfuga all’Italia: Gitto serve Giorgetti e gli azzurri conducono ancora 6-5 a metà partita.

Il terzo tempo si apre con l’allungo azzurro su rigore di Felugo, ma qui comincia la rincorsa degli squali. Duško Pijetlović accorcia le distanze, poi escono Dejan Udovičić (proteste) e Pérez (terzo fallo personale). Felugo guadagna una superiorità, ma spreca l’opportunità di segnare e, a 37” dalla fine, Filipović pareggia i conti. Il primo vantaggio serbo arriva dopo 56” del quarto periodo, sempre ad opera di Prlainović. Figlioli impatta con una spettacolare sciarpa dalla distanza, poi Gitto esce per il terzo fallo personale. Prlainović e Filipović sembrano chiudere la pratica con due gol di fila a 4’ dalla fine, ma proprio il mancino della Pro Recco, commettendo il terzo fallo personale, concede a Presciutti l’opportunità di accorciare le distanze. Scorrono i minuti, la Serbia sembra in grado di amministrare l’esiguo vantaggio. Fino all’ultima azione, al cardiopalma: Prlainović cerca di rovesciare in rete a una manciata di secondi dalla conclusione, ma Tempesti neutralizza e lancia Giorgetti. L’attaccante azzurro entra nella linea dei due metri, prova a conquistare il rigore e alla fine conclude a rete: la palombella supera Slobodan Soro e, lenta ma inesorabile, varca la linea di rete al suono della sirena. 10-10, si va ai rigori, con il (numerosissimo) pubblico della Costoli elettrizzato da un epilogo palpitante.

Le esecuzioni dai cinque metri sono un affare nervosissimo: al primo giro i legni negano la rete sia a Presciutti, sia a Prlainović, poi Felugo e Udovičić sbloccano entrambe le squadre. Figlioli e Aleksić non trasformano al terzo giro, il primo parato da Soro, il secondo neutralizzato dalla traversa. Gallo segna il 2-1, ma subito Gocić pareggia. Dopo l’errore di Deserti, però, Duško Pijetlović è inesorabile e regala il 3-2 finale alla Serbia. Il Settebello esce sconfitto. Con una consapevolezza: con questa determinazione, con questo agonismo, con questo cuore può mettere in difficoltà chiunque. Anche le temibili balcaniche.

 

Mercoledì 22 giugno 2011
SERBIA-ITALIA 13-12 dtr (2-4, 3-2, 2-1, 3-3; 3-2)
Piscina Paolo Costoli, Firenze

 

SERBIA: Soro, Ćuk, Gocić, Vanja Udovičić 4, Vapenski, Duško Pijetlović 1, Nikić, Aleksić, Rađen, Filipović 3, Prlainović 5, Mitrović, Gojko Pijetlović. All. Dejan Udovičić.

ITALIA: Tempesti, Luongo, Gitto, Figlioli 2, Pérez, Felugo 1, Giacoppo, Gallo, Presciutti 2, Fiorentini, Aicardi 2, Deserti, Giorgetti 3. All. Campagna.

ARBITRI: Stavropoulos (GRE) e Moliner (ESP).

NOTE: superiorità numeriche Serbia 2/11, Italia 3/7. Espulsi definitivamente Pérez a 1’52” tt, Gitto a 5’15” qt e Filipović a 2’56” qt per somma di falli. Espulso Dejan Udovičić per proteste a 3’31” tt. Sequenza rigori: Presciutti traversa, Prlainović palo, Felugo gol, Udovičić gol, Figlioli parato, Aleksić alto, Gallo gol, Gocić gol, Deserti parato, Duško Pijetlović gol.

