LA GRECIA NELL’OLIMPO DELLA PALLANUOTO

Storica prima volta delle elleniche ai Mondiali di nuoto: 9-8 sulla Cina. Niente bronzo per il Setterosa.

Non dimenticheranno facilmente l’anno solare in corso Alkisti, Ilektra, Stavroula e Triantafyllia. Che poi sarebbero, nell’ordine, Avramidou, Psouni, Antonakou e Manolioudaki, professione pallanotiste. Per loro la vittoria del campionato nazionale e, soprattutto, un posto nella storia dello sport ellenico: mai la Grecia aveva vinto la medaglia d’oro ai Mondiali di nuoto prima d’oggi. Un anno reso ancor più indimenticabile dalle difficoltà economiche che hanno segnato la stagione dell’Olympiakos, la loro squadra: mesi e mesi senza percepire lo stipendio, serate appositamente organizzate per reperire fondi. Drammi personali che, come per magia, finivano sott’acqua quando le giocatrici si trovavano in piscina, a preparare le partite e poi a vincerlo.

Sembra quasi uno scherzo del destino che nella finalissima del torneo femminile siano arrivate Cina e Grecia, non certo le favorite d’obbligo alla medaglia d’oro. Che strano, le elleniche vicecampioni d’Europa e le asiatiche padrone di casa, la Grecia messa in ginocchio da una recessione senza precedenti opposta alla Cina, potenza economica che con il gruppo Cosco ha rilevato il terminal container del porto ateniese del Pireo, il più importante del Mediterraneo orientale. La vera sorpresa non è la vittoria finale (9-8) della squadra di Morfesis, cresciuta mostruosamente in pochi anni, bensì la Cina: dopo l’ultimo posto, non più tardi di sei anni fa, ai Mondiali di Montréal la squadra è stata affidata ad un santone come Juan Jané. E, contro ogni pronostico, il tecnico spagnolo ha condotto le sue giocatrici all’atto finale, portando il grande pubblico sugli spalti del “fiore di magnolia”. Non sono però bastati il sostegno dei tifosi, le doppiette di Liu e Yi Wang, la pressione dei sessanta secondi finali per limitare le greche: immarcabile la Asimaki sui due metri (per lei si parla di un futuro al nuovo Rapallo), letale la Roubessi dal perimetro, oramai matura per i prosceni più importanti il portiere Kouvdou. Le elleniche non si sono lasciate impressionare dal calore dei cinesi né si sono disunite dopo le espulsioni definitive di Gerolymou per gioco violento e di Psouni e Tsoukala per raggiunto limite di falli. Non è mancata un po’ di apprensione nel finale, quando la Cina è riuscita a riportarsi appena sotto di un gol e, a trenta secondi dal termine, ha avuto tra le mani la palla del pareggio. Ma, alla fine, sono loro ad alzare la mani al cielo e a lasciarsi andare al canonico tuffo collettivo.

Da brividi, infine, la sfida per il terzo posto che vedeva opposte Russia e Italia: vincono in maniera risicata (8-7) le campionesse europee in carica, e al Setterosa non manca qualche piccolo rimpianto visto l’andamento della sfida. Davanti ad un avversario assai più scafato, che conduceva per 6-1 a terzo parziale già iniziato, le azzurre hanno reagito strepitosamente, segnando addirittura sei reti in nemmeno sette minuti, portandosi a “meno uno”. Peccato che le reti rimangano inviolate nell’ultimo quarto: è la Russia la squadra che sale sul podio. La medaglia di legno in quel di Shanghai fa il pari con quella di dieci mesi fa a Zagabria, agli Europei, eppure c’è di che sperare: l’Italia è comunque tornata tra le prime quattro al mondo, con una squadra giovane e promettente che ancora deve farsi le ossa (sei, lo ricordiamo, erano le esordienti convocate dal ct Fabio Conti), specialmente ad alti livelli. Pazienza, non intesa come espressione di rassegnazione ma nel senso di attesa: diamo tempo alle azzurrine. E non esageriamo troppo nei confronti, scomodi, con il Setterosa di Formiconi: quella squadra scrisse la storia della pallanuoto femminile italiana, la nazionale attuale può arrivare a farlo ed aprire, così, un nuovo ciclo.