PALLANUOTO: ITALIA KO, CROAZIA IN SEMIFINALE

Il Settebello incappa nella prima sconfitta (8-5) agli Europei di Zagabria: va ai quarti, dove affronterà la Germania.

Peccato. Proprio sul più bello, proprio al crocevia tra quarti e semifinali, il Settebello conosce per la prima volta l’amaro sapore della sconfitta agli Europei di Zagabria. Sconfitta che arriva al cospetto della Croazia padrona di casa, supportata da un esercito di 5mila tifosi, che ci aggancia al primo posto in classifica ma, in virtù della vittoria nello scontro diretto, si qualifica direttamente in semifinale al posto degli azzurri. Che, invece, la semifinale dovranno guadagnarsela superando lo scoglio della Germania. Ma la battuta d’arresto subita per mano dei croati non può e non deve inficiare quanto di buono fatto dal Settebello che anche questa sera ha dimostrato di potersela giocare ad armi pari con chiunque.

Il pubblico del Mladost Sports Center carica i suoi beniamini e fischia gli azzurri quando sono in possesso palla. Ma, almeno nelle battute iniziali, il Settebello pare non sentirci da quell’orecchio. Perché Felugo sblocca il risultato dopo due minuti con una deliziosa palombella che Pavić non può proprio fermare. L’Italia, tuttavia, festeggia per pochissimo tempo: in superiorità numerica i croati pareggiano con la stella Bošković – con il mancino Joković che attira su di sé la difesa per poi cedere palla al compagno – e poi passano in vantaggio con una prodezza del ventenne Sandro Sukno,  in gol proprio sotto gli occhi di papà Goran. E, a poco più di due minuti dal termine, il destro di Muslim ci castiga ancora, portando la Croazia al massimo vantaggio. L’Italia spreca nella stessa azione, in superiorità numerica, due occasioni con Figlioli e Luongo: il giovane ex Sori, comunque, si fa perdonare in men che non si dica con un gran diagonale. Il Settebello, insomma, c’è. Va ancor meglio nel secondo parziale: è vero che gli azzurri fanno una fatica immane a schierarsi in attacco e a rendersi pericolosi, ma la difesa esegue alla perfezione il proprio compito, sbarrando i varchi ai cecchini croati. Per i rispettivi centroboa è una notte da vacche magre: Dobud e Hinić si vedono puntualmente soffiare sotto il naso i palloni che i compagni recapitano a loro, Aicardi e Deserti soccombono davanti alla fisicità di Burić e Buslje e al lassismo dei due arbitri. Menomale che Gallo guadagna fallo dai cinque metri e scarica sotto la traversa, cogliendo di sorpresa un disattento Pavić. Sull’altra sponda, però, pare essersi risvegliato il talento di Sandro Sukno che va ancora a segno in superiorità numerica: il genietto dello Jug Dubrovnik è un giocatore troppo pericoloso per essere lasciato così solo e in condizione di fare tutte quelle finte. Ma l’Italia riesce ancora a pareggiare: la controfuga sprecata da Burić, con miracolo prodigioso di Tempesti, si trasforma in un rovesciamento di fronte che Presciutti non spreca siglando il 4-4.

Quanto di buono fatto vedere dal Settebello finora, però, svanisce come per sortilegio nella terza frazione: Joković finta la conclusione e serve Dobud che, sul dorso, infila in rete con un tocco leggero ma efficace, favorito da una disattenzione della difesa italiana. Felugo dalla lunga distanza – gran gol il suo – tiene a galla il Settebello. Che successivamente inizia ad affondare: Joković infila Tempesti proprio nell’angolo che il custode recchelino non riesce a coprire e poi Sukno conferma di essere in serata di grazia siglando il suo terzo gol in altrettante situazioni di superiorità numerica. Mancano tre minuti alla fine del parziale: mentre la Croazia in attacco ci punisce appena ne ha l’opportunità, in difesa fa valere centimetri e kilogrammi in più tenendoci a debita distanza dalla porta di Pavić, che si fa sempre più piccola. La coppia arbitrale ci rimette in carreggiata: l’israeliano Levin dice che Buljubasić deve accomodarsi nel pozzetto, il collega turco Tulga indica invece l’8 di Buslje. Morale della favola: i giocatori croati non capiscono chi debba scontare i venti secondi di penalità e Tulga assegna un rigore all’Italia. Dai cinque metri Figlioli conferma che la sua mano destra non è in vena di prodezze e spara addosso a Pavić che poi salva su un autentico rigore in movimento di Aicardi, con la Croazia costretta a difendere con ben due uomini in meno. Tempesti fa altrettanto su Dobud, ma poi si arrende al micidiale tiro a schizzo scagliato da Muslim nell’ultimo minuto. Nel quarto parziale non succede nulla: l’Italia si conferma ermetica in difesa, specialmente a uomini pari, e per contro assolutamente innocua in attacco (1/7 il dato finale delle superiorità numeriche). Per la prima volta dopo quattro vittorie – e che vittorie! – ci può anche stare. C’è tutto il tempo di preparare il delicato quarto di finale contro la Germania, squadra solida ma decisamente meno pericolosa della Serbia, l’altra nazionale del girone B costretta a passare dai quarti. Per dirla con le belle parole di Joe Biden, vicepresidente USA, “non importa quante volte cadi, quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi”.