Damiano Benzoni
Simone Pierotti

NUMERO 4 – MAGGIO 2011


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L’Editoriale

Occhi a mandorla

È così che noi occidentali siamo avvezzi ad identificare quanti provengono dall’Estremo Oriente: occhi a mandorla. Per noi è il tratto dominante della loro fisionomia. Talmente dominante che non sapremmo distinguere un coreano da un giapponese. Da bambini, poi, ci divertivamo a portare i polpastrelli delle dita sulla coda dell’occhio e a spingerla verso le tempie, simulando a mo’ di scherno l’occhio a mandorla. E ci chiedevamo: ma come faranno ad osservare il mondo, da quelle fessure così strette? Invece non ci siamo resi conto che i ciechi siamo noi. Noi che sottovalutiamo le potenzialità dei dragoni asiatici, che facciamo finta di non capire che un domani, probabilmente, dovremo fare i conti (anche) con loro.

E l’Estremo Oriente è uno dei principali protagonisti di questo numero, anche alla luce dei recenti avvenimenti. Si parla di calcio e di Giappone, ad esempio, non fosse altro che per il fatto che il massimo campionato è stato fermo per più di un mese a causa del terremoto dell’11 marzo. Ma ne parliamo a modo nostro, senza ricorrere a toni tragici o retorici, raccontando semmai la storia e l’evoluzione del calcio in un paese, come quello del Sol Levante, che solo negli ultimi venti anni si è lasciato davvero contagiare dalla magia del pallone. In aggiunta, trovate la presentazione della nuova stagione agonistica. Si parla, poi, anche del campionato della Corea del Sud e del difficilissimo processo di riunificazione con il Nord: Pianeta Sport propone, con un’appendice statistica, il resoconto dei confronti diretti tra le nazionali dei due paesi, molti dei quali giocati proprio con l’intento di favorire la distensione tra P’yŏngyang e Seul e di arrivare alla cancellazione della linea di demarcazione in prossimità del 38° parallelo. Il nostro viaggio ideale prosegue verso Occidente e, in particolare, verso l’Asia Centrale. Ci fermiamo in Afghanistan, dove è ancora in corso una guerra senza via d’uscita. Ma anche dove gli Stati Uniti, a fatica, stanno provando a costruire qualcosa affidandosi al più improbabile degli sport che vengono in mente pensando all’Afghanistan: la pallanuoto.

L’altro capo del nostro viaggio ideale è la zona compresa tra il nord Africa e il medio Oriente, sconvolto negli ultimi mesi dalla cosiddetta Primavera Araba che ha visto migliaia di cittadini di regimi ultradecennali e fortemente autoritari scendere in piazza e chiedere un cambiamento, mlgliori condizioni di vita e aperture democratiche. Gran parte delle persone scese in piazza da Tunisi a Tripoli, da Algeri al Cairo, dallo Yemen a Teheran erano tifosi di calcio, e il pallone rotondo si è rivelato, oltre a un grande catalizzatore di passioni e tensioni, un protagonista di cui è necessario tenere conto nello scenario dei sollevamenti popolari del mondo arabo. Come già era successo in Ungheria, in ex Jugoslavia, in Iran, lo sport ha dato modo a sentimenti collettivi repressi di prendere forma, e rimane un importante termometro per comprendere e interpretare determinate situazioni. “La Rivoluzione non sarà trasmessa in TV”, recita un famoso slogan mutuato da una poesia di Gil Scott-Heron. Se dovesse esserlo, noi continuiamo ad immaginarcela sotto forma di diretta dallo stadio.

NUMERO 3 – FEBBRAIO 2011


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L’Editoriale

Anno nuovo…

… vita nuova. Non per Pianeta Sport, però. Anche per il primo numero del 2011, infatti, continuiamo a dividerci tra attualità, dossier speciali e qualche tuffo nel passato. Un nu-mero dove il calcio gioca un ruolo da protagonista, indubbiamente. Eppure la copertina è tutta per il cricket, nel segno della nostra politica volta a valorizzare e parlare degli sport più bistrattati: le prime pagine della rivista sono dedicate alla salvezza ottenuta dagli azzurri nella World Cricket League. Ad un rapido sguardo sembrerebbe una notizia priva di appeal. E invece il mantenimento della categoria è da considerarsi un grandis-simo traguardo per tutto il movimento italiano del cricket e per una nazionale fatta di immigrati e figli di emigranti.

