IERI & OGGI: LA MORTE DI ANTONIO ASCARI

Ottantacinque anni fa moriva sul circuito di Monthlery, Antonio Ascari, pioniere dei trionfi Alfa Romeo nei Gran Premi e padre di Alberto.

Antonio AscariL’epopea dei Gran Premi automobilistici esce dai confini francesi nel primo dopoguerra quando iniziano a corrersi gare anche in Italia (Gran Premio di Brescia del 1921) e con il passare degli anni negli Stati Uniti (la 500 miglia di Indianapolis e in Belgio). Nel 1924 nasce l’Associazione Internazionale degli Automobile Club, primo embrione della Federazione Nazionale dell’Automobilismo, che attraverso la sua Commissione Sportiva regolamenta i Gran Premi e nel 1925 lancia il primo Campionato Mondiale per Costruttori.

Negli stessi anni si affaccia nel mondo dei Gran Premi, l’Alfa Romeo che fino al 1922 si dedica a gare a formula libera come la Targa Florio: il salto di qualità avviene ad opera dell’ingegnere Vittorio Jano che lascia nel 1923 la Fiat per entrare in Alfa Romeo e sviluppare una nuova macchina, la P2, e di una pattuglia di piloti come Giuseppe Campari, Enzo Ferrari e Antonio Ascari.

Reduce da una carriera nelle gare di formula libera non sempre fortunata, Antonio Ascari, nato il 15 settembre 1888 nel Mantovano, si presenta con Campari e Sivocci al debutto nei Gran Premi internazionali dell’Alfa Romeo al Gran Premio d’Italia a Monza ma durante le prove, in quella che ora è la variante Ascari (dedicata ad Alberto il figlio di Antonio), Sivocci perde il controllo della vettura e perde la vita. La scuderia si ritira dalla gara.

Bisogna aspettare l’anno successivo per vedere l’Alfa Romeo ai nastri di partenza di un Gran Premio; la P2 viene testata in gare non ufficiali come il Circuito di Cremona dove Antonio Ascari ottiene il giro più veloce e la vittoria finale. L’esordio mondiale avviene, quindi, il 3 agosto 1924 a Lione nel Gran Premio di Francia. Antonio Ascari sembra lanciato verso una vittoria trionfale quando a 4 giri dal termine la sua Alfa inizia ad accusare problemi meccanici che lo costringono a fermarsi ad un giro dal traguardo; la vittoria va a Campari sempre su Alfa mente un’altra P2 del Biscione, quella di Wagner chiude al quarto posto. La consacrazione di Ascari arriva al Gran Premio d’Italia  dove in cinque ore di gara, il mantovano domina conquistando la vittoria con un arrivo in parata delle Alfa Romeo che occupano i tre gradini del podio con Wagner e Campari davanti alle Mercedes.

Il 1925 inizia ancora sotto la stella di Ascari e della P2 che al Gran Premio del Belgio fornisce un dimostrazione di superiorità schiacciante con Ascari e Campari nelle prime due posizioni che fa pensare che il proseguio della stagione si trasformi in un braccio di ferro tra i due alfisti. Il Gran Premio successivo si corre il 26 luglio nel nuovo circuito di Monthléry nei dintorni di Parigi e la corsa si svolge come le previsioni: le P2 vanno in testa e non trovano reale opposizione dalle avversarie e ancora una volta è Ascari il più veloce fino al ventiduesimo giro.

“Alla curva a grande raggio e in leggerissima ascesa, posta alla fine del 9° chilometro, Ascari toccò il mozzo della ruota anteriore nella inutile ed insidiosa palizzata dal colore troppo simile a quello del terreno tutto intorno. Tentò subito, l’abilissimo pilota, di raddrizzare la vettura che – per la nuova direzione – leggermente toccò con la ruota posteriore. Onde, altro lieve colpo di sterzo. E intanto, nel corso dei due secondi – tanti ne occorrono per percorrere 100 metri alla velocità presunta di 180 km/h – la staccionata divelta si era venuta ammassando davanti all’assale della macchina sicché questa…piroettava, usciva di strada, sbatteva in aria il pilota, che ricadeva – inerte – sulla pista”

(Lando Ferretti, Auto Italiana, 31 luglio 1925).

Ascari rimane a lungo disteso sul bordo della pista e nessuno è autorizzato ad avvicinarsi fino a quando, una mezz’ora dopo, arriva il medico del circuito. Adagiato sull’autoambulanza spira all’età di trentasei anni lasciando due figli tra i quali, Alberto, che vinse nel 1952 e nel 1953 il Campionato del Mondo per poi perire tragicamente in un incidente durante dei test sul circuito di Monza all’età di trentasei anni.

Massimo Brignolo