Domenica 5 settembre 2010

ITALIA-CROAZIA 5-8 (2-3, 2-1, 1-4, 0-0)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo 1, Felugo 2, Gitto, Figlioli, Presciutti 1, Aicardi; Pastorino, Luongo 1, Bertoli, Giacoppo, Fiorentini, Deserti. All. Campagna.

CROAZIA: Pavić, Joković 1, Bošković 1, Burić, Barač, Sukno 3, Dobud 1; Muslim 2, Karač, Buslje, Hinić, Obradović, Buljubasić. All. Rudić.

ARBITRI: Tulga (Turchia) e Levin (Israele).

NOTE: superiorità numeriche Italia 1/7, Croazia 4/8. Uscito per limite di falli Buslje (C) a 5’24” del terzo tempo. Pavić (C) para un rigore a Figlioli a 5’24” del terzo tempo. Spettatori 5mila.

Simone Pierotti

NIBALI BRILLA NELLA PRIMA PARTE DELLA VUELTA

Italia in evidenza alla Vuelta, il giro di Spagna, grazie ai successi di Vincenzo Nibali.

Le nove tappe fin qui disputate della sessantacinquesima Vuelta a España non hanno certo consegnato la corsa nelle mani di un padrone assoluto, ma hanno quantomeno detto chi, a Madrid, non vestirà la maglia rossa di leader della classifica. Non sarà Andy Schleck, uscito di classifica sin dalle prime montagne, ma che sarà una pedina fondamentale per il fratello Fränk, che invece è nel cuore dei giochi; e probabilmente non sarà nemmeno il russo Denis Menchov (Rabobank), perennemente in difficoltà nelle varie frazioni mosse di questo avvio di Vuelta, avendo accumulato oltre 3’ di ritardo dalla maglia oro Igor Antón (Euskaltel-Euskadi). Proprio il basco di Galdakao è a questo punto uno dei principali favoriti per la vittoria finale: questo scalatore, vincitore della tappa di Valdepeñas, sembra essere supportato da una grande condizione fisica, ma dovrà fare i conti con un gruppetto di rivali, più o meno sorprendenti, racchiusi in una manciata di secondi. Praticamente col suo stesso tempo c’è il trentunenne Joaquím Rodríguez (Team Katusha): il ragazzo di Parets del Valles è più esplosivo di Antón, ma tuttavia potrebbe pagare dazio sulla distanza delle tre settimane. In terza posizione, la prima nota lieta per i colori azzurri: il siciliano Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) non ha finora subito la pressione per dover correre con i gradi di capitano della squadra, e si è sempre fatto trovare pronto in tutte le frazioni di media-alta difficoltà, collezionando anche qualche importante abbuono; in una Vuelta per uomini duri, lo Squalo dello Stretto può davvero essere tra i protagonisti. Per la vittoria finale sono ben piazzati anche Tondo, Mosquera, Roche e il veneto Marzio Bruseghin, mentre Carlos Sastre paga già 2’11’’ dalla maglia rossa.

Di queste prime nove tappe, quattro si sono concluse in volata, una è stata una cronosquadre, due hanno premiato le fughe da lontano e tre hanno fatte registrare le prime battaglie tra i big: fra i protagonisti di questo primo spicchio di corsa, spicca senza dubbio il fiammingo Philippe Gilbert (Omega Pharma-Lotto), primo a Málaga e per cinque giorni in maglia rossa, e il francese David Moncoutié (Cofidis), autore di un grande numero che gli ha permesso di vincere a Xorret del Catí. Tra i velocisti non è emerso un vero padrone, con Cavendish, Farrar, Hushovd, Hutarovich e lo spezzino Alessandro Petacchi (poi ritiratosi) che si sono divisi gli arrivi adatti a questo genere di corridori. Tra gli italiani, da segnalare anche le prestazioni di Daniele Bennati (Liquigas-Doimo), più volte piazzato negli sprint, e di Giampaolo Caruso (Team Katusha), terzo ad Alcoy.