Febbraio è il mese in cui si svolgeranno due importanti appuntamenti. Entrambi per giovani promesse dello sport, entrambi a Viareggio. Il primo in ordine di tempo sarà la Coppa Carnevale di nuoto, giunta alla sua 34a edizione: i principali campioni italiani de-gli ultimi venti anni sono passati da qua, ma avrete modo di scoprire come anche la le-gione straniera sia ricca di nomi di grido. Ben più vecchio e seguito è invece il Torneo di Viareggio, da tre anni a questa parte ribattezzato Viareggio Cup: nonostante la crisi economica saranno ancora presenti quarantotto squadre. Su entrambe le manifesta-zioni è stata, comunque, fatta una scelta precisa: il fatto che si disputino proprio a feb-braio è stato in realtà un pretesto per raccontare la loro genesi, il loro sviluppo. E, so-prattutto, la loro straordinaria capacità di raccontare storie personali e di lanciare se-gnali di distensione, specie negli anni della Guerra Fredda.

Già, la Guerra Fredda: vi siete mai chiesti che fine abbia fatto lo sport dell’Unione So-vietica? In questo numero dedichiamo un’ampia panoramica ai campionati di calcio di numerosi stati che facevano parte della galassia socialista: dalla Prem’er Liga russa alle meno note leghe di Armenia, Bielorussia e Kazakistan, passando per le curiosità dei campionati dell’Asia Minore, in cui il calcio si mescola a una situazione politica fatta di instabilità, rivolte popolari e del capitalismo rudimentale dei nuovi oligarchi dell’Est. Si parlerà estensivamente anche dell’esperienza olimpica dell’Unione Sovietica, della squadra unificata che disputò i Giochi di Barcelona nel 1992 e del destino a cinque cer-chi delle repubbliche un tempo riunite sotto la falce ed il martello.

E sempre rimanendo nell’orbita del blocco orientale, abbiamo dedicato allo Zenit San Pietroburgo una retrospettiva storica. Una ricostruzione del calcio nella vecchia Lenin-grado quando le repubbliche socialiste erano ancora unite sotto una sola bandiera, quando l’esplosione di Aršavin e Pavljučenko ed i trionfi europei erano un’ipotesi più fu-turistica che futuribile. Quel che resta intatto, naturalmente, è il rapporto tra calcio e società, tra calcio e potere: un binomio decisamente di attualità da quando il pallone i-nizia ad attirare un numero crescente di tycoon. L’auspicio, allora, è che da oggi guar-diate con occhio diverso questi campionati. Non fermandovi solamente alle abbondanti nevicate e alle temperature polari che accompagnano ogni incontro a quelle latitudini.

GLI AUTORI

In rigoroso ordine alfabetico:

ANDREA BACCI: Nato a Chiusi nel 1970, è laureato in Scienze Politiche con una tesi sul giornalismo sportivo e sullo sport durante il fascismo e si guadagna da vivere istruendo passaporti e porti d’arma in un Commissariato P.S., cosa che dovrà fare per almeno per altri 25 anni se tutto va bene. Nel tempo libero, oltre che dedicarsi a una moglie e a tre bambini gemelli, scrive libri di sport: tredici delle sue quattordici pubblicazioni hanno carattere sportivo, nel 2007 con uno dei suoi libri, “L’ultimo volo dell’Angelo biondo” (Limina) sulla vita dello sfortunato pugile Angelo Jacopucci, ha vinto il Selezione Bancarella Sport. Il suo ultimo libro è “Quell’ultima notte a Las Vegas” sulla carriera dei grandissimi Marvelous Marvin Hagler e Sugar Ray Leonard e del loro famoso incontro del 1987, titolo che inaugura la collana “jab sinistro, gancio destro” dell’editore Bradipolibri dedicata alle storie della boxe e curata da Bacci medesimo. Preferirebbe, e di molto, vedere una riunione di boxe piuttosto che uscire con Belen Rodriguez.

DAMIANO BENZONI: Nato a Cantù nel 1985, laureato in Scienze e Tecnologie della Comunicazione Musicale e attualmente studente di Scienze Politiche e giornalista freelance, ha collaborato con diverse testate occupandosi di sport e politica (per la versione online di Limes e per il webmagazine Les Enfants Terribles) o di rugby locale (per Varese Web), svolgendo anche per un periodo l’attività di addetto stampa per l’Amatori Tradate Rugby Club, società in cui gioca nel ruolo di seconda linea. Ha partecipato alla redazione di diversi siti di informazione e storia sportiva come Pallaovale Rugby Site, Rugby Union, Storie di Sport e Sport Vintage. Attualmente collabora con la rivista mensile Rugby! e con la redazione locale di Lecco e Como de Il Giorno, occupandosi di calcio, rugby e pallanuoto, oltre a svolgere attività varie di ricerca sportiva.

MASSIMO BRIGNOLO: Nato a Torino il 15 maggio 1961, laureato in Economia Aziendale e responsabile finanziario di una divisione di una grande multinazionale americana. Pur amando e seguendo il calcio sin dalla più tenera età, conduce una personale battaglia contro la discriminazione operata da stampa e televisione nei confronti delle altre discipline sportive; dal febbraio 2007, cura, per il network italiano di blog professionali Blogosfere, il blog Olimpiadi attraverso il quale segue tutti gli sport del programma olimpico preparandosi all’appuntamento di Londra 2012 dopo aver vissuto i Giochi di Pechino con più di 200 ore di diretta web.

GIUSEPPE OTTOMANO: Nato a Bari il 29 ottobre 1965, e residente a San Donato Milanese, da un quarto di secolo lavora felicemente come contabile, e nel 2009 ha contribuito alla creazione del sito SportVintage, al quale collabora tuttora altrettanto felicemente. Grandissimo appassionato di sport tra l’infanzia e l’adolescenza, si considera una memoria storica degli avvenimenti sportivi intercorsi tra gli anni settanta e ottanta, senza disdegnare affatto escursioni in periodi differenti.

FRANCESCO FEDERICO PAGANI: nato a Tradate nel 1985,  laureando in Scienze della Comunicazione presso l’Insubria di Varese, fonde le sue due più grandi passioni – calcio e scrittura – in un blog che lo porta a farsi conoscere ed apprezzare da più parti. Collabora quindi con diversi siti (come Goal.com, Uccellinodidelpiero e la fan page Facebook di Volvo Italia, per cui segue l’Italia al Mondiale) e partecipa sin da subito con entusiasmo al progetto Pianeta Sport, sul cui sito diverrà redattore della rubrica di tattica calcistica “Quattroduequattro”.

MARCO REGAZZONI: Nato a Varese nel 1989, laureando in Scienze Politiche, è un grande appassionato di storia, politica e sport, in particolare di ciclismo, discipline invernali e calcio (l’unico sport praticato semi-seriamente da ragazzo, come portiere della squadra del quartiere). E’ riuscito a far convergere questa passioni nella collaborazione con Storie di Sport e SportVintage: per un breve periodo ha anche scritto sul giornale on line Varese7Press. Sul sito di Pianeta Sport cura la rubrica “Ritratti” e scrive articoli sul ciclismo e sullo sci alpino.

NICOLA SBETTI: Nato a Zevio (Vr) il 28 febbraio 1986 ma cresciuto a Venezia. Studente, si è laureato alla triennale di relazioni internazionali dell’università di Bologna con una tesi titolata «Le Olimpiadi e le relazioni internazionali». Laureando alla magistrale di relazioni internazionali sempre Bologna con una tesi comparata tra Inghilterra e Francia sul ruolo simbolico dello sport nell’identità nazionale e nella politica estera. Responsabile dello spazio “sport e politica” del centro studi Coni di Bologna. Membro della Società Italiana Storici dello Sport dal 2010. Partecipa al progetto di ricerca del dipartimento di Politica, Istituzioni e storia: “Se lo sport fa l’Europa”. Collabora con la rivista trimestrale di critica e storia dello sport «Lancillotto e Nausica» e con il settimanale online di politica internazionale The Post Internazionale . Grande appassionato di tutti gli sport ultimamente segue con particolare attenzione l’hockey su ghiaccio e il cricket.