Domani la Vuelta osserva il primo giorno di riposo: ripartirà martedì con la decima frazione, 175.7 km tra Tarragona e Vilanova i la Geltrú, caratterizzata da un’unica salita di prima categoria ad una trentina di chilometri dal traguardo, e dunque adattissima a colpi di mano nel finale.

Marco Regazzoni

IL MOTOMONDIALE PIANGE TOMIZAWA

Dramma al GP di San Marino: perde la vita in un incidente il giapponese Tomizawa nella classe Moto 2.

Nella giornata in cui mister “mezzo secondo a giro” Dani Pedrosa per la seconda volta di fila – quarta in dodici gare – si è messo a seminare tutti fin dal via, il motociclismo ha ben altro a cui pensare. A sette anni dal tragico incidente di Daijiro Kato, ex stella nascente e campione del mondo 250 nel 2002, un altro ragazzo giapponese ha perso la vita: Shoya Tomizawa, diciannove anni. È successo in Moto2, la ex 250. Aveva vinto la prima gara del motomondiale in Qatar. Aveva stampato sulla tuta il numero di Kato, il numero 74.

Tomizawa paga con la vita un cordolo preso male che l’ha spedito in pista appena prima che due suoi colleghi, De Angelis e Redding, arrivassero a tutta. Non c’era modo di evitarlo. Due moto che ti passano sopra non lasciano scampo. Il decesso è avvenuto all’ospedale di Riccione alle ore 14.20. Le immagini dell’incidente dicono tutto, le lacrime del dottor Costa a fine Gp anche.

Poco da dire sulla gara di MotoGp, monopolizzata da Pedrosa fin dal primo giro e condotta in porto senza patemi. Lorenzo ha mantenuto sempre il secondo posto, resistendo a un timido inseguimento di Stoner nelle prime fasi. Proprio il pilota australiano ha vissuto una netta involuzione nel corso della gara, subendo l’attacco sia di Valentino Rossi, ottimo terzo di fronte al pubblico di casa, sia di Andrea Dovizioso, anche lui autore di una buona prova chiudendo al quarto posto. Le migliori cose si sono viste proprio con i sorpassi di Rossi e Dovizioso su Stoner a 18 e 17 giri dalla fine, insieme con la rimonta di Spies che ha chiuso sesto.

In classifica qualche punto in meno di vantaggio per Lorenzo su Pedrosa, ma il succo non cambia. L’ordine delle notizie da dare oggi, purtroppo, neppure.

CLASSIFICA GP APEROL DI SAN MARINO E RIVIERA DI RIMINI MOTOGP

Pos. Points Pilota Naz. Team Moto Time/Gap
1 25 Dani PEDROSA SPA Repsol Honda Team Honda 44’22.059
2 20 Jorge LORENZO SPA Fiat Yamaha Team Yamaha +1.900
3 16 Valentino ROSSI ITA Fiat Yamaha Team Yamaha +3.183
4 13 Andrea DOVIZIOSO ITA Repsol Honda Team Honda +6.454
5 11 Casey STONER AUS Ducati Team Ducati +18.479
6 10 Ben SPIES USA Monster Yamaha Tech 3 Yamaha +28.385
7 9 Colin EDWARDS USA Monster Yamaha Tech 3 Yamaha +34.934
8 8 Alvaro BAUTISTA SPA Rizla Suzuki MotoGP Suzuki +38.157
9 7 Hector BARBERA SPA Paginas Amarillas Aspar Ducati +40.943
10 6 Marco MELANDRI ITA San Carlo Honda Gresini Honda +42.377
11 5 Aleix ESPARGARO SPA Pramac Racing Team Ducati +45.906
12 4 Hiroshi AOYAMA JPN Interwetten Honda MotoGP Honda +46.394
13 3 Randy DE PUNIET FRA LCR Honda MotoGP Honda +50.481
14 2 Marco SIMONCELLI ITA San Carlo Honda Gresini Honda +1’23.143
Mika KALLIO FIN Pramac Racing Team Ducati 11 Laps
Nicky HAYDEN USA Ducati Team Ducati 25 Laps
Loris CAPIROSSI ITA Rizla Suzuki MotoGP Suzuki 0 Lap

CLASSIFICA MOTOMONDIALE (12 Gp su 18)