CHRISTIAN TUGNOLI: Nato a Bazzano nel 1985,  è ideatore e co-fondatore della rivista. Collabora ad una miriade di progetti, specialmente di ricerca sportiva, che non riesce a seguire come vorrebbe. Recupera l’iper-attività mentale con una incredibile pigrizia fisica, nonostante abbia praticato calcio, pallacanestro, tennis, nuoto, baseball e lacrosse. Gradisce gli sport di squadra (prediligendo quelli in cui l’equipaggiamento ed il regolamento sono solamente scuse per darsele di santa ragione), la storia sportiva e non, i romanzi distopici, la musica ed il pensiero originale e sincero. Sulla rivista cura la rubrica di pedanterie sportive “Lo Spogliatoio” e cerca di dare una mano sul sito dove può.

NUMERO 2 – NOVEMBRE 2010


L’Editoriale

Non di solo calcio…

Finita la Coppa del Mondo non abbiamo avuto nemmeno un minuto per respirare: subito l’attenzione si è spostata sull’inizio dei campionati nazionali più importanti, sulle prime gare di qualificazione a Euro 2012, sugli esordi di Prandelli sulla panchina azzurra e sugli incidenti causati a Genova dagli ultrà nazionalisti serbi. Un evento che ha sottolineato ancora una volta l’inadeguatezza dei media italiani nel dare chiavi di lettura a avvenimenti del genere, vedasi il saluto cetnico scambiato per un banale gesto di “tre a zero a tavolino”. Il giornalista dell’Avvenire Andrea Varacalli, esperto di Troubles nordirlandesi e accreditato a Belfast per assistere alla gara tra Irlanda del Nord e Italia, ha testimoniato il quasi completo disinteresse da parte degli azzurri verso la realtà che li ospitava, con la sola eccezione di Chiellini, rimasto colpito dal cartello Red card for sectarianism nel tunnel che portava sul prato del Windsor Park. Lo stesso quotidiano ha dedicato un articolo alla mortalità scolastica dei giovani calciatori italiani, che si perdono per strada alla ricerca di un’affermazione che può non arrivare.

Sport e ignoranza, insomma, è un binomio che in Italia va forte, mentre all’estero ormai si è abituati quotidianamente a riflettere sulle storie che stanno “dietro” alla disciplina sportiva. Differente cultura e approccio letterario, volto a riflettere su quanto il gioco sia inserito nella vita reale di un paese o di una comunità, andando a influenzare e ad essere influenzato da temi quali identità e nazionalismo, migrazioni e cittadinanza, potere e totalitarismo, egemonia internazionale e propaganda. E ovviamente, volto a ricercare le storie umane, individuali o collettive, che stanno dietro al mero evento sportivo: una tendenza opposta a quella in cui lo sportivo professionista è una figura appiattita, fatta di veline, festini, capricci e superbia.

Da parte nostra, vorremmo smentire questo stereotipo andando a volgere il nostro sguardo sulle storie che stanno in ombra. Riflettendo sui grandi temi che lo sport porta con sé (proponendovi ad esempio un punto di vista sulla questione della nazionalità sportiva, come anche uno sulla crisi, finanziaria e d’immagine, della pallanuoto), sulle straordinarie storie di vita di alcuni sportivi, su come si trasforma lo sport sotto un regime (si parla di calcio e Germania Est), sul calcio di cui non si parla praticamente mai (abbiamo dedicato un lungo speciale ai campionati scandinavi e baltici) e infine sugli sport che in Italia definiamo minori, con la nostra solita attenzione per le vicende dei pionieri di alcune discipline, per ora recepite solamente come “stramberie”.

Abbiamo deciso quindi di dare largo spazio all’Aussie rules – disciplina appena importata nello Stivale e che sta vivendo un momento cruciale della sua crescita, visto che l’Italia ha ospitato per la prima volta una competizione internazionale e che si stanno aprendo prospettive importanti per la nazionale , al cricket – con un resoconto della stagione nazionale da poco terminata , alle competizioni europee di pallanuoto e alle regole basilari del lacrosse. Sperando che possa servire ad affrancare la concezione di sport dall’ignoranza di tanti stereotipi.