Pos. Rider Bike Nation Points
1 Jorge LORENZO Yamaha SPA 271
2 Dani PEDROSA Honda SPA 208
3 Andrea DOVIZIOSO Honda ITA 139
4 Valentino ROSSI Yamaha ITA 130
5 Casey STONER Ducati AUS 130
6 Ben SPIES Yamaha USA 120
7 Nicky HAYDEN Ducati USA 109
8 Randy DE PUNIET Honda FRA 81
9 Marco MELANDRI Honda ITA 67
10 Colin EDWARDS Yamaha USA 66
11 Marco SIMONCELLI Honda ITA 65
12 Hector BARBERA Ducati SPA 61
13 Aleix ESPARGARO Ducati SPA 44
14 Alvaro BAUTISTA Suzuki SPA 41
15 Loris CAPIROSSI Suzuki ITA 41
16 Mika KALLIO Ducati FIN 31
17 Hiroshi AOYAMA Honda JPN 26
18 Alex DE ANGELIS Honda RSM 11
19 Roger Lee HAYDEN Honda USA 5
20 Kousuke AKIYOSHI Honda JPN 4
21 Wataru YOSHIKAWA Yamaha JPN 1

Riccardo Patrian

MORTO ANTON GEESINK, PRIMO JUDOKA A SCONFIGGERE I GIAPPONESI

Anton GeesinkIl 27 agosto è morto in un ospedale di Utrecht, la stessa città dove era nato nel 1934, Anton Geesink, il gigantesco judoka olandese (2 metri per 115 chili), vincitore della medaglia d’oro nella categoria open (senza distinzioni di peso) alle olimpiadi di Tokyo nel 1964.

Fu proprio alle Olimpiadi di Tokyo che il judo venne sdoganato per la prima volta come disciplina olimpica, e secondo tutti i pronostici, i maestri giapponesi avrebbero dovuto conquistare tutte e quattro le medaglie in palio; ma Anton Geesink arrivò a rovinare la festa che i 15mila spettatori dell’arena del Nippon Budokan (quella che nel 1966 avrebbe ospitato la tournée dei Beatles) stavano già preparando. Infatti, dopo appena nove minuti di gara l’olandese riuscì sorprendentemente a stendere al tappeto per tutti i 30 secondi previsti dal regolamento il beniamino di casa Akio Kaminaga, facendo calare un silenzio glaciale tra il pubblico di casa.

Comunque, già alla finale dei campionati mondiali di Parigi del 1961, Geesink si era rivelato come il primo judoka capace di sconfiggere un campione giapponese. In questo caso la vittima predestinata era stata il detentore del titolo precedente, quello di Tokyo 1958: il trentatreenne Koji Sone.
Anton Geesink, per la precisione Antonius Johannes, si era affacciato al judo a 14 anni, e dopo appena due anni, nel 1950, aveva conquistato il titolo olandese, finché la passione per questo sport e una metodica volontà di perfezionamento lo avevano spinto fino in Giappone, dove avrebbe incontrato i migliori istruttori sulla piazza mondiale.

La trasferta nel paese del sol levante si era rivelata proficua, e nel 1952 era arrivato a conquistare il suo primo titolo europeo. Sarebbe stato solo il primo anello di una collana di trionfi di livello internazionale davvero formidabile: 21 titoli europei, due mondiali ed uno olimpico. Dotato di un appetito ancora più formidabile, tanto da fargli divorare a pranzo un pollo fritto e mezzo, innaffiato da una cassetta di birre in lattina, come avrebbe poi ricordato il suo collega statunitense e medaglia di bronzo a Tokyo ’64, Jim Bregman, in Olanda era considerato un eroe nazionale. Nella sua Utrecht gli erano stati dedicati una strada e un monumento, e la regina Beatrice gli aveva conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine di Orange-Nassau per meriti sportivi.

Dopo essersi ritirato dalle competizioni ufficiali nel 1967, si dedicò al wrestling professionistico, che praticò soprattutto in Giappone, per ritornare poi al judo negli anni ’80, prima come istruttore e poi come dirigente sportivo. E in quest’ultima veste, dal 1987 rivestì ininterrottamente la carica di membro del Comitato Olimpico Internazionale (CIO).

Giuseppe Ottomano

LA REGATA STORICA DI VENEZIA, TRA SPORT E FOLKLORE

A Venezia si svolge oggi la Regata Storica, evento che affonda le radici oltre un secolo fa.

Rappresentazione ludica, sport o semplice parata per turisti? È l’interrogativo che emerge periodicamente ogniqualvolta ci si trovi davanti alla Regata Storica, al Palio di Siena, a una rappresentazione di calcio fiorentino o di altri giochi folkloristici così diffusi nella nostra penisola.

A Venezia, città d’acqua per eccellenza, le regate sono  state una delle prime forme di sport apparse in città. Le regate si disputavano spesso in occasione di importanti ricorrenze, feste o per rendere omaggio a celebrità in visita. Tuttavia esse non si svolgevano nei canali cittadini ma in aperta laguna.

Nonostante la fine della Serenissima, le regate continuarono anche sotto il dominio francese e austriaco. Proprio sotto il dominio asburgico, a partire dal 1841, fu istituita, con fondi pubblici, una regata annuale lungo il Canal Grande come quella che si disputa oggigiorno. Dopo aver soffocato i moti insurrezionali del 1848 guidati da Daniele Manin, gli austriaci non ritennero però di dover proseguire con l’organizzazione dell’evento che riprese solo a partire dal 1866 con l’annessione di Venezia al Regno d’Italia. La Regata come la si vede oggi, col corteo a fungere da preludio alle competizioni, è stata concepita a fine dell’Ottocento, in occasione della terza Biennale d’Arte, per offrire un’ulteriore attrattiva turistica.

Benché la Regata Storica non sia l’unica regata della stagione sportiva di voga alla veneta, essa rappresenta il momento più alto nella carriera di ogni regatante. I primi quattro equipaggi classificati ricevono, oltre a premi in denaro, delle bandiere: rosse ai primi, bianche ai secondi, verdi ai terzi e blu ai quarti. Per un vogatore infatti vincere in Canal Grande equivale ad un oro olimpico. I pochissimi vogatori in grado di conquistare cinque vittorie consecutive possono fregiarsi del titolo di “re del remo”. Allo stesso tempo però, il corteo storico che anticipa le regate rimane un fondamentale specchietto per le allodole capace di attirare mass media e frotte di turisti.

Dopo il corteo però si inizia a far sul serio, partono prima i ragazzini seguiti dai giovanissimi sui pupparini, barche veloci un tempo usate per la vigilanza marittima. Le donne invece gareggiano in coppie su mascarete, un sandalo storicamente usato per la pesca. La penultima regata è quella delle caorline a sei remi che rappresentano i sestrieri (i quartieri della città). La caorlina è una barca tozza usata per la pesca ma soprattutto per il trasporto. Di recente è stata introdotta, sul modello delle sfide fra università anglosassoni, la sfida fra le due università cittadine (Iuav e Ca’ Foscari). La gara più attesa però resta sempre quella dei gondolini (le formula 1 della laguna) versione più leggera e veloce della celebre gondola.

Per prendere parte a questa competizione i migliori vogatori vengono scremati con una lunga e faticosa selezione di regate secondarie. I gondolini sono barche altamente instabili e l’esperienza gioca un ruolo fondamentale. Non è un caso che negli ultimi vent’anni la vittoria è stata una sfida a due. Dal 1992 al 1995 la vittoria andò alla coppia Franco Dei Rossi Strigheta / Giampaolo D’Este. Nel 1995 incominciò l’epopea dei fratelli Vignotto con 8 vittorie in 11 anni. Nel 1999 però è ancora Giampaolo “Super” D’Este, questa volta con Dei Rossi Strigheta, a vincere privando i due fratelli di Sant’Erasmo del prestigioso titolo di “Re del Remo” e facendo nascere nell’immaginario collettivo una grande rivalità. Altro che Coppi & Bartali! Se sei cresciuto in laguna il dualismo per eccellenza è D’Este Vs. Vignotto.

Dal 2002 D’Este ha trovato in Ivo Redolfi Tezzat un compagno d’avventura in grado di mettere fina al predominio dei Vignotto. Nel nuovo secolo, fra polemiche, tifoserie organizzate, risse, e clamorosi tonfi in acqua, le due coppie si sono divise i trionfi (4 per i Vignotto, 5 per D’Este/Tezzat) ma nessuno di questi quattro formidabili vogatori è mai riuscito a fregiarsi del titolo di re del remo.

IL PROGRAMMA

Ore 16.00: Corteo Storico – Sportivo

Ore 16.45: Regata de le maciarele (Categorie U12 e U14)

Ore 16.50: Regata dei giovanissimi su pupparini a due remi – favoriti: Alvise D’Este – Denis Zanella

Ore 17.10: Regata delle donne su mascarete a due remi – favorite: Luisella Schiavon – Giorgia Ragazzi

Ore 17.40: Regata delle caorline a sei remi – favoriti: l’arancio della Giudecca

Ore 18.00: Sfida Remiera delle Università

Ore 18.10: Regata dei gondolini a due remi – favoriti: Rudi e Igor Vignotto  vs Giampaolo D’Este e Ivo Tezzat

Nicola Sbetti